mercoledì 27 luglio 2022

Santa Maria di Gesù Santocanale

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 La «santità della porta accanto»
Abbandonò le comodità e si fece povera tra i poveri. 
Da Cristo, specialmente nell’Eucaristia,
 attinse la forza per la sua maternità spirituale 
e la sua tenerezza con i più deboli".
( Papa Francesco)

Riflessione tenuta da
 S. E. Mons. Michele Pennisi, 
durante la Veglia di 
preghiera, alla vigilia della 
Canonizzazione di Maria 
di Gesù Santocanale.
Roma- Basilica di San Marco, 
14 maggio 2022

"Carissimi Fratelli e Sorelle
la canonizzazione di Maria di Gesù Santocanale ci offre l’occasione per meditare sulla vocazione universale alla santità, che deve riguardare ciascuno di noi.
Papa Francesco nella Esortazione Apostolica “Gaudete et Exultate” ci ha detto che i santi non sono solo «quelli già beatificati e canonizzati», ma il «popolo» di Dio, cioè ognuno di noi, che può vivere la santità come un itinerario fatto di «piccoli gesti» quotidiani: «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente – scrive il Papa -. Nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante». È questa la «santità della porta accanto».
La santità va cercata nella vita ordinaria e tra le persone a noi vicine, non in modelli ideali, astratti o sovrumani. Aveva ragione Madre Teresa quando a una giornalista che le chiese a bruciapelo cosa si provava ad essere acclamata santa da tutto il mondo, rispose: “La santità non è un lusso, è una necessità”. Tutti siamo chiamati alla santità perché essa è alla portata di tutti, fa parte della normalità della vita cristiana. I santi fanno la storia vera anche della nostra chiesa di Monreale e delle altre Chiese di Sicilia. Domani ai santi già canonizzati originari dalla nostra Arcidiocesi di Monreale: san Leoluca e San Bernardo da Corleone verrà aggiunta da Papa Francesco Maria di Gesù Santocanale fondatrice delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes, che è vissuta a Cinisi.
Abbiamo inoltre la beata Pina Suriano, i venerabili arcivescovi mons. Antonio Augusto Intreccialagli e Mercurio Maria Teresi e vari presbiteri fra i quali il venerabile mons. Giovanni Bacile. E poi varie fondatrici di istituti di vita consacrata le serve di Dio: Maria Teresa di Gesù Cortimiglia; Maria Rosa Zangara, Carmela Prestigiacomo, Margherita Diomira Crispi e Suor Maria Cira Destro.
Queste figure di santità rivelano il vero volto bello e l’autentica identità della nostra Chiesa.
Ogni figura di santità esprime tratti personali, diverse sensibilità pastorali ed ecclesiali, vari cammini spirituali, accomunate nel pellegrinaggio dell’unico popolo di Dio verso una stessa patria, nel riconoscimento di un solo Padre, nella appartenenza all’unico corpo di Cristo e nella docilità all’unico Spirito. La santità non è qualcosa di estraneo al desiderio profondo del nostro cuore ma è l'adempimento della perenne vocazione di ogni uomo alla felicità. La santità è la fonte della gioia.
Il vangelo che abbiamo ascoltato è sintetizzato in una parola: Beati, felici! Il Cristianesimo è religione di vita e di felicità, la santità è il coronamento d'ogni nostra aspirazione di bene.
La felicità rimane la nostra aspirazione più profonda e la nostra delusione più amara, non potendola completamente raggiungere la desidera ardentemente.
Per la nostra generazione stressata, disincantata e indifferente le beatitudini ci offrono una proposta di umanizzazione che dà senso alla nostra vita quotidiana e ci offrono prospettive di speranza verso un avvenire aperto all’eternità.
Come la terra, salvata dalla risurrezione di Cristo, è già principio del Regno di Dio, anche le promesse di Gesù nelle beatitudini trovano una prima realizzazione in questo mondo. Il loro messaggio si pone lungo il crinale del già e non ancora. Con le beatitudini Gesù ci fa comprendere che la felicità promessa da Dio comincia quaggiù ma avrà il suo compimento pieno nella celeste Gerusalemme.
