domenica 9 maggio 2021

Beato Rosario Livatino


 Primo magistrato beato nella storia della Chiesa 


29 Ottobre 2021,
 prima volta che la Chiesa di Sicilia
 celebra la Sua memoria!

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"Alla fine della vita, non ci sarà chiesto 
se siamo stati credenti, ma credibili"
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Uomo “fissato” con la “Legge uguale per tutti”, e 
 con “Io sono un servitore delle Stato”
La festa sarà celebrata ogni 29 ottobre

     Rosario Livatino

Nato a Canicattì (Ag) nel 1952, nella nostra bellissima Sicilia. Conseguita la maturità presso il locale liceo classico Ugo Foscolo, dove si impegnò nell’Azione Cattolica, nel 1971 si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, presso la quale si laureò cum laude nel 1975. Tra il 1977 e il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l’Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta. Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere.

Il giudice ragazzino, come definito dall’allora presidente Cossiga, era ormai scomodo e pericoloso per i criminali locali. Già vittima di minacce, il 21 settembre 1990 fu freddato lungo la Statale 640 all’altezza di Agrigento da un commando di quattro sicari.
Il 9 maggio 2021, cioè oggi, nella cattedrale di Agrigento, si tiene la cerimonia di beatificazione del Giudice Rosario Livatino, primo magistrato beato nella storia della Chiesa. 
La reliquia è la camicia azzurra del giudice, quella con i fori dei proiettili.
Quella che indossava il giorno che fu ucciso.

È passato alla storia come "il giudice ragazzino", perché quando morì, per mano di quattro killer e per ordine della Stidda la mafia agrigentina, lungo la statale che ogni mattina percorreva con la sua auto da Canicattì ad Agrigento, Rosario Livatino aveva 38 anni: il più giovane dei 27 magistrati uccisi in ragione del loro servizio in prevalenza, ma non solo, dalla mafia o dai terroristi. Quando lo fecero sbandare, Livatino uscì dall’ auto, cercando salvezza fuggendo per i campi, lo finirono con un colpo di pistola al volto. La data di oggi non è stata scelta a caso.

 Era il 9 maggio del 1993 
quando San Giovanni Paolo II 
ad Agrigento pronunciò
 la sua famosa “invettiva” contro la mafia: 
"Dio ha detto una volta: 
non uccidere. 
Non può l’uomo, qualsiasi uomo, 
qualsiasi umana agglomerazione 
o mafia, non può cambiare 
e calpestare questo diritto 
santissimo di Dio"

Quando è stato ucciso, era giudice di Tribunale, in servizio ad Agrigento come giudice a latere e si occupava di misure di prevenzione. Qualche anno prima da sostituto procuratore aveva condotto le indagini sugli interessi economici della mafia, sulla guerra di mafia a Palma di Montechiaro, sull’ intreccio tra mafia e affari, delineando il “sistema della corruzione”. Stando alla sentenza che ha condannato esecutori e mandanti del suo omicidio, Livatino è stato ucciso perché «perseguiva le cosche mafiose impedendone l’ attività criminale, laddove si sarebbe preteso un trattamento lassista, cioè una gestione giudiziaria se non compiacente, almeno, pur inconsapevolmente, debole, che è poi quella non rara che ha consentito la proliferazione, il rafforzamento e l'espansione della mafia». Il senso del vangelo brillava in tutto il Suo essere e ciò lo si rifletteva soprattutto nel suo pensiero.

Così dice di Lui Papa Francesco al termine del Regina Caeli: "Nel suo servizio alla collettiva come giudice integerrimo che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo, fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo a essere leali difensori della legalità e della liberta'I giusti si pongono sotto la croce, cioè sotto la tutela della protezione di Dio. Ed è questo che è accaduto a Livatino, è morto perdonando come Gesù i suoi uccisori. Nelle sue parole risentiamo il lamento di Dio. Ma questo lamento non è un rimprovero, è un invito sofferto a riflettere sulle proprie azione e a convertirsi.

