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"PANDEMIA E NEO - FRAGILITA' NELLA VITA SOCIOAFFETTIVA E RELAZIONALE"
Domenica 21 Marzo 2021 ore 17,30
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Maria Cristina Siino, psicoterapeuta
Non è vero che abbiamo poco tempo:
la verità è che ne perdiamo molto."
Seneca
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“ Come ogni situazione estrema, una malattia porta alla luce quanto
di meglio e di peggio c’è in ciascun individuo”,
Susan Sontag,
(Malattia come metafora.)
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PREMESSA
COVID-19 è il nome di una malattia respiratoria potenzialmente mortale causata dalla presenza del virus meglio conosciuto come SARS-CoV-2. Tuttavia, COVID-19 non è soltanto il nome di una malattia, ma un nome con cui abbiamo dovuto iniziare a familiarizzare, un nome di cui avere paura, un nome che ha determinato diversi cambiamenti, individuali e collettivi, un nome che ha causato diverse migliaia di morti in tutto il mondo, un nome che ha modificato drasticamente la vita quotidiana e anche il modo di pensarci e di viverci nel mondo. Oltre agli aspetti propriamente clinici della sofferenza fisica, la letteratura ha messo in evidenza come molte persone, a causa del Covid, soffrono anche di una forte compromissione psicologica, a causa delle gravi conseguenze della malattia e della paura del contagio. La presenza di angoscia, paura della morte, di ammalarsi, ansia e disperazione rappresentano alcune delle reazioni comuni di fronte alla percezione del rischio di contrarre il virus. Alcuni soggetti hanno anche manifestato un aumento dell' aggressività (e una tendenza a ricorrere al suicidio come soluzione immediata del problema.) E' vero che ognuno di noi, in questo periodo di emergenza e incertezza, ha pensato almeno una volta alla morte. Le fragilità psicologiche di cui parleremo in questa sede ci sono sempre state, ma l'espressione di ognuna di esse, in questo tempo di pandemia, ha un colore e una forma nuova proprio perchè riflettono, in maniera prepotente, dell'influenza del "mostro" che ci insegue oramai da più di un anno.
Nella parola “fragilità ” risiede il significato di vulnerabilità , di sensibilità e di ipersensibilità . Negli anni precedenti alla pandemia credevamo che la fragilità appartenesse solo a qualcuno. Ritenevamo debole il bambino in fase di crescita, l'adolescente o il ragazzo diversamente abile, le coppie in crisi, l’anziano bisognoso di cure, la madre malata e i padri e le madri soli. All’improvviso, invece, tutti ci siamo riscoperti fragili, tutti, o quasi, potenzialmente instabili nelle mani di un virus. Abbiamo scoperto (a malincuore) oggettivamente che la fragilità non appartiene solo a qualcuno ma è qualcosa di naturalmente umano che ci riguarda tutti.
Che cos’è la fragilità ? Cosa ci viene in mente pensando a questa parola? Spesso la si collega alla commiserazione e alla pena. Fragile è infatti qualcosa che si può rompere, è un equilibrio precario. Nessuno vorrebbe riconoscersi in questa parola. E' bello invece ritrovarsi dentro il significato della parola "Forte". Ma la verità è che la fragilità è una caratteristica intrinseca nella natura umana. Riconoscendoci e rispecchiandoci nella fragilità , riscopriamo la nostra umanità , nella nostra umanità riscopriamo la nostra empatia e la capacità di prenderci cura dell’altro.
Tendenzialmente questa società la vuole escludere, se non addirittura eliminare! Credo però che sia arrivato proprio il tempo, ed è questo, in cui tutti noi dovremmo prendere coscienza dell'immenso valore della fragilità . Facendo questo la debolezza che sperimentiamo in questo "mare in tempesta" in cui ci troviamo può trasformarsi in à ncora di comunione con Dio e con gli altri, da handicap può diventare risorsa. Così come ha fatto San Paolo che nella sua fragilità ha sentito la potenza di Dio fino a portarlo ad affermare "Quando sono debole è allora che sono forte"!!!