Il modello di uomo e di umanità disegnato dalle beatitudini, corrisponde in primo luogo a Cristo stesso: Egli è il vero povero in spirito, afflitto, mite, misericordioso, puro di cuore, operatore di pace, insultato, perseguitato. Le beatitudini sono la vita stessa di Cristo, Lui le ha vissute.
Per questo, il nostro aderire ad esse ci pone alla sua sequela.
In ogni tempo, e quindi anche nel nostro, le beatitudini tracciano da un lato il vero e proprio autoritratto di Cristo, dall’altro comunicano a noi cristiani, come a ogni persona, una serie di condizioni in cui sperimentare la felicità, come “perfetta letizia”.
Le beatitudini continuano ad esercitare un fascino perché non stabiliscono nuovi comandamenti, ma propongono la bella notizia che Dio promette la felicità piena a chi manifesta amore per il prossimo.
Esse riaccendono la nostalgia di un mondo nuovo fatto di bontà, di misericordia, di mitezza senza violenza e senza menzogna, di povertà piena di fiducia in Dio.
Le beatitudini contengono un messaggio paradossale e rivoluzionario: le persone sconfitte secondo il mondo vengono considerate da Gesù come i veri vincitori, chiamati ad edificare il Regno di Dio, come regno di santità e di grazia, di libertà e di verità, di giustizia, di amore e di pace.
Nella Esortazione Apostolica Gaudete et exultate Papa Francesco afferma che le beatitudini sono un programma di santità . Esse sono: “Poche parole, semplici, ma pratiche a tutti, perché il cristianesimo è una religione pratica: non è per pensarla, è per praticarla, per farla”. La realizzazione delle beatitudini nella vita quotidiana è un dono dello Spirito Santo che ci pervade con la sua potenza e ci libera dalla fragilità, dall’egoismo, dalla pigrizia e dall’orgoglio. La santità come via alla vera felicità per il Papa è essere poveri nel cuore, reagire con umile mitezza, saper piangere con gli altri, cercare la giustizia con fame e sete, guardare ed agire con misericordia, mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, seminare pace intorno a noi, accettare ogni giorno la via del Vangelo non ostante ci procuri problemi. Che “felice” e “beato” siano sinonimi di “santo” ci è dimostrato dalla vita di tanti discepoli di Cristo che hanno preso il Vangelo alla lettera: da Paolo a Francesco d’Assisi , da Filippo Neri a Tommaso Moro, da madre Teresa di Calcutta a l beato Carlo Acutis.
I santi sono coloro che hanno vissuto lo spirito delle beatitudini evangeliche.
  • I santi sono beati perché poveri in spirito. Attingono la loro forza non da sé stessi, dalle proprie ricchezze e risorse di qualunque genere, ma unicamente dal Signore.
  • I santi sono beati perché afflitti. Sentono i problemi del Regno e li soffrono come propri, avvertono come sofferenza tutto quello che va contro il progetto di Dio.
  • I santi sono beati perché miti. Non ricorrono alla violenza, di nessun tipo, ma affidano fiduciosi la loro causa a Dio. Rispettano gli altri, non cercano di dominarli, di assoggettarli ai loro progetti e vantaggi.
  • I santi sono beati perché hanno fame e sete di giustizia. Sentono il bisogno di un di più di "giustizia" davanti a Dio cioè, di santità.
  • I santi sono beati perché misericordiosi. Si sanno salvati dall'amore gratuito del Padre, e si fanno strumento di questa misericordia prolungandola sugli altri.
  • I santi sono beati perché puri di cuore. Hanno bruciato tutti gli idoli, si danno senza riserve a Dio con un cuore puro.
  • I santi sono beati perché operatori di pace. Le loro azioni, parole, il loro modo di essere contribuisce a quella situazione di benedizione, di vita abbondante, positiva, di fraternità, di pace.
  • I santi sono beati perché perseguitati per la giustizia. Decisamente schierati per il Regno, trovano ostilità e opposizioni che non incontrerebbero se pensassero semplicemente ai propri affari. Questa persecuzione, però, è il segno che sono dalla parte di Cristo.
Chiediamo al Padre per intercessione della santa Maria di Gesù Santocanale che possiamo rispondere alla vocazione alla santità secondo il nostro stato di vita per sperimentare la felicità piena e duratura nella celeste Gerusalemme."

