PREMESSA
Per bambini e ragazzi crescere significa molte cose. Dai cambiamenti a livello psicofisico allo sviluppo della propria personalità, dai processi di apprendimento all’ampliamento delle proprie reti sociali e di amicizia. La richiesta prioritaria, anche se non sempre esplicitata, è oggi più che mai quella del dialogo che, sostenuto dal pensiero critico, facilita sia l’incontro delle differenze salvaguardando le reciproche alterità e peculiarità individuali, sia il confronto sereno e costruttivo con gli altri. Solo con il dialogo è possibile affrontare con matura competenza i turbamenti caratteristici della crescita. Dotati di una straordinaria debolezza emotiva, i giovani vivono e comunicano solo emozioni. La condivisione delle emozioni costituisce un elemento centrale nella loro vita di relazione: la loro socialità, confusa, disordinata, imprevedibile, instabile, si alimenta di emozioni.
Per loro è essenziale sapere di essere riconosciuti e compresi: ascoltare i ragazzi, dialogare e far capire loro che comprendiamo le loro emozioni, li aiuta ad accrescere nella loro autostima, perché in questo modo essi si sentono valorizzati e ciò li stimola a sviluppare un sano concetto del Sé. Aiutarli, quando si sentono arrabbiati, a riflettere e a capire perché e cosa vorrebbero fare, rappresenta un buon punto di partenza per iniziare a prendere dimestichezza con le proprie emozioni; sollecitarli ad esprimere senza remore i propri turbamenti e desideri, li agevola a scoprire le occasioni giuste e le parole adatte per esprimere ciò che sentono, e quindi a scaricare la tensione.
Il passaggio dall'infanzia all'adolescenza non è quasi mai indolore, anzi tutt'altro.
Tale transizione non è mai del tutto lineare, ma si configura un work in progress che non è esente da aspetti critici o traumatici. Per questa ragione, in una certa misura, aspirazioni e frustrazioni, aspettative e ansie, irrequietezza e delusioni sono tutti stati d’animo connaturati alle fasi dello sviluppo. E accompagnano la crescita del minore, che attraverso questi passaggi assume la consapevolezza di sé e del suo ruolo nel mondo che lo circonda. Quelle che comunemente vengono definite “devianze” non hanno ovviamente una sola causa. Si tratta di un fenomeno multifattoriale, che può avere molte radici. Una di queste è sicuramente un contesto di deprivazione sociale, che espone soprattutto ragazze e ragazzi che vivono in territori difficili e in famiglie segnate da forte disagio economico. Allo stesso tempo, per una serie di ragioni diverse, questa forma naturale di disagio può sfociare in comportamenti antisociali, pericolosi per sé o per gli altri. Ne sono esempi gli atti di bullismo verso i coetanei, l’adozione di comportamenti a rischio (tra cui l’uso di sostanze), fino all’ingresso nel mondo della criminalità minorile. L'altro aspetto da mettere in rilievo è infatti il forte collegamento con la povertà educativa. Non solo perché l'uscita precoce da percorsi di istruzione e formazione può essere uno dei fattori che alimenta la marginalità sociale. Ma anche perché, proprio come la povertà educativa colpisce soprattutto i ragazzi che vengono da situazioni di deprivazione, anche le vittime di questi fenomeni sono spesso gli esclusi. Basti pensare alle vittime di bullismo, che molto spesso sono ragazze e ragazzi che vengono dalle famiglie più povere oppure da quelle meno integrate (come nel caso dei bambini con background migratorio). In questo senso, fenomeni come comportamenti violenti, bullismo, criminalità vanno affrontati anche come fattori di esclusione e di emarginazione.