Ansia e Covid
In tempi così duri per la nostra stabilità emotiva, spesso ci succede di sperimentare stati d’ansia e di agitazione. La paura che genera questa pandemia globale è assolutamente comune e negarla significherebbe chiudere gli occhi davanti alla realtà dei fatti: il virus non ha solo conseguenze sulla salute del corpo, ma anche su quella della mente. Incubi, pensieri invalidanti, ansia, insonnia, attacchi di panico sono solo alcuni dei sintomi che potrebbero colpire chiunque di fronte ad un’esperienza così traumatica, che sconvolge le abitudini di tutti. L’ansia è caratterizzata da uno stato interno di malessere sia fisico (tachicardia, respiro affannoso, sudorazione, senso di nodo alla gola, ecc.) che psichico (paura, senso di allerta, smarrimento) dove la persona vive un intenso stato di allarme senza essere in grado spesso di individuarne ragionevoli motivi. Nonostante le migliori intenzioni e tutti i pensieri che la persona possa fare per cercare di tranquillizzarsi l’ansia non scompare. E’ come una specie di paura senza l’oggetto della paura, può avere delle fasi acute ma anche esistere come substrato costante della personalità . L’ansia è una reazione fisiologica dell’organismo collegata alla paura. E la paura è un segnale di pericolo. Quello che spesso accade è che confondiamo la paura con il pericolo.
Iniziamo a fare le differenze. La paura è una risposta emotiva ad una minaccia incombente, reale o percepita, mentre l’ansia è scatenata dalla percezione di una minaccia che potrebbe accadere in futuro. Spesso si tende ad etichettare qualsiasi sentimento spiacevole, anche quando si tratta di rabbia, frustrazione, paura, tristezza, con il termine "depressione". Niente di più improprio. La depressione si configura come una patologia dalle numerose sfaccettature e classificazioni, a seconda del tipo, della durata e della gravità dei sintomi. Chi ne soffre ha un significativo peggioramento della qualità della vita e limitazioni nelle attività quotidiane. Attualmente non esistono particolari analisi oppure esami per la diagnosi: l'unico strumento è il colloquio, fondamentale per individuare la forma di depressione e per identificarne i sintomi, il loro impatto e la durata. In questo contesto ne dobbiamo necessariamente parlare anche se non in maniera approfondita perchè questa malattia, oggi, è in continua espansione e bisogna intervenire prima che aumentano i casi. Ci limiteremo qui a riconoscerne i sintomi più frequenti: alterazione dell'umore, apatia, stanchezza, alterazione ciclo sonno veglia, scarsa concentrazione, sentimenti di autosvalutazione accompagnati da sensi di colpa. Sintomi che a causa della pandemia in corso si possono purtroppo manifestare con più forza e intensità .
PAURA DELLA MORTE
Attacco di panico
La paura della morte è un disturbo nevrotico che affligge milioni di persone in tutto il mondo; è un pensiero tipico che ritroviamo durante il primo attacco di panico. Infatti, la persona che sperimenta un attacco di panico, può temere di perdere il controllo, di impazzire o di morire. Un attacco di panico può verificarsi quando una persona ha alti livelli di ansia. L'ansia è una risposta naturale allo stress, ma se i livelli di ansia diventano troppo alti, questo eccesso può portare al panico. Quando il cervello riceve costantemente avvisi di pericolo, allerta la ghiandola surrenale per rilasciare adrenalina, che a volte è chiamata epinefrina o l'ormone "lotta o fuga". Chiunque abbia fatto anche una sola esperienza di attacchi di panico dovrebbe ricorrere a cure mediche specifiche (psicoterapia e non solo) soprattutto nella fase iniziale, questo per impedire il peggioramento dei sintomi e prevenire complicazioni. Una scarica di adrenalina può accelerare il battito cardiaco e aumentare la pressione sanguigna e la frequenza respiratoria. Queste sono tutte caratteristiche di un attacco di panico che possono portare a credere di stare per avere un infarto, un’ischemia e di essere quindi in punto di morte. Solitamente gli accertamenti medici scongiurano questa eventualità , ma la persona che ha avuto l'esperienza col panico ne rimane così profondamente coinvolta che teme con ansia di poterci ricascare di nuovo ( la paura della paura ). La paura di morire è inoltre più frequente in chi soffre di ansia, ipocondria e depressione e può costituire uno dei sintomi di questi disturbi.
