martedì 26 maggio 2015

San Filippo Neri

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SAN FILIPPO NERI
«Beati voi giovani che avete tempo di fare il bene»
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Filippo Neri nacque a Firenze il 21 luglio 1515 da Francesco e Lucrezia da Mosciano. Sono poche le notizie sulla sua infanzia. Una delle poche testimonianze che ci sono giunte è quella della sorella Elisabetta che lo descrive di carattere allegro e altruista, tanto da essere soprannominato “Pippo il buono”, ma non particolarmente devoto alla Chiesa. Negli anni della fanciullezza frequentò il convento di San Marco nel quale venne a contatto con la spiritualità del Savonarola, ancora viva negli anni della crisi politica della repubblica e dell’assedio di Firenze (1527-1530). Filippo lasciò la città all’età di 18 anni per recarsi a lavorare in Campania presso un parente. A Firenze non sarebbe più tornato. Ma ben presto scelse un’altra destinazione: Roma. Nella città del Papa, Filippo giunse all’età di vent’anni e qui rimase fino alla morte. Filippo Neri conobbe una città corrotta e pericolosa, sì, ma anche nel pieno di profondi mutamenti, soprattutto religiosi e spirituali. Qui Filippo iniziò un’esperienza pastorale significativa, che lo vide impegnato con le classi meno abbienti della città nella direzione spirituale, nella confessione e nella spiegazione delle Sante Scritture. Radunò attorno a sé un gruppo di ragazzi di strada, avvicinandoli alle celebrazioni liturgiche e facendoli divertire, cantando e giocando senza distinzioni tra maschi e femmine, in quello che sarebbe, in seguito, divenuto l'Oratorio, sviluppatosi attorno alla Chiesa di Santa Maria della Vallicella, detta Chiesa Nuova per gli importanti restauri voluti proprio dal Neri. Per il suo carattere burlone, fu anche chiamato il «santo della gioia» o il «giullare di Dio». Filippo Neri, grande Santo ed educatore ci insegna ancora oggi che è possibile educare i giovani oltre che con l’amore, che deve contraddistinguere ogni educatore, anche con la gioia. La gioia deve essere ed è la caratteristica di noi cristiani.
Saper educare con amore e gioia è un’arte! Filippo, che amava il titolo di “Padre”, amava i suoi giovani ed i giovani lo amavano.
Essere educatore oggi è saper cogliere ciò che San Filippo Neri aveva ben capito: far dimorare lo Spirito Santo in noi. Filippo ed il suo Oratorio era un “laboratorio alla fede” fu espressione di un’anima eccezionalmente interiore e di una mente straordinariamente aperta, animato dal più puro affetto per l’uomo (seppur giovane) concreto, incontrato nella realtà della vita.
Un buon educatore deve parlare al cuore, saper cogliere l’originalità e l’unicità dell’anima del giovane, rispettandolo e guidarlo nella Chiesa ad una vera amicizia con Cristo. Padre Filippo, nella sua “pedagogia”, trovò anche per i ragazzi delle forme adatte all’età ed alle loro esigenze, ma senza omettere di chiedere ad essi un deciso cammino di crescita, prendendo coscienza che l’essere cristiani ha bisogno di tutto noi stessi e delle nostre qualità che il Signore ci ha donato. Coltiva per tutta la vita questo spirito di contemplazione, alimentato anche da fenomeni straordinari, come quello della Pentecoste del 1544, quando, nelle catacombe di San Sebastiano, durante una notte di intensa preghiera, riceve in forma sensibile il dono dello Spirito Santo che gli dilata il cuore infiammandolo di un fuoco che gli arderà nel petto fino al termine dei suoi giorni. Fu, quello, un evento che lo portò alla vita da eremita per le vie della città, a dormire anche sotto i portici delle Chiese, avvicinando i ragazzacci che lo prendevano in giro per gli stracci con cui si vestiva, ma che conquistava sempre con i suoi giochi e il suo spirito allegro. Cominciò ad occuparsi anche dei malati che nessuno, tranne pochi volontari, voleva curare (presso gli ospedali di San Giovanni e Santo Spirito), dei poveri nella Confraternita della Carità e dell’oratorio del Divino Amore. La sua cordialità, l’essere lieto, capace di scherzare, di divertirsi e di divertire, si contrappone ad un asceta rigoroso, capace di proporsi e di proporre un esercizio che non esclude un sano impiego della volontà.
Nella festa liturgica che ricorda la sua nascita in cielo, avvenuta nel 1595, possiamo chiedere a gran voce al Profeta della gioia, Apostolo di Roma e protettore dei fanciulli: “Padre Filippo insegnaci ad educare con amore….e gioia!”