Bambini e ragazzi intrappolati tra una povertà materiale crescente, a causa dell’emergenza Coronavirus in Italia, e la mancanza di opportunità educative, le difficoltà nella didattica a distanza e il mancato accesso alle attività educative extrascolastiche, motorie e ricreative. Per molti di loro la prospettiva è rimanere indietro, perdere non solo motivazione e competenze scolastiche, ma, in alcuni casi, essere spinti ad un isolamento che può portare all’abbandono della scuola. Secondo l’analisi dell’Organizzazione e i dati dell’indagine, accanto al drammatico impoverimento economico esiste un pericolo concreto di un forte incremento della povertà educativa già ampiamente diffusa nel nostro Paese prima della crisi. Laddove si registra un indice di povertà educativa più è alto il tasso di
abbandono. L’insuccesso scolastico in questa
fase dello sviluppo della
personalità dello studente può
incidere negativamente sulla
motivazione allo studio, sulla
propria autostima e soprattutto
può innestare un processo di
autovalutazione che lo porta ad
abbandonare il sistema scolastico Le regioni maggiormente colpite
dal fenomeno sono collocate nel meridione del
Paese: Sicilia, Campania, Puglia, Calabria. Per un giovane, la povertà educativa significa essere esclusi dalla possibilità di apprendere e di sviluppare competenze chiave necessarie per vivere in
un mondo caratterizzato dall’economia della conoscenza, traducendosi anche
in minori opportunità di crescere dal punto di vista emotivo e delle relazioni
con gli altri. Bambini e adolescenti, soprattutto quelli che vivono ai margini, potrebbero essere lasciati indietro nell’apprendimento e nello sviluppo delle proprie capacità, restare isolati e perdere fiducia e motivazione in se stessi e nello studio, con il pericolo concreto di abbandonare il loro percorso scolastico, fenomeno che riguarda già nel nostro paese il 13,7% dei ragazzi. La mancanza di opportunità extra scolastiche, l’impossibilità di fare sport, attività artistiche e di uscire con i propri coetanei, inoltre, rinchiude sempre di più bambini e ragazzi in un isolamento sociale. Per fronteggiare l’impatto della crisi, occorre avviare con urgenza e determinazione un Piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili. Un piano che coinvolga attivamente tutti gli attori che operano a contatto con i bambini, dai Comuni alle scuole, dalle famiglie al volontariato e alle associazioni del terzo settore, con il coinvolgimento del mondo della cultura e dell’impresa. Nell’immediato, è indispensabile raggiungere tutti i bambini che sono rimasti esclusi dalla didattica a distanza per consentire loro di riagganciare i legami con la scuola ed è necessario uno sforzo collettivo per garantire a tutti i bambini, le bambine e i ragazzi di trascorrere un’estate ricca di opportunità educative e di gioco, nel pieno rispetto dei protocolli sanitari. Sebbene il quadro presentato finora sia poco incoraggiante, sappiamo anche
che in Italia vi sono studenti che nonostante si trovino in condizioni estreme
di povertà educativa sia rispetto al territorio, sia a livello di scuola e famiglia,
riescono comunque a ribaltare completamente il loro destino di insuccesso
scolastico e formativo, dimostrandosi resilienti. Durante la pandemia nei bambini e nei giovani sono aumentati sentimenti di solitudine e isolamento, ma rispetto a questi problemi poche o nulle sono state sono state messe in atto strategie di fronteggiamento delle difficoltà.
SOCIAL CAMPUS INNOVATION
Un’offerta educativa a misura di pre-adolescenti e adolescenti
Proposta teorica: la resilienza
Se per i più piccoli i centri di aggregazione risultano spesso un’opzione praticabile che
consente loro di continuare l’importante processo di socializzazione, è impensabile che gli adolescenti, con il bagaglio di sofferenza che hanno mostrato
di avere sulle spalle dopo questo lungo anno di restrizioni, non vengano di
nuovo lasciati in balia di se stessi. Sono indispensabili allora progetti sul territorio
che prevedano attività appositamente pensate per questa fase del ciclo di vita
e condivisione utile per uscire dall’isolamento, fisico e psicologico, e dalla percezione di solitudine causa di enormi danni tra gli adolescenti, offrire uno spazio adeguato
per l’espressione e la rielaborazione del vissuto emotivo. Per la realizzazione di questa idea/base si farà rifermento al paradigma della resilienza, ritenuto da molti professionisti della salute psicofisica molto efficace e di facile adattamento sui giovani a cui si rivolge questa idea progettuale.
La
resilienza viene definita come la capacità di bambini e
adolescenti di adattarsi reagendo con successo a circostanze avverse, riuscendo a ottenere buoni risultati nonostante la situazione sfavorevole di partenza, e su questa risorsa bisogna investire!. La letteratura scientifica mostra come la resilienza
in ambito scolastico e formativo sia strettamente legata a variabili psicoeducative come, ad esempio, la capacità di autoregolazione nell’apprendimento
dei bambini e degli adolescenti, il benessere nel contesto di apprendimento,
la rete di relazioni sociali con i pari. Una tipologia di azioni di contrasto alla
povertà educativa è centrata dunque sull’aumentare la capacità di bambini
e adolescenti di resistere alla povertà educativa stessa: tutte le risorse sono qui impiegate per potenziare fattori di promozione della resilienza. La resilienza può quindi essere considerata come la capacità di affrontare eventi stressanti, superarli e continuare a svilupparsi aumentando le proprie risorse con una conseguente riorganizzazione positiva della vita. Questa stessa proposta progettuale "Social Innovation Campus" prende le mosse dall’enorme fascino e interesse esercitato dalla capacità
degli esseri umani e di alcuni di essi in particolar modo (bambini e adolescenti), di saper trasformare un evento critico
potenzialmente destabilizzante in un motore di ricerca personale che consente di riorganizzare
positivamente l’esistenza grazie all’avvio di un progetto di vita capace di integrare le luci con
le ombre, la sofferenza con la forza, la vulnerabilità con la capacità di riorganizzarsi e
riorganizzare la rete familiare e sociale esistente o di ampliarle a secondo dei bisogni. Per molti giovani partecipare ad un' esperienza al Campus può diventare l’occasione per ampliare i propri orizzonti; una vera e propria crescita;
un’esperienza “forte”, capace di motivare e arricchire l' individuo.
