martedì 15 ottobre 2013

Santa Teresa D'Avila

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“IO SARO’ L’AMORE”

Santa Teresa D’Avila

LA PREGHIERA SECONDO SANTA TERESA 
La prima definizione di preghiera che desidero condividere è una che mi viene sempre in mente quando penso a spiegare cosa sia la preghiera. È di santa Teresa di Gesù, nota meglio come Teresa d’Avila. La santa declina la preghiera in chiave di dialogo d’amicizia (tratar de amistad). «L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati» . Questa descrizione ricorda un’altra definizione semplice ma efficace della preghiera che risale a un santo del secondo secolo che definisce la preghiera come «una conversazione familiare con Dio» . Per la santa riformatrice del Carmelo, un momento scatenante della sua conversione e della sua intensa vita di orazione potrebbe essere collocato in una sosta simile a quella della samaritana davanti al pozzo di Giacobbe. Il “pozzo” dove Gesù la aspettava era una semplice immagine, procurata per una festa che si faceva in convento. Teresa entrò in oratorio e vide quell’immagine che rappresentava Cristo ricoperto di piaghe. La vista di quelle piaghe la portò a pensare all’amore infinito di Cristo e a quanto malamente essa avesse corrisposto a quell’amore. Teresa si mise in ginocchio davanti al Signore pregando che non la facesse rialzare finché non le avesse concesso di ravvedersi e di corrispondere al suo amore .
Quest’esperienza costituisce uno dei momenti sorgivi della preghiera teresiana fatta di reciproci sguardi innamorati. Vale la pena ascoltare la santa che racconta con semplicità come ha mosso i primi passi nella vita di orazione:
"Così praticavo l’orazione: non potendo discorrere con l’intelligenza, cercavo di rappresentare Cristo in me, e andavo meglio, a mio parere, dove lo scorgevo più solo. Mi pareva che, vedendolo solo e afflitto, come persona bisognosa, dovesse accogliermi. utilizzavo molte di queste semplicità. In particolare mi sentivo a mio agio nella preghiera dell’orto degli ulivi. In questa lo accompagnavo. Mi concentravo sul sudore e sul dolore che aveva patito, se mi riusciva. Desideravo asciugarlo da quel penoso sudore. Ma ricordo che non osavo spingermi a tanto, non appena mi si facevano presenti i miei peccati. Restavo lì con lui finché me lo permettevano i pensieri; molti pensieri mi tormentavano. Per anni, la maggior parte delle sere prima di addormentarmi, quando per prendere sonno mi raccomandavo a Dio, meditavo il passo dell’orazione nell’orto degli ulivi; fin da prima d’essere monaca, perché mi avevano detto che se ne traevano molte indulgenze. Sono certa che la mia anima ne abbia guadagnato molto: iniziai a fare orazione senza accorgermene, e l’abitudine faceva sì che non la tralasciassi, così come non mi dimenticavo di farmi il segno della Croce prima di addormentarmi ".
È probabilmente in questa semplice e umile esperienza che il Signore ha trovato il punto d’innesto della grazia straordinaria di preghiera per la quale la santa è molto nota.
Un’altra definizione di preghiera che si connette con quest’esperienza e la esplica sotto un’altra luce è quella dello scambio di sguardi, anzi del dialogo degli sguardi che diventa dialogo di vita e d’amore. Nel Cammino di perfezione, libro rivolto inizialmente alle sue monache, Teresa raccomanda: «Il vostro Sposo non distoglie mai lo sguardo da voi. Da parte vostra ha sopportato mille spiacevolezze e abomini, e questo non è bastato perché smettesse di guardarvi. Vi costa così tanto, una volta tolti gli occhi dalle cose esteriori, concentrarli su di lui? guardate che, come dice la sposa, non attende altro che il nostro sguardo» .
Da alcuni anni a questa parte, questa è la mia definizione di preghiera: la preghiera è tuffarsi nello sguardo innamorato di Cristo su di noi. Non per perdersi o perdere tempo, ma per ritrovare la propria identità, in Cristo, e a partire da questa luce ritrovata, essere luce nel mondo. Mi trovo in ottima compagnia tra Teresa d’Avila e un altro beato che ammiro molto, Charles de Foucauld, che definisce la preghiera sempre in chiave di dialogo e di sguardi: «Quando amiamo, vorremmo dialogare sempre con la persona amata, o almeno vogliamo guardarla senza interruzione. La preghiera non è altro che questo: il dialogo familiare con il nostro Amato. Lo guardiamo, gli diciamo che lo amiamo, gioiamo di essere ai suoi piedi» .
Si nota la natura affettiva della preghiera nell’insegnamento di Teresa. È lei stessa a dirlo esplicitamente: "l'essenza dell’orazione consiste non nel molto pensare, ma nel molto amare . Ora per evitare che la sua idea di preghiera sia confusa come astratte e alienanti effusioni affettive, la santa chiarisce subito che quest’amore deve essere effettivo: «Amare non vuole dire provare maggiori piaceri spirituali, ma voler accontentare con maggiore determinazione, e in tutto, Dio» .

