lunedì 15 aprile 2013

Riflessione su Maria

Maria ai piedi della croce

Riflessione spontanea 
Quando penso a Maria in questi giorni di Pasqua, mi accade spesso di pensare al percorso che Lei ha fatto per arrivare alla Resurrezione del Suo Figlio. E’ la Madre della Vita proprio perché ha partecipato in tutto alla sofferenza di Gesù. Lei in perfetta Unità di Spirito con Dio ha collaborato alla Redenzione dell’umanità. Come? Con il Suo Esserci, sotto la Croce, con il Suo dolore
Penso sia legittimo vedere nella scena del Calvario il punto culminante della sofferenza di Maria. Qui il dolore agisce da maestro. Se consideriamo la sofferenza di Gesù, dobbiamo distinguere due momenti nei quali l'intensità del dolore è massima: all'orazione nell'Orto degli Ulivi e sulla croce. Da notare però questa diversità: lì la sofferenza di Gesù, che gli fa sudare sangue, è certamente massima a causa non di un dolore fisico, bensì morale, per la previsione di quanto gli accadrà; qui invece il dolore è prevalentemente fisico, ancorché le parole del Salmo 21 pronunziate da lui facciano intendere che è anche di ordine morale.

Il dolore di Maria ai piedi della Croce è corporeo, cioè pulsa all'unisono con la psiche e l'affettività..  Non ci sono parti nel corpo di Maria che non gridano dolore! In questo senso la sofferenza della Madonna si deve situare al livello dell'agonia di Gesù nell'orto. Essa infatti non ha quel dolore fisico che è piombato sul corpo di Gesù e che forma parte del mistero redentore. Tuttavia il cuore di Maria viene dilacerato in tutte le sue fibre più intime e più sensibili. È una proprietà dell'essere umano infatti poter partecipare alle sofferenze fisiche della persona a cui si vuoi bene, nonostante esse non tocchino neppure minimamente il nostro corpo. Ciò presuppone che fra l'amante e l'amato intercorra il misterioso, ma realissimo vincolo creato dall'amore. Quanto esso è maggiormente intenso - e l'unione quindi più stretta -, qualunque colpo, qualsiasi ferita che l'amico riceve nel suo corpo riecheggia nell'animo della persona che ama con tanta maggiore intensità, producendo dolore pari o più acerbo e straziante. Maria quindi accanto a Gesù crocifisso soffre una vera passione, come Madre amatissima, come credente in grado massimo e come chi occupa il primo posto tra coloro che là imparano in maniera vissuta il mistero del dolore redentivo.
L'insegnamento che la Vergine Maria apprende lì, o meglio che lei dà a tutti noi, è questo: il dolore di Gesù deve essere la nostra massima sofferenza. Diciamo lo stesso con altre parole: né il nostro dolore fisico, che può essere tanto intenso e tanto svariato, né il nostro dolore morale - causato dalla beffa, dal disprezzo, dal vilipendio degli altri -, può  contenere una portata così grande di sofferenza, un tasso tanto forte di amarezza, quanto quello che ci proviene dal dolore sofferto da Gesù. In paragone ad esso tutti gli altri nostri dolori devono impallidire e come indietreggiare a un secondo piano d'importanza. 
Per meglio far capire il senso di questo insegnamento che ci conduce alla cima di uno dei versanti del monte della perfezione cristiana, dobbiamo ricordare l'insegnamento di san Paolo riguardo al disegno di Dio Padre, nell'attuare i suoi piani di salvezza. L'Apostolo, nel capitolo ottavo della sua lettera ai Romani, ove parla della vita nello Spirito Santo e "delle sofferenze del momento presente, che non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi" (Rom 8, 18), ci fa salire al cielo, e introducendoci nella camera di consiglio della divina Maestà, ci svela i diversi gradi stabiliti dalla Sapienza divina per condurre alla glorificazione quanti entrano e collaborano al suo piano di salvezza.. Tutti questi fortunati e beati, che sono stati predestinati, giustificati, glorificati, sono stati anche per primi chiamati secondo un preciso disegno. Ascoltiamo attentamente le parole con cui Paolo espone questo disegno divino: «Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8, 29). Da queste parole emerge nitidamente l'immagine del Figlio di Dio come 'prototipo' al quale tutti gli eletti devono conformarsi. Gesù è il capolavoro dell'amore del Padre, che ha voluto e ha saputo concentrare in lui ogni pienezza divina (Col 2, 9) e umana. Egli è il primogenito nel senso più pieno della parola, creatore, padrone del tempo e della storia, capo della Chiesa, principio e fine di tutto il creato.
Questa 'immagine' in quanto uomo e in quanto salvatore è stata scolpita dal dolore. Se in ogni vita umana la sofferenza lascia, quando è profonda, la sua impronta indelebile e modella tutto l'intimo del cuore, così in Gesù essa ha stampato il suo sigillo e fatto unica la sua effigie. La configurazione quindi con il nostro modello impone a ognuno di non indurire il proprio cuore, ma permettere che esso sia configurato all'immagine del crocifisso. Possiamo asserire che quanto più profondamente le sofferenze di Gesù, e proprio per essere sue, lasciano il loro marchio di fuoco nell'intimo del nostro essere, maggiormente siamo assimilati a lui. Maria, in virtù della sua delicatissima sensibilità di madre e la sua perfetta prossimità e unione di sentimenti amorevoli, è colei che meglio ha configurato il suo cuore ai patimenti del suo Figlio Gesù. Non c'è dubbio che tra tutte le sofferenze che la Vergine Maria ha potuto avere in questa vita, quelle provenienti dal vedere morire Gesù e morire in croce siano state le più intense e profonde. E se ogni cristiano, come fece Paolo, deve completare nella propria carne «quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24), Maria ai piedi della croce lo fa come 'prima discepola' e come egregia maestra. Ai patimenti di Cristo non manca nulla, in quanto egli è modello, e tuttavia si può dire che manchi qualcosa, in quanto dobbiamo configurarci a lui nella sofferenza e fare nostra la sua sofferenza. Così possiamo dire a tutti che la Vergine Maria impara in maniera vissuta, cioè nel suo corpo,  la lezione del dolore. Dalla presentazione al tempio fino alla croce, dove muore il suo unico Figlio,  ha fatto progressi nell'amore verso suo Dio. Il preannunzio di Simeone, che una spada trafiggerà l'anima di lei, fa consapevole Maria del bisogno di avere un cuore puro e infiammato di amore per Gesù, affinché gli insegnamenti, la vita e le sofferenze di colui che è modello da riprodurre, non diventino pietra d'inciampo, bensì causa di risurrezione. La persecuzione, la fuga, l'esilio e quanto esso comporta di sofferenza, hanno accresciuto in Maria l'amore unitivo con Gesù e l'hanno preparata perché in maniera perfetta conformasse tutto il suo essere all'immagine del Figlio, quale servo dolente e redentore, sicché la fonte più profonda delle sofferenze di Maria è stata la stessa da cui Gesù ha attinto i suoi dolori. Così la Madonna, provata nel crogiuolo della sofferenza, risplende come oro purissimo e riproduce nitidamente l'immagine del Figlio nella sua sofferenza, che sarà completata, in seguito, con perfezione insuperabile!

 Maria Cristina Siino

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