Il tempo trascorso troverà allora una sua valorizzazione in un ambiente educativo
che risponde al bisogno di stare insieme, in gruppo, nel contempo riconoscersi ed
esprimersi come individuo. Puntare sul rafforzamento delle
competenze di base degli
studenti per compensare
svantaggi culturali, economici e
sociali di contesto, e garantire il
riequilibrio territoriale con lo
scopo di ridurre il fenomeno della
dispersione scolastica e di
favorire una crescita personale
sana. Il tempo libero, se ben
impiegato, assolve a una funzione di riequilibrio energetico mentale e corporeo.
Tuttavia è opportuno ricordare come tale indicazione sia spesso contraddetta da
molti comportamenti “ricreativi” giovanili (ad es. l’abuso di giochi elettronici).
Purtroppo, accanto a innegabili effetti positivi, l’esposizione dei ragazzi a taluni
stimoli e strumenti tipici dell’epoca contemporanea li può portare ad accumulare
“tossine” su “tossine”, con esiti poco esaltanti per la loro armonica crescita
individuale. Infatti, si conoscono bene i rischi per i giovani, sia sul piano personale
che interpersonale, impliciti a un trascorrere troppo tempo al sicuro nella propria
cameretta, con molti amici virtuali, ma in una solitudine reale, infatti, la crescita
personale ne risulta impoverita, e l’identità fuorviata dalla mancanza di confronto.
A ciò si aggiunge anche come una guida genitoriale si sia indebolita negli anni, diventa così
rilevante l’interazione con il gruppo dei pari, capace di soddisfare quel bisogno di
riconoscimento e di accettazione sentito nei ragazzi in età evolutiva, il tempo
trascorso nel Campus potrebbe così essere il tempo in cui è possibile liberarsi
dalle tensioni accumulate nei contesti quotidiani, e di conseguenza, esprimersi
liberamente nella condivisione e nello stare insieme. La nostra visione progettuale ci consente di affrontare il compito educativo che
attualmente la società richiede, con modalità operative innovative ed efficaci, valorizzando il tempo libero al fine di favorire la crescita personale e collettiva.. Per i giovani piccoli e grandi tale momento di vita può definirsi il «tempo dell'incontro»: con gli altri, con nuove
esperienze, con iniziative stimolanti, con l'apertura all'accoglienza, con
disponibilità all'ascolto e alla volontà di compartecipazione. Occorre, per questo,
sviluppare pratiche che consentano esperienze di partecipazione effettiva
aumentando i momenti partecipativi, curandone con particolare attenzione
metodologie e contenuti, per garantirne così la necessaria qualità. La riorganizzazione del proprio percorso di vita, la possibilità di trasformare un evento
doloroso o più semplicemente stressante in un processo di apprendimento e di crescita
incontra il tema della resilienza.
Ma perché è opportuno educare i bambini alla resilienza? La resilienza è uno strumento utilissimo per i bambini, soprattutto nella società in cui viviamo oggi. Resilienza non significa chiudere gli occhi di fronte all'ostacolo per far finta che non esista; al contrario, significa avere la consapevolezza di riuscire a controllarlo e a concepirlo come un naturale cambiamento e non come un impedimento alla propria crescita ed evoluzione. Non è infatti errato dire che i bambini del mondo occidentale vivono in un ambiente iper protetto: i genitori - come è giusto che sia - tengono al sicuro i propri figli, allontanandoli dai problemi e dalle difficoltà. L'iperprotezione, tuttavia, ha un risvolto negativo: i bimbi fanno fatica a mettersi in discussione e non riescono a far propri i mezzi con i quali riusciranno poi a sviluppare le difese che saranno utilissime per affrontare la realtà, con tutti i suoi naturali traumi e difficoltà. Educare alla resilienza, insomma, significa dare al bambino delle risorse con le quali sarà in grado di direzionare le sue emozioni in modo costruttivo, senza reagire in modo impulsivo e doloroso a sfide e difficoltà. Più tolleranza alla frustrazione, più consapevolezza delle proprie risorse interiori e dei propri limiti materiali e, soprattutto, la capacità di non farsi prendere dal panico, pensando positivamente di fronte alle difficoltà. Educare i bambini e gli adolescenti alla resilienza è un obiettivo che tutti i genitori e tutti gli educatori dovrebbero perseguire. Tra i fattori di sviluppo della resilienza spiccano la relazione di fiducia e la cooperazione, aspetti essenziali, peraltro, per la sopravvivenza stessa dell’essere, per la salvaguardia del proprio equilibrio. Sono le relazioni, i legami di gruppo, le zone di connettività e collaborazione a contribuire al rafforzamento della resilienza. I tentativi di fortificare quest’ultima vanno, pertanto, integrati nella rete di relazioni regolanti la vita quotidiana, poiché il cambiamento positivo, la ripresa, la rinascita, prevedono la capacità «di essere in relazione con l’altro, per riconoscere e riconoscersi, scoprire e scoprirsi, sognare, immaginare, creare insieme. In un ambito socio-aggregativo quale potrebbe essere un Campus, ciò si traduce nella promozione di attività basate sulla cooperazione, sull’aiuto e sul rispetto reciproco; nella promozione di lavori e di progetti concreti che favoriscono l’assunzione di responsabilità e l’iniziativa personale. Insieme con l’autonomia e la creatività, l’iniziativa personale figura tra le determinanti della resilienza. Per sviluppare tali fattori, è indispensabile stimolare la libera espressione, che offre al bambino e all'adolescente la possibilità di:
- raccontare e raccontarsi;
- di controllare e gestire le proprie emozioni, condividendole e divenendo consapevole;
- di preservare e accrescere le proprie potenzialità;
- di raggiungere un elevato grado di autostima e autonomia.
