Maria ai piedi della croce
Riflessione spontanea
Quando
penso a Maria in questi giorni di Pasqua, mi accade spesso di pensare al
percorso che Lei ha fatto per arrivare alla Resurrezione del Suo Figlio. E’ la
Madre della Vita proprio perché ha partecipato in tutto alla sofferenza di Gesù.
Lei in perfetta Unità di Spirito con Dio ha collaborato alla Redenzione dell’umanità.
Come? Con il Suo Esserci, sotto la Croce, con il Suo dolore
Penso
sia legittimo vedere nella scena del Calvario il punto culminante della
sofferenza di Maria. Qui il dolore agisce da maestro. Se consideriamo la
sofferenza di Gesù, dobbiamo distinguere due momenti nei quali l'intensità del
dolore è massima: all'orazione nell'Orto degli Ulivi e sulla croce. Da notare
però questa diversità: lì la sofferenza di Gesù, che gli fa sudare sangue, è
certamente massima a causa non di un dolore fisico, bensì morale, per la
previsione di quanto gli accadrà; qui invece il dolore è prevalentemente
fisico, ancorché le parole del Salmo 21 pronunziate da lui facciano intendere
che è anche di ordine morale.
Il dolore di Maria ai piedi della Croce
è corporeo, cioè pulsa all'unisono con la psiche e l'affettività.. Non ci sono parti nel corpo di Maria che non gridano dolore! In questo senso la sofferenza della Madonna si deve situare al
livello dell'agonia di Gesù nell'orto. Essa infatti non ha quel dolore fisico
che è piombato sul corpo di Gesù e che forma parte del mistero redentore.
Tuttavia il cuore di Maria viene dilacerato in tutte le sue fibre più intime e
più sensibili. È una proprietà dell'essere umano infatti poter partecipare alle
sofferenze fisiche della persona a cui si vuoi bene, nonostante esse non
tocchino neppure minimamente il nostro corpo. Ciò presuppone che fra l'amante e
l'amato intercorra il misterioso, ma realissimo vincolo creato dall'amore.
Quanto esso è maggiormente intenso - e l'unione quindi più stretta -, qualunque
colpo, qualsiasi ferita che l'amico riceve nel suo corpo riecheggia nell'animo
della persona che ama con tanta maggiore intensità, producendo dolore pari o
più acerbo e straziante. Maria quindi accanto a Gesù crocifisso soffre una vera
passione, come Madre amatissima, come credente in grado massimo e come chi
occupa il primo posto tra coloro che là imparano in maniera vissuta il mistero
del dolore redentivo.
L'insegnamento che la Vergine Maria apprende lì, o meglio che lei dà a tutti noi, è
questo: il dolore di Gesù deve essere la nostra massima sofferenza. Diciamo lo
stesso con altre parole: né il nostro dolore fisico, che può essere tanto
intenso e tanto svariato, né il nostro dolore morale - causato dalla beffa, dal
disprezzo, dal vilipendio degli altri -, può contenere una portata così grande
di sofferenza, un tasso tanto forte di amarezza, quanto quello che ci proviene
dal dolore sofferto da Gesù. In paragone ad esso tutti gli altri nostri dolori
devono impallidire e come indietreggiare
a un secondo piano d'importanza.
Per meglio far capire il senso di questo insegnamento che ci conduce alla cima di
uno dei versanti del monte della perfezione cristiana, dobbiamo ricordare
l'insegnamento di san Paolo riguardo al disegno di Dio Padre, nell'attuare i
suoi piani di salvezza. L'Apostolo, nel capitolo ottavo della sua lettera ai
Romani, ove parla della vita nello Spirito Santo e "delle sofferenze del
momento presente, che non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere
rivelata in noi" (Rom 8, 18), ci fa salire al cielo, e introducendoci nella
camera di consiglio della divina Maestà, ci svela i diversi gradi stabiliti
dalla Sapienza divina per condurre alla glorificazione quanti entrano e
collaborano al suo piano di salvezza.. Tutti questi fortunati e beati,
che sono stati predestinati, giustificati, glorificati, sono stati anche per
primi chiamati secondo un preciso disegno. Ascoltiamo attentamente le parole
con cui Paolo espone questo disegno divino: «Quelli che egli da sempre ha
conosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio
suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8, 29). Da queste
parole emerge nitidamente l'immagine del Figlio di Dio come 'prototipo' al
quale tutti gli eletti devono conformarsi. Gesù è il capolavoro dell'amore del
Padre, che ha voluto e ha saputo concentrare in lui ogni pienezza divina (Col
2, 9) e umana. Egli è il primogenito nel senso più pieno della parola,
creatore, padrone del tempo e della storia, capo della Chiesa, principio e fine
di tutto il creato.
Questa
'immagine' in quanto uomo e in quanto salvatore è stata scolpita dal dolore. Se
in ogni vita umana la sofferenza lascia, quando è profonda, la sua impronta
indelebile e modella tutto l'intimo del cuore, così in Gesù essa ha stampato il
suo sigillo e fatto unica la sua effigie. La configurazione quindi con il
nostro modello impone a ognuno di non indurire il proprio cuore, ma permettere
che esso sia configurato all'immagine del crocifisso. Possiamo asserire che
quanto più profondamente le sofferenze di Gesù, e proprio per essere sue,
lasciano il loro marchio di fuoco nell'intimo del nostro essere, maggiormente
siamo assimilati a lui. Maria, in virtù della sua delicatissima sensibilità di madre e la sua
perfetta prossimità e unione di sentimenti amorevoli, è colei che meglio ha
configurato il suo cuore ai patimenti del suo Figlio Gesù. Non c'è dubbio che
tra tutte le sofferenze che la Vergine Maria ha potuto avere in questa vita,
quelle provenienti dal vedere morire Gesù e morire in croce siano state le più
intense e profonde. E se ogni cristiano, come fece Paolo, deve completare nella
propria carne «quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo
che è la Chiesa» (Col 1, 24), Maria ai piedi della croce lo fa come 'prima
discepola' e come egregia maestra. Ai patimenti di Cristo non manca nulla, in
quanto egli è modello, e tuttavia si può dire che manchi qualcosa, in quanto
dobbiamo configurarci a lui nella sofferenza e fare nostra la sua sofferenza.
Così possiamo dire a tutti che la Vergine Maria impara in maniera
vissuta, cioè nel suo corpo, la lezione del dolore. Dalla presentazione
al tempio fino alla croce, dove muore il suo unico Figlio, ha fatto
progressi nell'amore verso suo Dio. Il preannunzio di Simeone, che una spada
trafiggerà l'anima di lei, fa consapevole Maria del bisogno di avere un cuore
puro e infiammato di amore per Gesù, affinché gli insegnamenti, la vita e le
sofferenze di colui che è modello da riprodurre, non diventino pietra
d'inciampo, bensì causa di risurrezione. La persecuzione, la fuga, l'esilio e
quanto esso comporta di sofferenza, hanno accresciuto in Maria l'amore unitivo
con Gesù e l'hanno preparata perché in maniera perfetta conformasse tutto il
suo essere all'immagine del Figlio, quale servo dolente e redentore, sicché la
fonte più profonda delle sofferenze di Maria è stata la stessa da cui Gesù ha
attinto i suoi dolori. Così la Madonna, provata nel crogiuolo della sofferenza,
risplende come oro purissimo e riproduce nitidamente l'immagine del Figlio
nella sua sofferenza, che sarà completata, in seguito, con perfezione
insuperabile!
Maria Cristina Siino
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