Grazie S.E. Monsignor 
Michele Pennisi

“lo sono figlia di San Francesco”
proclamata Santa il 15 maggio 2022

Nata a Palermo nel 1852, Carolina apparteneva a una famiglia nobiliare, figlia di Giuseppe Santocanale dei Baroni della Celsa Reale, avvocato, e di donna Caterina Andriolo Stagno. La sua fu una vita di devozione, nonostante la famiglia avesse pronto un matrimonio per lei, Carolina abbracciò la vita religiosa al servizio di poveri, orfani e infermi. Nel 1887 diventa terziaria francescana regolare, col nome di Maria di Gesù. Con alcune compagne istituisce a Cinisi, dove morirà nel 1923, un orfanotrofio, un asilo nido, una scuola di ricamo per ragazze fino a che nel 1909 tutta l’opera viene riconosciuta come Congregazione delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes.

E’ proprio a Cinisi, nella circostanza dolorosa della malattia e della morte del nonno, siamo nel 1872, che a vent’anni, l’età degli ideali e delle attese più grandi, che  Carolina,  intravede la Sua vocazione e sperimenta “il coraggio di capire che dare la propria vita è l’unico comando, è l’unico modo per riempire e fare bella la vita” .

Con la guida di don Mauro Venuti, eletto subito da Carolina come “padre” della sua anima, anche nel lungo periodo d’assenza forzata da Cinisi, la giovane comincerà a sperimentare sul campo, il mondo, il suo ideale di consacrazione e servizio, con tutti i mezzi che la Chiesa offriva generosamente, in modo particolare con l’Eucarestia quotidiana, che lei definisce “pane della vita” e “luce e fuoco” per illuminare e riscaldare i suoi giorni.

Fondatrice delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes, la storia vocazionale di Maria di Gesù Santocanale, è legata alla città di Cinisi, dove si è distinta per la sua opera di evangelizzazione e di promozione umana a favore degli ultimi. 

In occasione del primo miracolo del 2003 in cui l’operaio, dopo il volo dal lucernario, sostiene di non aver toccato terra come se qualcuno l’avesse preso fra le braccia e posato a terra, tutti sono convinti che la ‘Signora Madre’ aveva ottenuto non solo il salvataggio del giovane, ma anche che i lavori continuassero. 

Il secondo miracolo, che portò alla canonizzazione, è quello di una donna condannata all’infertilità a causa di alcune patologie. Recatasi col marito al santuario della Beata Maria di Gesù di Cinisi, nel 2016, la donna ricevette in dono una reliquia di Madre Maria. L’anno successivo tornò al santuario con il primo figlio; dopo sei mesi diede alla luce il secondo.

La canonizzazione di Suor Maria di Gesù Santocanale è una bella notizia per la città di Palermo. Suor Maria di Gesù ha speso la sua vita in difesa degli ultimi e ha testimoniato con la sua intera esistenza il valore della solidarietà e dell’accoglienzaI resti di Maria di Gesù vengono poi collocati nella nuova cappella, benedetta ed inaugurata da monsignor Cataldo Naro, allora arcivescovo di Monreale, il 29 novembre 2004.

Gli anni in cui Carolina Santocanale è alla ricerca umile, e molto spesso intrisa di sofferenza, del suo posto nella Chiesa e nella società, a Palermo e in Sicilia si diffonde capillarmente l’istituzione caritativa del beato Giacomo Cusmano, con una sorta di logo si direbbe oggi, Boccone del Povero, all’insegna della più autentica misericordia evangelica.

Carolina Santocanale non seguirà il carisma del santo medico palermitano, ma l’incontro con lui e la sua esplicita proposta vocazionale: “Per l’amor di Dio se ne venga qui da noi! Se sapesse come è dolce aver da fare coi poveri! Che consolazione”, espressa con toni di sapienza e dolcezza, scioglieranno per sempre le sue riserve.