Uno spazio socio-affettivo e psicoeducativo di questo tipo, proteso verso la fioritura della resilienza, ha il carattere vero e proprio di una comunità educante. A contribuire allo sviluppo e alla protezione della resilienza non sono, dunque, soltanto le caratteristiche costituzionali della personalità e la presenza di una relazione affettiva con una figura di riferimento, ma è soprattutto la possibilità di vivere in un contesto socioeducativo positivo, nell’ambito del quale sperimentare l’assunzione di responsabilità e compiere esperienze in grado di aumentare l’autostima. La presente proposta/idea progettuale è prioritariamente fondata sul dialogo, sul rispetto dell’altro, sulla promozione della libera espressione e dell’agire cooperativo e costituisce senz’altro una possibile forma di educazione alla resilienza., Ritenendo la vita stessa una lotta perenne volta alla trasformazione migliorativa di sé e del presente, è necessario infondere nei ragazzi la speranza di uscire vittoriosi e fortificati da questa lotta, la speranza in un futuro migliore insegnando loro ad affrontare le situazioni critiche e a superarle, trasformando le esperienze dolorose in occasioni di crescita, in apprendimento, ovvero in acquisizioni utili ad affrontare in maniera costruttiva la vita. Educazione alla resilienza, dunque, ma anche alla speranza, che, in quanto apertura al futuro, in quanto spinta verso il superamento del già dato, risulta essere una dimensione intimamente connessa alla resilienza e all’educazione stessa, ancoraggio al presente e tensione verso il futuro. Resilienza non significa fare un salto all’indietro e tornare alla condizione di partenza, precedente all’evento avverso, ma significa aprirsi ad una nuova possibilità di crescita, ad una nuova fase di vita in cui la ferita non è cancellata, ma integrata all’interno della propria storia di vita. La resilienza è dunque un processo dinamico che necessita di essere stimolato e sorretto da relazioni capaci di accompagnare e sostenere il bambino. La resilienza è un processo educativo, etico, e si rivela di notevole aiuto nella gestione dei conflitti interpersonali di cui spesso fanno esperienza i pre-adolescenti.
OBIETTIVI PROGETTUALI
E PROGETTAZIONE
Lo spazio sociale di cui stiamo parlando consiste in un insieme di opportunità di aggregazione all’interno di un contesto organizzato, che propone regole e attività, ma anche risorse (psicologiche, pedagogiche e strutturali) che possono essere liberamente utilizzate dagli adolescenti: spazi di animazione e di scoperta, anche per relazioni significative tra coetanei e tra adolescenti ed adulti. Quest'ultimo può diventare una risorsa complementare alla scuola, laddove riesca ad organizzare iniziative comuni da svolgere oltre l’orario scolastico, L’animazione socio-educativa appartiene al settore dell’educazione extrascolastica, comprende specifiche attività ricreative organizzate da professionisti o da animatori socioeducativi, e si basa su processi di apprendimento non formale e sulla partecipazione anche su base volontaria. Uno spazio “social” (cioè in rete), in grado di offrire opportunità, percorsi, con al suo interno disponibilità di attrezzature e strumentazioni (es. wi-fi, sale prove, palco, cinema) che permette di stimolare interessi e curiosità, favorire incontri.
Il Campus è una realtà in continua metamorfosi, tutto è in continua evoluzione tanto che le interazioni che si creano tra i diversi soggetti coinvolti producono esiti mai del tutto prevedibili. Ci sono i bambini ed i
ragazzi, che per quanto sembrino sempre tutti uguali cambiano, ci sono gli
assistenti e gli operatori, che sebbene rapportino le attività nelle proprie
competenze pregresse, vengono sempre “messi in gioco” dagli stessi ragazzi.