Ma è pur vero che ho paura della morte quando ho paura di vivere!!! La paura di morire nasce principalmente dal nostro desiderio positivo di vivere, di esserci, di esistere. Siamo talmente attaccati alla vita che abbiamo paura che tutto finisca. È evidente che non abbiamo paura di perdere cose di poco valore, ma la paura di morire è la paura di perdere la cosa più preziosa che esista. La paura di morire è strettamente legata alla natura dei nostri pensieri. Affrontare la paura attraverso la consapevolezza della mortalità ci permette di vivere bene il "qui e ora". Rimanere nel "qui ed ora" è uno dei modi migliori per affrontare la paura di morire. Se io sono concentrato sulle cose/relazioni belle che vivo ogni giorno ( a casa, a lavoro, in chiesa dovunque mi trovo), se metto entusiasmo e passione in ogni azione, in ogni rapporto, se lavoro con gioia, se uso il mio tempo con allegria e ottimismo, difficilmente mi metterò a pensare alla morte. Paradossalmente è quando abbiamo paura di vivere (perché non siamo felici), che subentra la paura di morire. Certo, abbiamo il pessimo vizio di considerarci immortali e vivere come se non dovessimo morire mai, ma di fatto la paura della morte sopraggiunge non solo se apriamo la porta ai pensieri negativi ma anche quando resistiamo ad affidarci ad una RELAZIONE sana e nutriente. I motivi della resistenza possono essere diversi, giustissimi ma è sempre conveniente lavorarci perchè possiamo sentirci "dentro" il pensiero e il cuore dell'altro, in una parola "in - relazione".
Perché non bisogna avere paura?
Perchè la paura mette in condizione di difesa il nostro sistema neurovegetativo autonomo e pertanto i meccanismi corrispondenti, quelli del controllo, uniti a quello dell'attacco e della fuga ci pongono in una condizione di costante allarme. In questo modo produciamo sostanze dannose come il cortisolo, l’adrenalina e noradrenalina. Tutte sostanze che portano in grande stress il nostro sistema immunitario e la nostra mente!!!
Dovremmo cercare, per quanto possibile, di recuperare serenità e tranquillità di cui il nostro organismo necessita, “normalizzando” questa, a dir poco surreale situazione pandemica che stiamo vivendo tutti.. Il modo per riuscirci è dentro di noi...è un antidoto potente che si chiama FEDE, ma purtroppo spesso lo dimentichiamo!!! La paura è il peggior nemico della fede. Per quanto le parole che spesso ascoltiamo siano rassicuranti ( Dio ti ama, Dio ti è vicino, Dio accompagna sempre il tuo cammino), abbiamo paura di credere, di affidarci alla Parola di un Dio che non ci abbandona mai, proprio per il timore di rimanere delusi. Del resto, è già difficile fidarsi di un essere umano che ci vuole bene, senza provare la paura di essere abbandonati. La fede comporta sempre un margine di insicurezza e di rischio. Eppure è anche vero che, se non crediamo, moriamo.