Caratterialmente e spiritualmente, Carolina si sentiva attratta dal fascino di san Francesco d’Assisi. Ed è la spiritualità francescana che ella si impegnerà a seguire nella totalità di una gioiosa povertà evangelizzatrice, riconoscendovi senza indugi la sua identità più autentica: “lo sono figlia di San Francesco”.

Molto presto, infatti, le strade di Cinisi videro andare di porta in porta, per la questua, all’insegna della preghiera e della semplicità, le “umili suore Terziarie di san Francesco d’Assisi”, giovani donne che volevano seguire l’ideale di quella che era già diventata, per sempre, suor Maria di Gesù. Per far parte del nuovo gruppo non erano richieste doti particolare ma una sorta di supplemento di umiltà, che doveva servire alla nuova religiosa, secondo l’intuizione profetica di suor Maria di Gesù, a “farsi educatrice, sorella di carità, madre dei poveri, pronta a eseguire qualsiasi ufficio, fosse anche il più umile”.

Alla genericità del francescanesimo, la Fondatrice volle unire il timbro dell’ austera spiritualità cappuccina, rivendicata a più riprese e sancita l’8 dicembre 1909 con l’aggregazione della piccola famiglia religiosa di Cinisi, che diventerà definitivamente la congregazione delle suore cappuccine del. l’immacolata di Lourdes, all’Ordine dei Frati minori cappuccini.

Quella di suor Maria di Gesù è un’esperienza spirituale radicata e fondata, dentro e fuori la sua istituzione, su uno spiccato senso della maternità, che attinge direttamente alle sorgenti bibliche della misericordia e agli insegnamenti di San Francesco, cioè quell’amare gli altri da profondo, dalle viscere, così come la madre fa con la sua creatura.

A Cinisi, per tutti, l’umile suora era la “Signora Madre”, proprio per quella che l’austero cappuccino padre Fedele da Cimina definiva “luminosa maternità” E che in altri tempi era stata occasione d affettuoso rimprovero da parte dello stesso frate alla Fondatrice: “Vossia, Ca so tinirizza, rovina!”.

Era risaputo infatti che suor Maria di Gesù è stata proprio come una chioccia con i suo pulcini sotto le ali, una delle tante immagini di rara bellezza e poesia di cui tra boccano i processi per la canonizzazione quando parlano della tenerezza e  finezza  dell’amore materno della venerabile cappuccina.

Le religiose della madre Santocanale avevano un biglietto di visita molto particolare: infatti erano conosciute evangelicamente come le suore che si amano tanto fra loro come abitualmente venivano chiamati i primi cristiani.

Tuttavia, si stenta a crederlo se il fatto non fosse storicamente documentato, quella che era la più bella definizione Che si possa dare di una famiglia religiosa riesce a “scandalizzare”.

E così la vox popoli sulla troppa “familiarità” nella comunità di suor Maria di Gesù diventa “diceria” e arriva alle orecchie del santo arcivescovo di Monreale, Mons. Antonio Augusto Intreccialagli, carmelitani scalzo, che si sente in dovere di inviare i suo emissario, il canonico Francesco Paolo lo Evola a verificare, con una “visitina” in loco, voci e insinuazioni.

Ricevuta la relazione dello zelante canonico l’Arcivescovo mette in guardia suor Maria di Gesù: “finora la comunità è stata governata come si governa da una madre di famiglia la propria casa; ma questo modo di governare non è quello di una casa religiosa”.

Forse senza volerlo, l’Arcivescovo avevo dato così la definizione più bella per un donna consacrata, dal cuore grande “madre di famiglia”.

Non a caso suor Maria di Gesù ha voluto lasciare alle sue sorelle un monito austero profetico, che vuole sigillare per sempre lo scandalo che in vita aveva suscitato il carisma della sua maternità: 
“se quando sarò morta 
vedrò che mancherà la carità nel mio Istituto, 
pregherò il Signore che lo distrugga”.

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