Le strutture vengono ogni volta vissute e “sperimentate” in modalità sempre
nuove. In questo senso, la programmazione delle attività viene considerata come
necessaria per dare un ordine di senso alle attività, la scansione giornaliera, le
rotazioni nelle attività stesse, l’alternanza tra i giochi all’aperto e giochi al chiuso,
offre nel contempo ancoraggi strutturati (sicurezze su ciò che deve avvenire) e
situazioni sempre nuove, che permettano di evitare la noia e la ripetitività da una
parte e il senso di improvvisazione ed incertezza.
Obiettivi generali: descrivono l'orientamento di base seguito dal progetto.
Essi collegano i nostri valori guida con il progetto..
· accogliere le bambine/i e gli adolescenti con cura e competenza offrendo loro
un luogo confortevole ed un clima sereno;
· favorire il benessere psicofisico di bambini e ragazzi;
· promuovere stili di vita positivi;
· rispettare e valorizzare l’unicità della persona;
· favorire il riconoscimento della propria identità da parte dei bambini e dei
ragazzi, nonché la loro conoscenza ed apertura alla diversità;
· favorire il processo di socializzazione di bambini e ragazzi tramite l'incontro con
l'altro e lo sviluppo della capacità di dialogo;
· favorire lo sviluppo delle autonomie e la capacità di apprendere tramite la
partecipazione attiva del bambino/ragazzo;
L’obiettivo massimo che si propone il Campus è costruire e promuovere la resilienza perché
educazione alla resilienza è come educazione alla legalità, alla cittadinanza attiva, per cui emerge la
dimensione etica dell’educazione alla resilienza.
Gli obiettivi specifici: sono obiettivi dettagliati: descrivono le azioni concrete e orientano la
prassi in modo preciso. Costruire relazioni interpersonali positive. La vita collettiva sarà organizzata in modo tale da permettere una grande
ricchezza di relazioni interpersonali: tra bambini/ragazzi, tra adulti, tra adulti e
bambini. Queste relazioni dovranno svilupparsi gradualmente nel rispetto dei
bisogni di sicurezza affettiva e dei ruoli presenti all’interno del servizio. In
particolare, tenendo presente il bisogno dei minori di strutture di riferimento
diversificate, la proposta del Campus è quella di organizzare la vita sociale del
centro sulla base di due strumenti privilegiati: il piccolo gruppo ed il grande
gruppo. Il primo, costituito da persone di età omogenea, favorisce la relazione con
un ristretto numero di compagni e con un adulto di riferimento. Il grande gruppo
invece permette di allargare i propri rapporti evitando la chiusura nel piccolo
gruppo e consentendo il confronto tra piccole realtà sociali. Il passaggio dall’una
all’altra dimensione è reso possibile dal lavoro coordinato ed integrato di un’
equipe di assistenti. Garantire un ritmo di vita adatto ai bisogni di bambini e ragazzi
Garantire un ritmo di vita adatto ai bisogni dei bambini e dei ragazzi significa
organizzare le attività con metodi e strumenti adeguati alle diverse individualità,
capacità, età. In concreto, si tratta di individuare una corretta alternanza di attività
fisiche e creative, svolte individualmente, a piccoli gruppi ed in collettivo, nel
rispetto dei tempi di attenzione e dell’età dei partecipanti. Favorire la conquista di una maggiore autonomia
La quotidianità non è costituita solo da un meccanico
soddisfacimento di bisogni materiali. Essa rappresenta piuttosto un tempo per
sperimentare e sperimentarsi in un ambiente ottimale per la crescita personale e
sociale; per questo si tratta di un luogo di significati che non trova eguali in altri
ambienti e da cui si possono trarre benefici attraverso relazioni interpersonali
molto significative.
4. Favorire lo sviluppo armonico di bambini e ragazzi
Una buona crescita è anzitutto una crescita armonica, equilibrata, una crescita che
garantisce al minore di poter maturare in tutti gli aspetti della propria vita. In
quest’ottica è indispensabile che il Campus proponga attività
diversificate, con materiali e tempi di realizzazione diversi ed adeguati all’età, con
percorsi metodologici orientati al rispetto dei molteplici bisogni dei partecipanti.