Se il nostro cuore non si apre mai alla fiducia, allora rimaniamo prigionieri del sospetto e della paura, col rischio di cadere nella disperazione. Se non abbiamo il coraggio di rischiare, evitiamo ciò che di negativo possibile, ma ci priviamo anche del positivo. Avere fiducia è una legge fondamentale della vita. E' il presupposto. L'istinto della vita è più forte della paura!!!La fede, infatti, non chiede altro che la capacità di fidarsi di un Dio che ci conosce più di quanto noà conosciamo noi stessi e che quindi provvederà a noi più e meglio di quanto potremmo fare da soli. D'altra parte, una persona che non è capace di credere e di affidarsi a un altro, non sarà neppure capace di ispirare fiducia e di spingere altre persone ad affidarsi a lui. Anche la fiducia è contagiosa e si trasmette per vasi comunicanti: chi crede può spingere altri a credere ( pensiamo a quanto è importante trasmettere fiducia ai nostri figli!!!), ma chi non crede a niente e non ha fiducia muore solo, senza portare frutto.
Se il nostro cuore non si apre mai alla fiducia, allora rimaniamo prigionieri del sospetto e della paura, col rischio di cadere nella disperazione. Se non abbiamo il coraggio di rischiare, evitiamo ciò che di negativo possibile, ma ci priviamo anche del positivo. Avere fiducia è una legge fondamentale della vita. E' il presupposto. L'istinto della vita è più forte della paura!!!La fede, infatti, non chiede altro che la capacità di fidarsi di un Dio che ci conosce più di quanto noà conosciamo noi stessi e che quindi provvederà a noi più e meglio di quanto potremmo fare da soli. D'altra parte, una persona che non è capace di credere e di affidarsi a un altro, non sarà neppure capace di ispirare fiducia e di spingere altre persone ad affidarsi a lui. Anche la fiducia è contagiosa e si trasmette per vasi comunicanti: chi crede può spingere altri a credere ( pensiamo a quanto è importante trasmettere fiducia ai nostri figli!!!), ma chi non crede a niente e non ha fiducia muore solo, senza portare frutto.
LE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE DA COVID-19
più ricorrenti
L'IPOCONDRIA
O "MALATTIA DEL MALATO IMMAGINARIO"
In medicina, e più informalmente nel linguaggio comune, il termine ipocondria si riferisce ad un disturbo psichico caratterizzato da una preoccupazione eccessiva e infondata di una persona riguardo alla propria salute, con la convinzione che qualsiasi presunto sintomo avvertito nel CORPO possa essere segno o rivelare una qualche patologia. Chi soffre di ipocondria viene detto ipocondriaco o, nel linguaggio comune, malato immaginario. La sofferenza di una persona ipocondriaca è reale, pertanto non va mai sminuita né sottovalutata. Chi è ipocondriaco deve spesso fare i conti con l’insofferenza e l’incomprensione degli altri che, “liquidano” il suo malessere con frasi del tipo “stai tranquillo, non hai nulla, sei in perfetta salute, stai sereno…non ci pensare, sei solo fissato ecc.”....peggiorando di gran lunga il suo malessere ( incompreso).
Per evitare di entrare nel circolo vizioso dell’ansia e preoccupazione eccessiva per la propria salute è consigliabile innanzitutto stare lontano dal “dottor Google”. Diverse ricerche mostrano come le persone sperimentano un livello di ansia più alto dopo aver effettuato estenuanti ricerche su internet. Chi soffre di questo disturbo si misurerà ossessivamente molto di più di prima la febbre, sarà costantemente allerta per accertarsi di non aver perso la capacità di sentire gli odori e i sapori, farà in modo di sottoporsi a frequenti test sierologici o tamponi, cercherà continuamente rassicurazioni presso il proprio medico di famiglia, oppure on-line (con il rischio d’incorrere in fake news o avvalersi di rimedi home made inefficaci). Ad ogni segnale del proprio corpo, passato minuziosamente ai raggi x, si autoconvincerà di aver contratto il virus. Se si possiede un buon livello di autoconsapevolezza e si riesce a gestire l’impulso di controllare in continuazione i propri sintomi corporei (o quelli dei nostri familiari, come figli e coniuge), è possibile che il disturbo si trovi ancora in una fase iniziale. Diversamente, anche in questo caso, è necessario un aiuto specifico e tempestivo.