Ecco alcuni pensieri del Santo . . . . o perle di saggezza!!!
L'amore di Dio
Chi vuole altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che si voglia. Chi domanda altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che domanda. Chi opera e non per Cristo, non sa quello che si faccia.
L'anima che si dà tutta a Dio, è tutta di Dio.
Quanto amore si pone nelle creature, tanto se ne toglie a Dio.
All'acquisto dell'amor di Dio non c'è più vera e più breve strada che staccarsi dall'amore delle cose del mondo ancor piccole e di poco momento e dall'amor di se stesso, amando in noi più il volere e servizio di Dio, che la nostra soddisfazione e volere.
Come mai è possibile che un uomo il quale crede in Dio, possa amare altra cosa che Dio?
La grandezza dell'amor di Dio si riconosce dalla grandezza del desiderio che l'uomo ha di patire per amor suo.
A chi veramente ama Dio non può avvenire cosa di più gran dispiacere quanto non aver occasione di patire per Lui.
Ad uno il quale ama veramente il Signore non è cosa più grave, né più molesta quanto la vita.
I veri servi di Dio hanno la vita in pazienza e la morte in desiderio.
Un'anima veramente innamorata di Dio viene a tale che bisogna che dica: Signore, lasciatemi dormire: Signore, lasciatemi stare.

Presenza in Dio e confidenza in Lui
- Spesso esortava i suoi figli spirituali che pensassero di aver sempre Dio davanti agli occhi.
- Chi non sale spesso in vita col pensiero in Cielo, pericola grandemente di non salirvi dopo morte.
- Paradiso! Paradiso! era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana.
- Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che se vorrà qualche cosa da voi, vi farà buoni in tutto quello in cui vorrà adoperarvi.
- Bisogna avere grande fiducia in Dio, il quale è quello che è stato sempre: e non bisogna sgomentarsi per cosa accada in contrario.

La volontà di Dio
- Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Gesù mio.
- Quando l'anima sta rassegnata nelle mani di Dio, e si contenta del divino beneplacito, sta in buone mani, ed è molto sicura che le abbia ad intervenire bene.
- Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero.
- E' ottimo rimedio, nel tempo delle tribolazioni e aridità di spirito, l'immaginarsi di essere come un mendico, alla presenza di Dio e dei Santi, e come tale andare ora da questo Santo, ora da quell'altro a domandar loro elemosina spirituale, con quell'affetto e verità onde sogliono domandarla i poveri. E ciò si faccia alle volte
corporalmente, andando ora alla Chiesa di questo Santo, ed ora alla Chiesa di quell'altro a domandar questa santa elemosina.
- Al P. Antonio Gallonio, fortemente tormentato da una interna tribolazione, S. Filippo diceva: Abbia pazienza, Antonio: questa è la volontà di Dio. Abbi pazienza, sta saldo; questo è il tuo Purgatorio.
- A chi si lamentava di certe prove diceva: Non sei degno, non sei degno che il Signore ti visiti.
- Quietati che Dio la vuole, disse una volta ad una mamma a cui moriva una piccola figlia, e ti basta essere stata balia di Dio.