Questo obiettivo implica uno sforzo propositivo da parte degli operatori, i quali devono interagire con le varie figure del Centro per consentire ai bambini di
ritrovare piaceri ed esperienze, quali ad esempio i giochi di gruppo, i canti, le
attività di drammatizzazione, le attività manuali ed espressive, le attività di
scoperta dell’ambiente. Tutto ciò in un contesto il più facilitante possibile.. Rendere i bambini e i ragazzi consapevoli dei loro percorsi di crescita
All’interno di questo processo gli adulti favoriscono l’emergere di nuovi interessi,
di nuovi progetti che vedano i bambini non quali fruitori passivi di un programma
definito e scelto da altri, bensì quali soggetti realmente partecipi e coinvolti. Va
considerato con attenzione il fatto che, qualunque sia la sua funzione nel Campus , ogni adulto assume un ruolo di educatore nei confronti dei
minori e, come tale, assume in sé tutte le responsabilità che il ruolo comporta.
Il
lavoro in team, la verifica quotidiana delle attività svolte, la programmazione alla
luce delle situazioni occorse e/o delle richieste e proposte dai minori saranno gestite e pianificate dal Coordinamento del Campus in
accordo con l'equipe pluridisciplinare che monitorerà le attività . In questo modo le singole relazioni possono essere
davvero funzionali ad un comune progetto di crescita. Allo scopo di favorire l'inclusione nel gruppo verrà posta una particolare attenzione al valore e all’opportunità del gruppo stesso. Per realizzare
questo obiettivo, oltre al rapporto operatore bambino on-to-one, verranno realizzate
costanti verifiche di equipe intese alla valutazione condivisa delle situazioni e
all’individuazione di soluzioni efficaci.
L’inserimento di bambini o ragazzi con deficit fisico, sensoriale o psichico è anch'esso considerato uno degli obiettivi massimi: per farvi fronte verranno messi a punto
metodologie, strumenti e tecniche di lavoro in gruppo per stimolare e facilitare la
loro integrazione. In particolare, l’organizzazione del servizio mediante un
rapporto one-to-one facilita la presa in carico del bambino/ragazzo da parte
dell’educatore. Inoltre, nell’ottica di lavoro proposta, la presenza di bambini
portatori di handicap costituisce una risorsa anche perché permette ai loro
compagni di sperimentarsi nel rapporto con la diversità e di acquisire abilità utili
nell’entrare in relazione con coetanei con caratteristiche differenti dalle proprie. In
relazione all’inserimento di bambini/ragazzi portatori di handicap, si ritiene comunque importante concordare con i servizi sociali di riferimento la loro
presenza e il tipo di percorso educativo e di socializzazione che deve essere
predisposto. È anche e soprattutto in riferimento a questo obiettivo che la qualità
del servizio offerto migliora, se e quando si attiva la rete che vede coinvolti i
diversi soggetti: Famiglie, Associazioni, Servizi Sociali e Amministrazione. La presente proposta progettuale pone una particolare attenzione al valore e all’opportunità rappresentati
dal favorire l’inclusione nel gruppo, sia essa intesa come superamento
dell’emarginazione dovuta a disabilità o a fattori economici o etnici. Per realizzare
questo obiettivo, oltre al rapporto operatore bambino on-to-one, verranno realizzate
costanti verifiche di equipe intese alla valutazione condivisa delle situazioni e
all’individuazione di soluzioni efficaci. E' infatti stato pensato a tal proposito l'utilizzo di metodologie, strumenti e tecniche di lavoro in gruppo per stimolare e facilitare la
loro integrazione, a partire da alcuni punti ritenuti prioritari.
1. FAVORIRE L’AUTOSTIMA.
È importante che i genitori, gli educatori e tutti gli adulti di riferimento trovino il giusto equilibrio tra protezione e autonomia, facciano sentire il minore supportato e, allo stesso tempo,
gli permettano di confrontarsi con la realtà e le sue difficoltà.
2. COMUNICARE LA SPERANZA.
Comunicare, non solo a parole, i giusti messaggi, può contribuire alla strutturazione di una
mente resiliente. Cerchiamo di trasmettere soprattutto messaggi di speranza e di fiducia nel
cambiamento.
3. DARE IMPORTANZA ALLE CAPACITA' .
Ciascun bambino ha un’isola di competenza da cui trarre energia vitale e ottimismo, ad esempio riuscire in una materia scolastica, in un’attività, in un gioco... Bisogna aiutare i bambini a
scoprire i propri talenti e capacità.
4. DARE SIGNIFICATO / IMPARARE DAGLI ERRORI.
È importante aiutare i ragazzi a considerare gli errori e gli sbagli, come occasioni per imparare e non come un giudizio sulla propria persona. Bisogna considerare gli errori come aspetti
della crescita, poiché talvolta i bambini e i ragazzi sono convinti di essere accettati solo se
hanno successo.
5. DARE DELLE REGOLE DI COMPORTAMENTO.
Vivere in un ambiente, dove vi sono delle regole chiare e condivise favorisce la resilienza.
Avere una struttura è essenziale per esplorare il mondo: le persone di riferimento devono
saper dare delle regole e questo fa sentire il bambino più sicuro nel prendere iniziative e
nell’apprendere dalle esperienze.
