LA CONVERSIONE IN ADOLESCENZA
La conversione di solito, avviene in due modi:
istantaneamente, o a seguito di un evento particolare, un pellegrinaggio, un
ritiro, una confessione e diluita nel tempo, con costanza negli anni.
Chi studia questo fenomeno ci dice che
l’adolescenza resta il momento privilegiato per incontrare Dio.
Fa
sorridere: noi adulti consideriamo l’adolescenza una quasi malattia, Dio,
invece, sapendo che è un’età spalancata alla vita, si fa sentire. Ma non
rischia di essere una delle tanti emozioni vissute a quell’ età? Certo, il
rischio esiste. Eppure la conversione passa anche dall’ emozione e la verifica
di quanto abbiamo vissuto sta nel confrontarci dopo decenni: crediamo ancora in
Dio? E nei momenti di buio, di dubbio, ci riportiamo con la mente a quegli
eventi? Dico sempre a chi mi chiede consiglio: segui il tuo istinto. La fede si nutre di
ragionevolezza e di Parola, di preghiera e di comunità, di sacramenti e di azioni.
Non basta un evento forte per convertirci ma la conversione si misura giorno
per giorno lungo tutta la vita.
A volte la vita di fede non procede come avremmo
pensato e desiderato ma il Signore sa condurci ai pascoli erbosi come egli
desidera, se lo desideriamo. Da questo punto di vista, l’unico rischio della
preghiera è che DIo ci ascolti e faccia veramente la sua volontà.
In queste settimane rinvigoriamo la nostra ricerca
di Dio. Lo abbiamo già trovato, meglio, ci ha già trovato, ma sappiamo quanto
ancora ci manca della sua conoscenza. La fede è sempre un “già e non ancora”.
Il termine conversione suggerisce l'immagine di una persona che,
accorgendosi di camminare su una strada sbagliata, decide di tornare sui suoi
passi e di incamminarsi in una direzione diversa. La conversione è una presa di
coscienza "esistenziale" che può avvenire in seguito all'azione
persuasiva di una terza persona oppure alla considerata riflessione personale.
Si decide, così, di cambiare il corso della propria vita, orientando i propri
atteggiamenti e comportamenti secondo criteri diversi da quelli seguiti fino a
quel momento.
Quando il soggetto prende sul serio uno di
questi flash di trascendenza, diventa cosciente della propria dimensione
spirituale e la rende oggetto di adeguata riflessione, alla svolta psicologica
può far seguito la vera e propria conversione religiosa. Questa è un’esperienza
molto complessa che, ovviamente, nella vita personale finisce con incidere in
modo variabile da persona a persona. Se, infatti,non sempre segna l’avvio diretto di una vita spirituale autentica
e stabile, in ogni caso segna sempre un cambiamento decisivo almeno nel
pensiero.
Le grandi questioni, come il senso della vita in generale, ma
soprattutto il senso di quella personale, trovano una risposta nella
possibilità di esistenza di un Dio. In tale ottica, infatti, la vita può
assumere finalmente un senso ed una direzione. A questo punto, però, arricchita
la conoscenza di sé e scoperta la trascendenza immanente in se stesso, nonché
la possibilità di esistenza di un Altro, si corre ancora un rischio: restare
chiusi in questo circuito introspettivo, intellettualmente e psicologicamente
appagati.
In effetti, in questo modo si può comunque restare nei confini del
sé psicologico, senza ancora una reale apertura al Tu. Si tratta di un
“sentirsi” spirituale, non di un “vivere” spirituale nell’ ambito della
relazione con un Dio persona. Comprensibilmente, un cambiamento di questo tipo
non dà alcuna garanzia in merito alla vita spirituale propriamente detta.
Perché il sé spirituale cominci a definirsi occorre, allora, un
passaggio fondamentale: la decisione di credere nell’ Altro incontrato
nell’esperienza. È questo atto di fede a segnare l’avvio della
vera ristrutturazione del sé: il “sì” personale alla proposta di relazione da
parte di Dio. Prendere sul serio questa sua intenzione amorosa rappresenta la
vera e propria conversione in senso spirituale. E se non proprio già dagli
inizi della vita spirituale, quando sarà più maturo il credente sarà pienamente
cosciente che la conversione è stata un’azione di Dio. L’iniziativa è di Dio,
l’accettazione è dell’uomo che, in ogni caso, resta sempre libero di opporsi.
È l’inizio della vita spirituale come vita di relazione con un Tu,
verso cui ci si sente impegnati responsabilmente. A questo punto, più che la
teoria, è la stessa esperienza personale che fa prendere atto della propria
dimensione di cambiamento. È una realtà che si impone in tutta la sua evidenza
esperienziale. Ora il credente vede e percepisce se stesso, quindi anche l’uomo
in generale, come un essere ontologicamente aperto al divino.
Piano piano, sperimentandola, verifica l’essenza della visione
cristiana: l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è fatto per lui,
per amarlo ed essere amato da lui. E, personalmente, sperimenta anche di poter
trovare soluzione alla propria esistenziale inquietudine solo nella relazione
con Dio.
Ora finalmente non c’è solo un vago sentimento
di Dio, ma un cosciente atto di volontà nel credere a quel Tu. Ora Dio, alla
cui iniziativa si deve l’avvio della relazione, rivelandosi entra nel campo della conoscenza esplicita,
entra a far parte di sé. Da quel momento si considera tutta la propria
esistenza alla luce della fede. E questo non può non avviare un processo di
trasformazione globale, dai pensieri al comportamento. E quanto più si diventa
coscienti di questo Altro ed aumenta la sua conoscenza ed esperienza, tanto più
profondamente avviene la trasformazione.
In tale cornice di riferimento, allora, fin dalla conversione la
vita spirituale cristiana appare sostanzialmente esperienza di relazione tra un
io e un Tu. Da una parte l’uomo, con l’insopprimibile bisogno-desiderio di
relazione, che si appaga pienamente solo in Dio. Dall'altra il Dio Trinitario
della rivelazione cristiana, vera risposta a questa ontologica apertura
dell’uomo agli altri e all'Altro. E se: «La ragione più alta della dignità
dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio» (Concilio
Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, n. 39), allora il cristiano
autentico nell’unione con Dio fa l’esperienza più completa della propria
dignità.
Ma l’uomo che si pone in cammino verso Dio, come sperimentato
dagli stessi mistici, da solo e con i propri sforzi non riesce a raggiungerlo
ed a restare nella relazione con lui senza il suo aiuto, la sua grazia. Il
credente adulto, ormai divenuto cosciente della propria dimensione spirituale,
scopre che l’aiuto di Dio comincia già dal battesimo, vero inizio della
relazione.
Qui infatti c’è il dono della vita teologale – fede, speranza,
carità – che è la stessa vita di Dio. Sono potenzialità iniziali, da sviluppare
nel tempo, attraverso cui poter giungere all'unione con Dio. Sono, dunque, le
radici originarie dell’itinerario spirituale che, divenendo coscienti, possono
poi essere maturate.
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Parliamone!!!
24 Gennaio 2013
Maria Cristina Siino
Grazie di cuore per l'impegno che mostri per la Comunità Maria SS. delle Grazie, continua sempre così, noi giovani abbiamo bisogno "di una spinta".
RispondiEliminaUn giovane della Parrocchia.