Desiderio di Perfezione
- Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni.
- Bisogna desiderare di far cose grandi per servizio di Dio, e non accontentarsi di una bontà mediocre, ma aver desiderio (se fosse possibile) di passare in santità ed in amore anche S. Pietro e S. Paolo: la qual cosa, benché l'uomo non sia per conseguire, si deve con tutto ciò desiderare, per fare almeno col desiderio quello che non
possiamo colle opere.
- Non è superbia il desiderare di passare in santità qualsivoglia Santo: perché il desiderare d'essere santo è desiderio di voler amare ed onorare Dio sopra tutte le cose: e questo desiderio, se si potesse, si dovrebbe stendere in infinito, perché Dio è degno d'infinito onore.
- La santità sta tutta in tre dita di spazio, e si toccava la fronte, cioè nel mortificare la razionale, contrastando cioè a se stesso, all'amore proprio, al proprio giudizio.
- La perfezione non consiste nelle cose esteriori, come in piangere ed altre cose simili, e le lacrime non sono segno che l'uomo sia in grazia di Dio.
- Parlando il Santo di spirito e della perfezione diceva: Ubbidienza, Umiltà, Distacco!
La Preghiera
- L'uomo che non fa orazione è un animale senza ragione.
- Il nemico della nostra salute di nessuna cosa più si contrista, e nessuna cosa cerca più impedire che l'orazione.
- Non vi è cosa migliore per l'uomo che l'orazione, e senza di essa non si può durar molto nella vita dello spirito.
- Per fare buona orazione deve l'anima prima profondissimamente umiliarsi e conoscersi indegna di stare innanzi a tanta maestà, qual è la maestà di Dio, e mostrare a Dio il suo bisogno e la sua impotenza, ed umiliata gettarsi in Dio, che Dio le insegnerà a fare orazione.
- La vera preparazione all'orazione è l'esercitarsi nella mortificazione: perché il volersi dare alla orazione senza questa è come se un uccello avesse voluto incominciar a volare prima di metter le penne.
- Ai giovani diceva: Non vi caricate di troppe devozioni, ma intraprendetene poche, e perseverate in esse. Non tante devozioni, ma tanta devozione.

L'Umiltà

- Figliuoli, siate umili, state bassi: siate umili, state bassi.
- Umiliate voi stessi sempre, e abbassatevi negli occhi vostri e degli altri, acciò possiate diventar grandi negli occhi di Dio.
- Dio sempre ha ricercato nei cuori degli uomini lo spirito d'umiltà, e un sentir basso di sè. Non vi è cosa che più dispiaccia a Dio che l'essere gonfiato della propria stima.
- Non basta solamente onorare i superiori, ma ancora si devono onorare gli eguali e gli inferiori, e cercare di essere il primo ad onorare.
- Per fuggire ogni pericolo di vanagloria voleva il Santo che alcune devozioni particolari si facessero in camera, ed esortava che si fuggisse ogni singolarità. A proposito della vanagloria diceva: Vi sono tre sorta di vanagloria. La prima è Padrona e si ha quando questa va innanzi all'opera e l'opera si fa per il fine della
vanagloria. La seconda è la Compagna e si ha quando l'uomo non fa l'opera per fine di vanagloria, ma nel farla sente compiacenza. La terza è Serva e si ha quando nel far l'opera sorge la vanagloria, ma la persona subito la reprime.
- Per acquistare il dono dell'umiltà sono necessarie quattro cose: disprezzare il mondo, non disprezzare alcuno, disprezzare se stesso, non far conto d'essere disprezzato. E
soggiungeva, rispetto all'ultimo grado: A questo non sono arrivato: a questo vorrei arrivare.
- Fuggiva con tutta la forza ogni sorta di dignità: Figliuoli miei, prendete in bene le mie parole, piuttosto pregherei Iddio che mi mandasse la morte, anzi una saetta, che il pensiero di simili dignità. Desidero bene lo spirito e la virtù dei Cardinali e dei Papi,
ma non già le grandezze loro.

La Mortificazione

- Figliuoli, umiliate la mente, soggettate il giudizio.
- Tutta l'importanza della vita cristiana consiste nel mortificare la razionale.
- Molto più giova mortificare una propria passione per piccola che sia, che molte astinenze, digiuni e discipline.
- Quando gli capitava qualche persona che avesse fama di santità, era solito provarla con mortificazioni spirituali e se la trovava mortificata e umile, ne teneva conto, altrimenti l'aveva per sospetta, dicendo: Ove non è gran mortificazione, non può
esservi gran santità.
- Le mortificazioni esteriori aiutano grandemente all'acquisto della mortificazione interiore e delle altre virtù.