IL DETERIORAMENTO DELLE RELAZIONI
Avremmo tutti bisogno di abbracci. Più del solito. E, invece, ci troviamo a fare i conti con la paura di un abbraccio. È un mondo che all'improvviso ci sembra sconosciuto quello in cui stiamo camminando tenendoci a distanza, con la mascherina sulle labbra, rinunciando a una stretta di mano, a un bacio, attenti a non contaminarci. Il virus, il nemico invisibile, ha cambiato molte cose nelle nostre vite. Anche la grammatica della nostra affettività , il rapporto con il nostro corpo e con il corpo degli altri.
La parola d’ordine di quest’emergenza è stata isolamento: le conseguenze di un prolungato distanziamento sono significativamente forti e devastanti. Il virus ci ha insegnato a guardare ogni persona con diffidenza, come possibile portatore di infezione e malattia e ha insidiato in tutti noi l’inganno, il sospetto, il timore in modo subdolo e profondo: ha introdotto nella nostra società l'idea che l'altro possa portare qualcosa di cattivo e dannoso, anche se involontariamente.
La mia fragilità mi ricorda che ho bisogno dell'altro, che da solo non c'è la posso fare!!! Il termine fragilità (dal latino frangere), denota qualcosa che può spezzarsi, che non ha resistenza e può [inter]rompersi; ma, lo stesso termine, può indicare qualcosa di delicato, che richiede cura. La fragilità richiama la cura come bisogno di riceverla e come appello ad offrirla .....in poche parole la fragilità richiama la RELAZIONE. La pandemia mondiale che caratterizza questo drammatico momento storico non ha minato solo la salute ma ha devastato anche il mondo degli affetti, delle relazioni tutte, amorose e amicali. Vietata la frequentazione tra fidanzati, stop al corteggiamento dei single alla ricerca di un partner. Eppure, anche nei momenti più drammatici della storia umana, come questo attuale, l’imprescindibile bisogno dell’essere umano a una vita di relazione è impossibile da sradicare.
La distanza sociale imposta viene quindi riempita con la tecnologia, i rapporti umani coltivati via chat, le videochiamate o attraverso applicazioni che consentono lo scambio di immagini erotiche. Tutto ciò con il risultato di vedere amplificato il senso d'isolamento e solitudine ma soli in realtà non siamo mai!!! La scelta di abitare il limite non è sinonimo di fallimento o di impotenza, perché quando scegliamo di accettare il limite per amore, allora lo stesso diventa evento creativo. Non è possibile fuggire dalla fragilità , ignorarla sarebbe un errore, non cambierebbe la nostra situazione.
Antidoto? La Parola di Dio: "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9)."
COVID-19
perché il vaccino fa paura?
Cercherò di non essere prolissa e di arrivare con il cuore e con le parole a quante più persone possibili rassicurandole; vorrei avvalermi delle domande frequenti che ognuno di noi si pone (e che spesso rimangono senza risposta) spiegando non da ricercatore scientifico, che non sono, ma da mero professionista della salute. Le domande più frequenti sono: cosa contiene davvero il vaccino anti Covid-19? Risposta n.1. Molecole di mRNA (o RNA messaggero) che contengono le istruzioni affinché le cellule della persona che si è vaccinata sintetizzino le proteine Spike. Le proteine Spike a loro volta si possono definire “chiavi” poste sulla superficie del virus che permettono ad esso di entrare e quindi infettare. Prima verità : Il vaccino anti Covid-19 non può assolutamente modificare il DNA o mutarlo in malattia. L’RNA messaggero codifica e trasferisce informazioni, inoltre tende ad avere vita breve all’interno dell’organismo.
A questo proposito voglio citare la risposta, semplice ma che rende perfettamente l’idea, data da un medico piemontese ad un quotidiano. Il medico afferma che: “ dire che il nostro DNA viene modificato dal vaccino è come dire che da un brodo di carne se ne possa ricavare una mucca!!” Una problematica analoga è quella sollevata dall’uso di feti abortiti per la preparazione del siero del vaccino anti-COVID-19: l’uso del feto nato morto e quello del feto ucciso e, poi, utilizzato sono usi molto diversi tra loro, quanto meno nelle premesse. Le cellule dei feti abortiti sono state utilizzate per alcuni tipi di vaccini, non per tutti. Quei feti non sono stati abortiti allo scopo di creare questi vaccini, perché all'epoca non esisteva il covid. Ma dopo 30 anni possono essere utilizzati per scopi benefici (i vaccini).
