giovedì 24 gennaio 2013

Adolescenza e conversionr


LA CONVERSIONE IN ADOLESCENZA

La conversione di solito, avviene in due modi: istantaneamente, o a seguito di un evento particolare, un pellegrinaggio, un ritiro, una confessione e diluita nel tempo, con costanza negli anni.
Chi studia questo fenomeno ci dice che l’adolescenza resta il momento privilegiato per incontrare Dio.
      Fa sorridere: noi adulti consideriamo l’adolescenza una quasi malattia, Dio, invece, sapendo che è un’età spalancata alla vita, si fa sentire. Ma non rischia di essere una delle tanti emozioni vissute a quell’ età? Certo, il rischio esiste. Eppure la conversione passa anche dall’ emozione e la verifica di quanto abbiamo vissuto sta nel confrontarci dopo decenni: crediamo ancora in Dio? E nei momenti di buio, di dubbio, ci riportiamo con la mente a quegli eventi? Dico sempre a chi mi chiede consiglio: segui il tuo istinto. La fede si nutre di ragionevolezza e di Parola, di preghiera e di comunità, di sacramenti e di azioni. Non basta un evento forte per convertirci ma la conversione si misura giorno per giorno lungo tutta la vita.
A volte la vita di fede non procede come avremmo pensato e desiderato ma il Signore sa condurci ai pascoli erbosi come egli desidera, se lo desideriamo. Da questo punto di vista, l’unico rischio della preghiera è che DIo ci ascolti e faccia veramente la sua volontà.
In queste settimane rinvigoriamo la nostra ricerca di Dio. Lo abbiamo già trovato, meglio, ci ha già trovato, ma sappiamo quanto ancora ci manca della sua conoscenza. La fede è sempre un “già e non ancora”.
Il termine conversione suggerisce l'immagine di una persona che, accorgendosi di camminare su una strada sbagliata, decide di tornare sui suoi passi e di incamminarsi in una direzione diversa. La conversione è una presa di coscienza "esistenziale" che può avvenire in seguito all'azione persuasiva di una terza persona oppure alla considerata riflessione personale. Si decide, così, di cambiare il corso della propria vita, orientando i propri atteggiamenti e comportamenti secondo criteri diversi da quelli seguiti fino a quel momento.
Quando il soggetto prende sul serio uno di questi flash di trascendenza, diventa cosciente della propria dimensione spirituale e la rende oggetto di adeguata riflessione, alla svolta psicologica può far seguito la vera e propria conversione religiosa. Questa è un’esperienza molto complessa che, ovviamente, nella vita personale finisce con incidere in modo variabile da persona a persona. Se, infatti,non sempre segna l’avvio diretto di una vita spirituale autentica e stabile, in ogni caso segna sempre un cambiamento decisivo almeno nel pensiero.
Le grandi questioni, come il senso della vita in generale, ma soprattutto il senso di quella personale, trovano una risposta nella possibilità di esistenza di un Dio. In tale ottica, infatti, la vita può assumere finalmente un senso ed una direzione. A questo punto, però, arricchita la conoscenza di sé e scoperta la trascendenza immanente in se stesso, nonché la possibilità di esistenza di un Altro, si corre ancora un rischio: restare chiusi in questo circuito introspettivo, intellettualmente e psicologicamente appagati. 
In effetti, in questo modo si può comunque restare nei confini del sé psicologico, senza ancora una reale apertura al Tu. Si tratta di un “sentirsi” spirituale, non di un “vivere” spirituale nell’ ambito della relazione con un Dio persona. Comprensibilmente, un cambiamento di questo tipo non dà alcuna garanzia in merito alla vita spirituale propriamente detta.
Perché il sé spirituale cominci a definirsi occorre, allora, un passaggio fondamentale: la decisione di credere nell’ Altro incontrato nell’esperienza. È questo atto di fede a segnare l’avvio della vera ristrutturazione del sé: il “sì” personale alla proposta di relazione da parte di Dio. Prendere sul serio questa sua intenzione amorosa rappresenta la vera e propria conversione in senso spirituale. E se non proprio già dagli inizi della vita spirituale, quando sarà più maturo il credente sarà pienamente cosciente che la conversione è stata un’azione di Dio. L’iniziativa è di Dio, l’accettazione è dell’uomo che, in ogni caso, resta sempre libero di opporsi.
È l’inizio della vita spirituale come vita di relazione con un Tu, verso cui ci si sente impegnati responsabilmente. A questo punto, più che la teoria, è la stessa esperienza personale che fa prendere atto della propria dimensione di cambiamento. È una realtà che si impone in tutta la sua evidenza esperienziale. Ora il credente vede e percepisce se stesso, quindi anche l’uomo in generale, come un essere ontologicamente aperto al divino. 
Piano piano, sperimentandola, verifica l’essenza della visione cristiana: l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è fatto per lui, per amarlo ed essere amato da lui. E, personalmente, sperimenta anche di poter trovare soluzione alla propria esistenziale inquietudine solo nella relazione con Dio. 
Ora finalmente non c’è solo un vago sentimento di Dio, ma un cosciente atto di volontà nel credere a quel Tu. Ora Dio, alla cui iniziativa si deve l’avvio della relazione, rivelandosi entra nel campo della conoscenza esplicita, entra a far parte di sé. Da quel momento si considera tutta la propria esistenza alla luce della fede. E questo non può non avviare un processo di trasformazione globale, dai pensieri al comportamento. E quanto più si diventa coscienti di questo Altro ed aumenta la sua conoscenza ed esperienza, tanto più profondamente avviene la trasformazione.
In tale cornice di riferimento, allora, fin dalla conversione la vita spirituale cristiana appare sostanzialmente esperienza di relazione tra un io e un Tu. Da una parte l’uomo, con l’insopprimibile bisogno-desiderio di relazione, che si appaga pienamente solo in Dio. Dall'altra il Dio Trinitario della rivelazione cristiana, vera risposta a questa ontologica apertura dell’uomo agli altri e all'Altro. E se: «La ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, n. 39), allora il cristiano autentico nell’unione con Dio fa l’esperienza più completa della propria dignità. 
Ma l’uomo che si pone in cammino verso Dio, come sperimentato dagli stessi mistici, da solo e con i propri sforzi non riesce a raggiungerlo ed a restare nella relazione con lui senza il suo aiuto, la sua grazia. Il credente adulto, ormai divenuto cosciente della propria dimensione spirituale, scopre che l’aiuto di Dio comincia già dal battesimo, vero inizio della relazione. 
Qui infatti c’è il dono della vita teologale – fede, speranza, carità – che è la stessa vita di Dio. Sono potenzialità iniziali, da sviluppare nel tempo, attraverso cui poter giungere all'unione con Dio. Sono, dunque, le radici originarie dell’itinerario spirituale che, divenendo coscienti, possono poi essere maturate. 
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          24 Gennaio 2013 
       Maria Cristina Siino

1 commento:

  1. Grazie di cuore per l'impegno che mostri per la Comunità Maria SS. delle Grazie, continua sempre così, noi giovani abbiamo bisogno "di una spinta".

    Un giovane della Parrocchia.

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