6. STIMOLARE LA CREATIVITÀ.
Valorizzare il gioco, la metafora, l’umorismo: queste attività aiutano ad esprimere e integrare
anche emozioni forti quali l’ansia, la paura, l’angoscia e sono valide esperienze di sostegno
affettivo.
7. SVILUPPARE UNA BUONA RETE SOCIALE.
Una solida rete di rapporti interpersonali è in grado di fornire un ampio supporto emotivo,
utile a rafforzare la resilienza stessa: aiutiamo i bambini a costruirsi una rete sociale che li
accompagnerà nel loro cammino. Per aiutare i bambini e gli adolescenti in questo processo di educazione alla resilienza è necessario avere
accanto adulti capaci di creare relazioni di fiducia, portatori di speranza attiva, in quanto tutori di
resilienza.
Il “tutore di resilienza” è quella persona capace di trasmettere fiducia e stimoli, incoraggiando la
capacità dell’individuo a trasformare le situazioni logoranti, i cambiamenti, i disastri scolastici, in
opportunità di crescita e di sviluppo personale; indirizzandolo a riconoscere e valorizzare il proprio
capitale di risorse interne, di conoscenza, di strumenti da utilizzare per superare la crisi. Focalizzare l’attenzione sulla resilienza significa incontrare le difficoltà, accettarle, superarle,
integrare le nostre risorse interne con i limiti, le fragilità, comprendere che ogni esperienza
traumatica può e deve divenire occasione di crescita.
Il progetto si prefigge l’attivazione di laboratori interdisciplinari programmati sulle capacità e attitudini dei ragazzi per piccoli gruppi;
- il monitoraggio dei percorsi individuali (a scuola, in famiglia);
- la realizzazione di attività, in collaborazione con i ragazzi, all’interno delle scuole di appartenenza e/o del
quartiere;
- l’attivazione di percorsi di gruppo per sostenere il confronto fra pari su tematiche quali i fenomeni di rischio
e disagio, l’orientamento, i percorsi formativi ed educativi;
- l’attivazione di momenti di confronto e riflessione comuni a tutti i partner coinvolti nel progetto;
- il coinvolgimento di eventuali studi di ricerca strutturati sui temi del drop out e dell’abbandono scolastico.
- la collaborazione tra insegnati, educatori, operatori sociali, nella progettazione delle attività e nell’ideazione
di nuove forme di intervento;
- il ricorso a risorse territoriali per sviluppare attività, esperienze, opportunità;
- incontri di sostegno al ruolo genitoriale.
Gli interventi, le attività e gli invii saranno concertati tra i partner di progetto: scuola, servizi sociali territoriali,
ente gestore, senza escludere la famiglia e i ragazzi destinatari dell’intervento. In sede di progettazione,
saranno concordati le caratteristiche dei soggetti da inserire nei percorsi, gli obiettivi dell’inserimento, il numero
di interventi settimanali, le tipologie dei laboratori. Riteniamo fondamentale che il progetto abbia una
connessione continua con la scuola di appartenenza dei destinatari, attraverso la condivisione delle finalità con
i Dirigenti scolatici e la co-progettazione con i Consigli di classe e gli insegnati referenti.
I ragazzi vengono inseriti nel percorso a seconda degli obiettivi del progetto individuale e delle loro esigenze.
I laboratori hanno l’obiettivo a lungo termine che attività e interventi sperimentati possano diventare
patrimonio della scuola, replicabili quindi all’interno con organizzazione e risorse indipendenti.
Il numero dei ragazzi candidabili, varia a seconda degli interventi individuali attivati modulando i gruppi dei
ragazzi con una frequenza settimanale diversificata. Tenendo conto che spesso gli invii riguardano ragazzi che
accumulano assenze, che debbono essere fortemente rimotivati e che presentano situazioni socio-familiari
fragili, riteniamo opportuno proporre una frequenza oraria flessibile, programmata per step, prevedendo
l’attivazione dei trasporti da parte degli educatori per raggiungere la sede delle attività e limitare le possibili
assenze.
L’offerta laboratoriale nasce a partire da una prospettiva teorica di base che sottolinea l'efficacia psicoeducativa e socioaffettiva che questa produce nei giovani che vi si approcciano con curiosità e creatività. I laboratori che proponiamo possono riguardare diversi ambiti, tra i quali:
Laboratori motivazionali: intendono promuovere la motivazione
allo studio, valorizzare le competenze, rafforzare l’autostima
degli alunni e accrescere la loro capacità di superare le difficoltà
incontrate a scuola. Nel corso degli incontri saranno affrontati
i temi della dispersione scolastica e del diritto allo studio
facendo particolare attenzione all’ascolto attivo, al dialogo ed
al protagonismo dei ragazzi.