Il male infatti stà nell'azione (aborto), ma non nella materia rimasta, la quale, poi, grazie alla tecnologia, che è stata utilizzata in altri modi. A tal proposito la Bioetica risponde che i feti, in entrambi casi, sono «utilizzati» nel tentativo di salvare la vita, quindi per consentire (forse) la sopravvivenza di altri esseri umani. Domanda. Trattasi di un fine idoneo a giustificare (eticamente e giuridicamente) il mezzo? A ciascuno il suo consenso/dissenso nelle more della libertà di pensiero..
Secondo la Congregazione per la Dottrina della Fede la risposta è positiva: qualora non siano disponibili altri mezzi eticamente ineccepibili (quindi, in presenza di un grave e attuale stato di necessità ) si possono usare vaccini «che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e di produzione». Ciò detto, rimane il famigerato dilemma delle reazioni avverse.
CONCLUSIONE
Messaggio di speranza
Una delle non poche “lezioni” che il Covid sta infliggendo all’umanità è proprio quella dello scoprire di avere dei limiti. Il senso di impotenza di fronte al virus e alla malattia sembra essere in definitiva la cornice di fondo che racchiude i vari effetti del disagio psichico. Detto diversamente, l’umanità è oggi prigioniera (nei fatti concreti e nella psiche) di una situazione imprevista e decisamente pericolosa. Comprendere quello che ci sta succedendo, utilizzando tutte le risorse possibili, equivale spesso ad arginare, a mettere dei confini che ci permettono di rimanere lucidi. Quella contro il virus è una dura lotta.
Comunque vada, in Lui e con Lui abbiamo già vinto!!!
Niente e nessuno ci può separare dall’amore di Dio! Né spada, né fame, né tribolazione…e nemmeno un virus venuto dalla Cina !!!! La nostra forza è Dio! Durante la tempesta, e anche nella nostra, Gesù sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo, e dorme sereno. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite, facciamoLo salire!!! Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo anche noi che, con Lui a bordo, non naufragheremo, faremo certamente la loro stessa esperienza!!!. Perché questo è il Progetto di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai!!!! Non permettiamogli di dirci : "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". Ma se è già successo, oppure succede ancora, Lui capirà !!!
Concludo....
Quando qualcuno mi chiede cosa faccio nella vita io rispondo " Il lavoro più bello del mondo!" Sapete perchè? Il termine psicoterapia significa "cura dell'anima" e quando una persona come me ci crede fino in fondo e ne ha fatto esperienza diretta può tranquillamente approcciarsi alla sofferenza utilizzando questo connubio perfetto: scienza più fede!!!
Senza quest'ultima non può avvenire la cura completa della persona!!!
Il termine "emergenza" deriva dal greco ex mergere, che letteralmente significa "uscire dall'acqua", e indica ciò che viene a galla, ciò che si manifesta con chiarezza, ciò che irrompe nella e sulla normalità . Essere uno OPERATORE dell'Emergenza e nell'EMERGENZA (di ogni ordine e grado), nel contesto di eventi di questa dimensione, vuol dire togliersi la veste dell'operatore "in tailleur" dietro la scrivania, per indossare la "tuta o il grembiule" e aiutare/servire le "vittime" direttamente sul luogo del disastro, entrando in empatia con loro e soprattutto diventando parte attiva (non spettatori!!!) della comunità più colpita attorno a noi. Come? Soprattutto dando SPERANZA!!!
FACCIAMOLO TUTTI,
OGNUNO PER LA SUA PARTE!!!
GRAZIE!!!
Maria Cristina Siino
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