Esiste una bellezza che và al di là del semplice soddisfacimento dei sensi e che coinvolge l’ambito intellettivo e spirituale? Coloro che hanno conosciuto santa Teresa d’Avila, raccontano che era una donna molto bella; aveva i capelli neri e le mani bellissime, il viso proporzionato, la carnagione bianchissima, il sorriso amabile e quando parlava di Dio si animava di una forza incantevole. Nella sua autobiografia, Teresa, dice: “Dio mi ha dato la grazia di piacere a chiunque”. Davvero estesa è la produzione letteraria della Santa nella quale traviamo: l’autobiografia, le relazioni spirituali, il cammino di perfezione, il castello interiore, i pensieri sull’amore di Dio, le esclamazioni dell’anima a Dio, le fondazioni, le costituzioni delle carmelitane scalze, le poesie. In Teresa d’Avila individuiamo l’instancabile e paziente Maestra spirituale, l’intermediatrice di un’umanità che attende di essere liberata dall’inquietudine e dalla sofferenza, o che aspira ad una maggiore perfezione cristiana, l’umile religiosa  che si dedica alle consorelle, l’imputata di tanti processi civili e religiosi, ma anche la vittima dei tormenti di Satana che vedeva in Teresa d’Avila una grande nemica. Estasi e visioni costellano la vita della santa ed ogni volta che le visioni terminano, in Lei lasciano una sensazione di disorientamento, come se la realtà non avesse più un confine nitido con la realtà, mentre le estasi Le provocano uno profondo spossamento, come dopo un atto irruento e passionale, ma capace di infondere anche pace, dolore e dolcezza. Per comprendere quanto l’Amore di Dio fosse esclusivo nei riguardi di Teresa d’Avila, riporto la seguente testimonianza autobiografica: “Pensando poi alla miseria di questa vita che ci impedisce di stare sempre in quell’ammirabile compagnia, andavo dicendo tra me: Signore, datemi qualche mezzo per poterla sopportare! Ed Egli: “Pensa, figliola, che dopo morte non mi potrai più servire come ora. Mangia per me, dormi per me, quello che fai fallo per me, come se non vivessi più per te, ma solo per me”. Anche il seguente racconto autobiografico, rivela quanto una visione può avere una connotazione sensoriale quasi tangibile e che qui rendo fedelmente: “La domenica delle Palme, appena fatta la comunione, mi trovai in così grande sospensione da non poter neppure inghiottire la Sacra Ostia. Tornata alquanto in me stessa, e avendola ancora in bocca, mi parve che la bocca mi si riempisse di sangue, e che di sangue mi sentissi bagnato il volto e tutta la persona: un sangue caldo, come se nostro Signore l’avesse versato allora, allora”. Gli insegnamenti della Santa arrivano all’apice con l’opera, il “Castello interiore” dove con la metafora delle stanze, Teresa spiega come sia possibile che le anime dalla prima stanza, o al di fuori del castello, cioè nello stato di peccato mortale, giungano alla settima stanza, la stanza più vicina a Dio. Ma Teresa d’Avila è una mistica e la poesia costituisce il linguaggio a lei più congeniale, in quanto con meraviglia si entra nel suo stato di grazia. La poesia che meglio di altre rappresenta lo specchio interiore della Santa. È un idillio cosi soave quello che si svolge tra l’anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento”. Santa Teresa d’Avila il cui nome civile era Teresa Sánchez de Cepeda Ávila y Ahumada, nacque ad Ávila il 28 marzo 1515, morì ad Alba de Tormes il 15 ottobre 1582, venne santificata il 12 marzo 1622 e nel 1970 è stata dichiarata Dottore della Chiesa.
                                                         

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