METODOLOGIA della PEER EDUCATION
Le attività: opportunità di socialità e di accrescimento
Il gioco è la principale attività, potente strumento di crescita e progresso, insegna a
misurarsi con se stessi e con il mondo, a padroneggiare le proprie forze. è uno
stimolo della curiosità, del gusto dell‘esplorazione e della scoperta del nuovo,
contribuisce all‘assunzione delle proprie responsabilità. Concludere un'attività,
perseverare nonostante gli insuccessi fortifica i comportamenti, come prestare
attenzione ai desideri e alle idee altrui, oppure condividere le proprie cose con gli
altri e saper utilizzare con rispetto quelle altrui. Con il gioco si impara anche a
collaborare, a rispettare le regole, a convivere
I laboratori sono l’occasione per abituare i ragazzi a scegliere. Tra le attività
proposte: danza, sport, attività artistiche, creatività, lettura ecc. si mantengono per
quanto possibile i gruppi facendo dei percorsi, lavorando sulla perseveranza che
fa ottenere dei risultati, sono attività che rispettano la vocazione di ogni
bambino/ragazzo, vengono proposte nelle ore del dopo pranzo
Attività destrutturate. In questa categoria vengono comprese tutte le attività che rientrano nello spazio
della casualità: i momenti di conversazione, di gioco, di lettura, di ascolto musicale,
i momenti conviviali, di gioco libero. Sono previsti dei
momenti di “pigrizia ispiratrice” che si ripeteranno regolarmente, come delle
ritualità. Uno di questi sarà il tempo del riposo, svolto con varie modalità di
training finalizzate a favorire il rilassamento dei ragazzi. Inoltre, in base alle idee,
saranno allestiti degli appositi spazi deputati a questi momenti.
L'osservazione della natura. I bambini impareranno ad utilizzare i propri sensi per “comunicare” con la natura.
Si partirà dall’osservazione, guardando i fenomeni naturali e atmosferici, si
aiuteranno i bambini a guardare il mare con occhi diversi, non solo come spazio di
gioco ma come tesoro prezioso che contiene piccole meraviglie e si cercherà di
soddisfare ogni loro curiosità in merito. Si continuerà poi con l’esplorazione;
parleremo anche dei pesci, dei molluschi delle meduse, dei gabbiani ecc. del gusto
di stare all’aperto stimolando l’apprendimento dei bambini, aumentando le loro
esperienze e arricchendoli di nuove conoscenze.
Nelle attività proposte si attuerà l'educazione tra pari, saranno infatti i giovani
stessi a confrontarsi fra loro, scambiandosi punti di vista, ricostruendo problemi ed
immaginando autonomamente soluzioni, pur sapendo di poter contare sulla
collaborazione di adulti esperti. Numerosi studi compiuti in questi anni hanno
evidenziato come in certi ambiti la pura informazione, veicolata secondo le
modalità classiche del rapporto adulto ragazzo, tenda a non produrre cambiamenti
sostanziali nei comportamenti - talvolta a rischio - dei giovani. Prevenzione ed
educazione, pertanto, non possono più essere basate unicamente sulle azioni di
informazione delle conseguenze possibili di un atteggiamento non responsabile. È
necessario sviluppare strategie che integrino l'informazione e la formazione, e che
tengano conto della complessità dei processi di apprendimento e di cambiamento.
La Peer Education, in questo senso, sfruttando le spiccate capacità dei giovani di
trasmettere conoscenze ai propri coetanei, ha mostrato di costituire uno strumento valido ed efficace, in grado, tra l'altro, di sviluppare e rafforzare le competenze
cognitive e relazionali dei singoli, e insieme di valorizzare la funzione educativa
del gruppo.
CONCLUSIONE
Le attività proposte dal "Social Innovation Campus" rientrano nella gamma di interventi che rendono possibile l’azione di sostegno verso un
bambino/adolescente ed il suo nucleo familiare quando questi sono in situazione di elevata vulnerabilità e
criticità. Senza voler sembrare autocelebrativi, questo tipologia di intervento rappresenta una vera e propria risorsa territoriale per rispondere alle esigenze di minori che necessitano di un forte sostegno educativo finalizzato alla prevenzione secondaria del disagio, a rischio di esclusione sociale/emarginazione o anche di dispersione scolastica. Il bisogno di socialità è un elemento connaturato alla condizione umana. Tanto più per bambini e adolescenti, per cui socialità, condivisione e aggregazione
costituiscono uno degli aspetti fondamentali della crescita. Per questa ragione il
diritto al riposo e al tempo libero, e la sua promozione attiva, sono sanciti dalla
stessa convenzione sui diritti dell’infanzia. Rendere strutturali e possibili gli interventi rivolti ai giovani e al loro tempo libero è
una precondizione per un contrasto efficace della povertà educativa. Una sfida che
deve riguardare tutto il paese, e non solo una sua parte.
Lo psicologo
Dott.ssa Maria Cristina Siino
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