L'Obbedienza

- L'obbedienza buona è quando si ubbidisce senza discorso e si tiene per certo quello che è comandato è la miglior cosa che si possa fare.
- L'obbedienza è il vero olocausto che si sacrifica a Dio sull'altare del nostro cuore, e bisogna sforzarci d'obbedire anche nelle cose piccole, e che paiono di un momento, poiché in questo modo la persona si rende facile ad essere obbediente nelle cose maggiori.
- E' meglio obbedire al sagrestano e al portinaio quando chiamano, che starsene in camera a fare orazione.
- A proposito di colui che comandava diceva: Chi vuol esser obbedito assai, comandi poco.

La Gioia Cristiana

- Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che siate allegri.
- Non voglio scrupoli, non voglio malinconie. Scrupoli e malinconie, lontani da casa mia.
- L'allegrezza cristiana interiore è un dono di Dio, derivato dalla buona coscienza, mercé il disprezzo delle cose terrene, unito con la contemplazione delle celesti...Si oppone alla nostra allegrezza il peccato; anzi, chi è servo del peccato non può neanche assaporarla: le si oppone principalmente l'ambizione: le è nemico il senso, e molto altresì la vanità e la detrazione. La nostra allegrezza corre gran pericolo e spesso si perde col trattare cose mondane, col consorzio degli ambiziosi, col diletto degli spettacoli.
- Ai giovani che facevano chiasso, a proposito di coloro che si lamentavano, diceva: Lasciateli, miei cari, brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto vostro, e state allegramente, perché altro non voglio da voi se non che non facciate peccati. E
quando doveva frenare l'irrequietezza dei ragazzi diceva: State fermi( e, sotto voce), se potete.

La Devozione a Maria

- Figliuoli miei, siate devoti della Madonna: siate devoti a Maria.
- Sappiate, figliuoli, e credete a me, che lo so: non vi è mezzo più potente ad ottenere le grazie da Dio che la Madonna Santissima.
- Chiamava Maria il mio amore, la mia consolazione, la mamma mia.
- La Madonna Santissima ama coloro che la chiamano Vergine e Madre di Dio, e che nominano innanzi a Lei il nome santissimo di Gesù, il quale ha forza d'intenerire il cuore.

La Confessione

- La confessione frequente de' peccati è cagione di gran bene all'anima nostra, perché la purifica, la risana e la ferma nel servizio di Dio.
- Nel confessarsi l'uomo si accusi prima de' peccati più gravi e de' quali ha maggior vergogna: perché così si viene a confondere più il demonio e cavar maggior frutto dalla confessione.

La Tentazione

- Le tentazioni del demonio, spirito superbissimo e tenebroso, non si vincono meglio che con l'umiltà del cuore, e col manifestare semplicemente e chiaramente senza coperta i peccati e le tentazioni al confessore.
- Contro le tentazioni di fede invitava a dire: credo, credo, oppure che si recitasse il Credo.
- La vera custodia della castità è l'umiltà: e però quando si sente la caduta di qualcuno, bisogna muoversi a compassione, e non a sdegno: perché il non aver pietà in simili casi, è segno manifesto di dover prestamente cadere.
- Ai giovani dava cinque brevi ricordi: fuggire le cattive compagnie, non nutrire delicatamente il corpo, aborrire l'ozio, fare orazione, frequentare i Sacramenti spesso, e particolarmente la Confessione.

Giaculatorie

Padre Zazzara diceva che il Santo lodava molto le giaculatorie, ed in diversi tempi dell'anno gliele insegnava e ne faceva dire ogni giorno quando una, quando un'altra.
- Per tenere vivo il pensiero della divina presenza ed eccitare la confidenza in Dio sono utilissime alcune orazioni brevi e quelle spesse volte lanciare verso il cielo tra il giorno, alzando la mente a Dio da questo fango del mondo: e chi le usa, ne ricaverà frutto incredibile con poca fatica. -




Maria Cristina Siino, 26 Maggio 2023

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