Livatino, nonostante la sua giovane età, esprimeva
da tempo un profilo di grande esperienza e maturità

Conduceva la sua vita, riservatissima, nella casa che condivideva con i genitori. Non faceva mistero di una profonda fede cristiana, che conciliava rigorosamente con la laicità della propria funzione. È rimasto celebre a proposito un passo di un suo scritto dei primi anni Ottanta in tema di fede e diritto: «Il compito (…) del magistrato è quello di decidere; (…): una delle cose più difficili che l'uomo sia chiamato a fare. (…) Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. 

In fondo alle sue agende, gli inquirenti che indagavano sulla sua morte trovarono una sigla misteriosa "s. t. d." che li mise a lungo in scacco finché non scoprirono l’ arcano: il significato era Sub Tutela Dei, nelle mani di Dio. “STD” “Sub tutela Dei”: un'invocazione medievale perché Dio aiutasse chi doveva compiere un dovere pubblico. La scelta di fede, alimentata nell’eucaristia e nella preghiera personale, è stata l’impalcatura forte sulla quale Livatino ha costruito l’edificio della giustizia, dei processi, della dedizione alla verità e del coraggio per non scendere a compromessi. Il grappolo fecondo della sua testimonianza era alimentato dalla linfa di grazia del suo rapporto forte con Dio, vissuto con semplice umiltà, fino alle estreme conseguenze. La scelta di vita abbracciata sin dalla più tenera età è stata concepita come risposta a una vocazione, a una chiamata a vivere nel mondo (e in quel mondo particolare e delicato che è l’amministrazione della giustizia) da credente a tutto tondo.

Il 19 luglio del 2011 è stato firmato dall'arcivescovo Francesco Montenegro il decreto per l'avvio del processo diocesano di beatificazione di Rosario Livatino. Il 21 dicembre 2020 Papa Francesco con un decreto ne riconosce il martirio in odium fidei.

Ovviamente per il processo di beatificazione del giudice la Chiesa ha dovuto riconoscere un miracolo del giudice Rosario Livatino. La verità è che la sua storia è piena di quelli che potremmo definire miracoli. C’è chi non si spiega come mai il giudice, dopo la morte, avesse un volto così sereno. C’è chi assicura che dopo averlo incontrato ha iniziato a vivere una vita nuova, come una sorta di conversione. C’è chi assicura di essere guarito da un brutto male dopo essersi affidato a lui. Chi non crede non può negare che siamo di fronte ad un uomo che ha lasciato il segno. Tra i presunti miracoli attribuiti all’intercessione del giovane magistrato, per il quale è in corso la causa di beatificazione, l’inspiegabile guarigione nel 1996 di Elena Valdetara Canale, affetta da un linfoma di Hodgkin diagnosticato nel 1993, che secondo i medici l’avrebbe condotta alla morte in meno di due anni. Sposata da 45 anni con Giovanni, Elena compie 70 anni il prossimo novembre.
Le frasi celebri del Giudice Rosario Livatino
“Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili“: questa è una delle frasi celebri del Giudice Rosario Livatino, un uomo scomodo per la sua coerenza e per questo beatificato dalla Chiesa.





Preghiera di Preparazione alla Beatificazione del giudice Rosario Livatino

Padre santo e misericordioso,
 Ti ringraziamo per la testimonianza credibile del servo
 di Dio Rosario Angelo Livatino,
 magistrato e martire per la fede.

Ponendosi “sub tutela Dei” ed ispirandosi ogni giorno al Vangelo, 
ha vissuto la sua vita, 
offrendoci un luminoso esempio di santità laicale.

Conformato pienamente a Cristo tuo Figlio, ha vissuto la beatitudine
 dei perseguitati per la giustizia e, 
come il chicco di grano che resta solo, muore per portare frutto.

Illuminato dallo Spirito Santo, con impegno quotidiano, 
ha offerto il culto a Te gradito attraverso l’amore 
per la giustizia e la carità per i fratelli.

Per Sua intercessione Ti chiediamo di saper contrastare 
le “strutture di peccato” e le varie mentalità mafiose
 che deturpano l’uomo e minacciano la vita umana,
per vivere la beatitudine
 della giustizia e della pace.

Amen.

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