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Due grandi Apostoli del Vangelo, due colonne portanti della Chiesa: Pietro e Paolo. Oggi festeggiamo la loro memoria. Guardiamo da vicino questi due testimoni della fede: al centro della loro storia non c’è la loro bravura, ma al centro c’è l’incontro con Cristo che ha cambiato la loro vita. Hanno fatto l’esperienza di un amore che li ha guariti e liberati e, per questo, sono diventati apostoli e ministri di liberazione per gli altri.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Parola del Signore
Per capire l’azione e insieme la bellezza della narrazione del Vangelo, bisogna considerare il suo sfondo geografico. Cesarea di Filippo si estendeva ai piedi del monte Ermon. Una delle grotte era dedicata al dio Pan e alle ninfe. Sulla sommità di una rupe, Erode aveva fatto costruire un tempio in onore di Cesare Augusto, mentre Filippo, suo figlio, aveva ingrandito questa località dandole il nome di Cesarea. Venerare un idolo e un uomo dagli Ebrei era considerato un’opera satanica, e perciò la grotta era considerata l’ingresso del regno di Satana: l’inferno. Ci si aspettava che, un giorno o l’altro, gli abissi infernali scuotessero questa rupe e inghiottissero il tempio sacrilego. In questo luogo spaventoso, si svolse un dialogo fra Gesù, il Figlio del Dio vivente, e Simone, il figlio di Giona. Gesù parla di un’altra pietra sulla quale edificherà un altro tempio, la Chiesa di Dio. Nessuna potenza infernale potrà mai prevalere su di essa. Simone, in quanto responsabile e guardiano, ne riceve le chiavi, e così il potere di legare e di sciogliere, cioè l’autorità dell’insegnamento e il governo della Chiesa. Grazie a ciò, Simone ne è diventato la pietra visibile, che assicura alla Chiesa ordine, unità e forza. La Chiesa non potrà essere vinta né da Satana né dalla morte, poiché Cristo vive ed opera in essa. Ogni papa è il Pietro della propria epoca.
Oggi la Chiesa celebra le colonne su cui è stata fondata: i santi Pietro e Paolo. Festa antichissima che si celebrava già quando ancora non esisteva la solennità del Natale. Già nel terzo secolo si celebrava a Roma, il 29 giugno, la memoria dei Santi Pietro e Paolo.
Ricordiamo dunque Pietro il pescatore e Paolo il persecutore. O meglio: Simone il pescatore e Saulo il persecutore perché dopo che Gesù entrò nella loro vita (per non uscirne mai più), per loro due (come per milioni di altri dopo di loro), tutto cambiò, anche il nome. Simone divenne la pietra sulla quale poggerà la Chiesa. E Saulo, dopo che le scaglie gli caddero dagli occhi, divenne Paolo il vedente, prima accecato dalla troppa luce, ma poi annunciatore instancabile di ciò che aveva visto. O meglio: di COLUI che aveva visto e non solo visto, ma incontrato in modo così sconvolgente da essere sbalzato da cavallo e dalle sue sicurezze. E poi non smise più di viaggiare per monti e mari per annunciare Gesù Cristo fino a dare la sua vita per Lui.
Sbalzati da cavallo...
Ecco cosa fa Gesù Cristo quando entra nella nostra vita: prima ci sbalza dal cavallo delle nostre baldanzose sicurezze o sicumere, e poi, quando siamo a piedi, ci manda a percorrere il mondo intero per annunciare Lui, l'unica certezza che rende sicuro il passo e dà senso alla nostra vita e a quella dei nostri fratelli. Ecco la logica di DIO! Noi crediamo di conquistare il mondo a cavallo della nostra scienza, sapienza e chissà quali altri mirabolanti virtù, ben issati sul nostro piedistallo, ma Dio - ci dice san Paolo - "ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio"
La prima lettura di questa festa, ci presenta il bellissimo brano dove è raccontato il primo miracolo di Pietro che rispose allo storpio che gli chiedeva la carità : "Non possiedo né oro, né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo il nazareno, alzati e cammina!". E questi, dopo essere stato preso per mano da Pietro, balzò in piedi e saltando e ballando per la gioia, lodava e ringraziava Dio.
L'unica vera potenza e ricchezza...
Questo miracolo di Pietro ci deve fare riflettere molto; dice: non ho niente, cioè nulla di quello che passa e non serve per la vera vita (oro e argento), ma quello che ho te lo do: NEL NOME DI GESU' CRISTO alzati e cammina. Aveva dunque il massimo, aveva ciò che montagne di oro e argento non avrebbero mai potuto dare al povero storpio: aveva in sé la potenza divina che gli ridiede la salute. Potessimo dire altrettanto, noi che abbiamo tutto e il surplus di tutto, ma in realtà non abbiamo niente di quel che dà o ridona la vera vita. E il senso da dare a questa vita.
Come non pensare anche alle parole di San Paolo quando dice: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Ecco quale sarebbe la massima realizzazione della nostra vita, la più grandiosa e straordinaria: sentire che LUI vive in noi. Se la gente vede riattualizzarsi in Gesù figure significative della storia, la domanda rivolta ai discepoli: "Ma voi chi dite..." intende condurli dentro di sé perché vivano la novità della loro relazione con Lui e possano "dire" personalmente chi Lui è per loro. "Voi, chi dite che io sia?". Tutto è esperienza personale: chi "dite", "voi" , "essere io..." non una definizione astratta, ma "la mia persona per voi", "la nostra relazione".
"Darò a te le chiavi del regno dei cieli...". Non è più la Legge la chiave per entrare nel regno dei cieli: Pietro ormai lo sa. Egli ha tradito Gesù, ha pianto, si è lasciato guardare da Gesù, ha sperimentato chi è Gesù, il suo Amore senza limite. Adesso sa quale è la chiave del regno dei cieli: l'infinita misericordia del Padre accolta dal suo cuore umano assetato d'Amore. Pietro, fragile roccia dell'Amore del Padre, non può trattenere per sé la chiave del regno, deve andare nel mondo, convincere gli uomini a non chiudersi in se stessi, ad aprire il loro cuore per lasciare che l'Amore di Cristo sia la forza nuova che fa dell'umanità una comunione: il dono che Pietro ha sperimentato, non è un potere da esercitare sugli altri, ma una responsabilità verso un mondo povero. Se Pietro il "discepolo" non porta agli uomini l'Amore di Cristo, chi può aprire il loro cuore per gustare la bellezza della vita e la felicità ?
Ma occorre che Pietro, non dimentichi mai che tutto è Amore che passa, sempre, attraverso la Croce, la croce della sua umanità fragile e peccatrice, che non può mai farsi potere di nessun genere. Perché la Chiesa celebra come una solennità la memoria di due uomini? Certamente la tradizione riconosce in Pietro e Paolo le due colonne' dell'edificio spirituale che è l'assemblea dei discepoli convocati da Cristo. Ma che senso ha dare tanta importanza a due discepoli, quando possiamo ogni giorno metterci in comunione e in dialogo con il Maestro stesso? Tanto più che sia Pietro che Paolo di pasticci ne hanno combinati parecchi... Possiamo prenderli come modelli, come esempi, loro che hanno faticato tanto a credere nell'amore del Signore Gesù? Sono davvero figure da mettere ?agli onori degli altari' in una domenica di giugno?
Perché allora oggi noi celebriamo la solennità di Pietro, primo papa che rinnegò tre volte il Signore, e di Paolo, persecutore divenuto apostolo delle genti?
Prima di tutto, perché loro sono come noi. Pietro e Paolo sono prima di tutto uomini fragili, e come tali Gesù li ha chiamati a seguirlo, e come tali ha affidato loro la missione straordinaria che hanno condotto con perseveranza e generosità . Sono persone, con pregi e difetti, come noi. Discepoli di Cristo, appunto, piuttosto che maestri, sebbene tentati quanto noi di superbia e di vanagloria - inutile elencare i testi evangelici che ne confermano l'identikit di peccatori.
In secondo luogo, perché proprio in quanto fragili peccatori, entrambi sono segno credibile delle meraviglie che compie il Signore. Egli infatti sa trasformare in un prodigio di grazia quanto per l'umanità è perduto e senza speranza. Dio perdona. Oggi noi celebriamo la potenza trasformante dello Spirito, la forza redentrice del Figlio, la passione creatrice del Padre. Dio infatti chiama personalmente Simone, e lo plasma fino a farne di lui una Pietra. Dio incrocia il cammino di Saulo e lo scaraventa a terra affidandogli poi un pedagogo che lo conduca ai nuovi orizzonti del Vangelo, come uomo nuovo, Paolo. I due grandi apostoli sono grandi per l'azione dello Spirito, non per i loro meriti. Sono perdonati. Noi, Chiesa, celebriamo quanto è impossibile all'uomo, ma possibile a Dio: cioè la fiducia che Egli possa trasformare anche noi, ognuno di noi, da peccatori a perdonati, da pavidi a coraggiosi, da passivi ad appassionati evangelizzatori.
In Simon Pietro e in Saulo Paolo abbiamo la rivelazione dell'agire incarnato di Dio, che prende per sé un suo figlio e lo invia a essere custode e testimone del suo Amore fecondo.
Così agisce ancora oggi Dio nella Chiesa. Così si realizza anche nel papa e in ogni evangelizzatore il mistero della salvezza. Così diversi e così santi allo stesso modo sono i nostri pontefici, che si susseguono, poveri peccatori perdonati, a confermare nella fede la Chiesa santa e peccatrice.
AUGURI A NOI,
CHIESA AMATA E PERDONATA
29 Giugno 2025
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