martedì 12 ottobre 2021

San Serafino da Montegranaro

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«Via, state cheto, state cheto,
 santino, perché non sono stato io,
 ma è stato questo Cristo e la tua fede che ti ha guarito!
(E a chi lo mortificava): 
Ah, santino, santino, ti sia dato un pan bianco.
Foss'io degno del purgatorio! Io son peccatore. 
Non ho nulla: ho soltanto il crocifisso e la corona; 
ma con questi spero di giovare 
ai frati e di farmi santo!»


SAN SERAFINO DA MONTEGRANARO
un vero portatore di pace

Felice Pianpiani, questo il suo nome di battesimo, nacque nel 1540 a Montegranaro, nelle Marche, secondogenito dei quattro figli di Girolamo Rapagnano e Teodora Giovannuzzi. A causa della povertà familiare il padre lo mandò assai presto a lavorare in qualità di garzone presso un contadino che gli affidò il suo gregge. La traduzione del nome è riconducibile al termine latino Serafinus.
Questa parola trarrebbe la sua origine dal termine seraphim, aggettivo con il quale Isaia descrisse alcune creature angeliche. Il significato di Serafina è “risplendente”.
Gli angeli che appartengo all’ordine dei serafini sono creature luminose con ben sei ali. Si trovano al cospetto di Dio e ne cantano incessantemente le lodi. Da bambino, pascolando pecore, imparò ad amare la natura e il contatto con l’ambiente agreste, il silenzio dei pascoli e la solitudine formarono una personalità contemplativa e una fede nel Creatore intensa, spontanea e genuina. Da ciò scaturì un bisogno intimo di rifugiarsi nella preghiera e nella venerazione della Croce che sempre incideva, con un coltellino, sui tronchi degli alberi.
Verso il 1558, a diciotto anni, entrò nel noviziato cappuccino di Jesi come fratello laico ed emise la professione religiosa l’anno seguente, nel 1559, assumendo il nome di fra' Serafino.
Da allora peregrinò per vari conventi della Provincia della Marca: Loro Piceno, Corinaldo, Ostra, Ancona, S. Elpidio a Mare, Ripatransone, Filottrano, Potenza Picena, Civitanova, Montolmo (Corridonia). Nel 1590 fra' Serafino si stabilisce definitivamente ad Ascoli Piceno. Come illetterato non ebbe accesso al sacerdozio e divenne frate laico. Essendo poi incapace di rendersi utile alla comunità perché inidoneo ad attività pratiche fu sballottato in tutte le Marche: esasperati dalla sua inettitudine i guardiani se lo toglievano di torno. Ma San Serafino si distinse ben presto per la eroicità delle sue virtù e per la capacità di intercedere presso il Signore a favore di malati e bisognosi. Operò moltissimi miracoli, la sua fama si diffuse anche fuori dalle Marche.  Perfetto osservante della Regola Francescana e totalmente conformato alla spiritualità delle antiche Costituzioni dell'Ordine aveva con sé solo due «libri»: il Crocifisso e la corona del rosario, con la quale si faceva messaggero di pace e di bene. 
Era letteralmente
 assetato di messe, 
di Eucaristia, di sacramenti, di preghiera,
 di patimenti. 
Innamorato dei misteri di Cristo 
e della Madonna, s’incantava a meditarli e si estasiava. 
Avrebbe desiderato di vivere a Loreto o a Roma per poter servire molte messe ogni giorno. Deve subire frequenti rimproveri, perfino castighi, che accetta sempre con rande pazienza. Nell’incarico di portinaio e questuante, tratta tutte le persone che incontra con delicata disponibilità. E’ un vero portatore di pace e riesce a eliminare inimicizie inveterate. Lo si vede sempre con il crocifisso (che offre al bacio di tutti) e la corona del Rosario in mano. Indossa un crudele cilicio e si flagella quotidianamente con catenelle piombate. Negli uffici che esercitò di portinaio e di questuante, a contatto con i più svariati ceti sociali, sapeva trovare parole opportune per tutti e seppure analfabeta mostrava una sapienza celeste che stupiva i dotti e i teologi .Il 12 ottobre 1604, a mezz’ora di notte, tempo dell’Ave Maria, per la città di Ascoli Piceno si sparsero i rintocchi funebri della campana dei Cappuccini. Era il discreto annuncio che qualcuno, nel convento, aveva cessato il suo pellegrinaggio terreno. Nessuno, eccetto i confratelli, sapeva chi fosse. Ma accadde un prodigio: schiere di fanciulli, lasciato il tepore del letto, muniti di torce accese invasero le rue e le piazze urlando: “E’ morto il santo dei cappuccini, è morto Serafino!” La notizia venne affidata alle bocche degli innocenti, suggello divino all’opera terrena di un uomo semplice, umile, buono e caritatevole, un vero araldo di San Francesco. A quel grido di dolore si levò un vento violento che sparse la notizia per la città. Accorsero popolane, nobildonne e, alla spicciolata, sparuti gruppi di uomini increduli alla notizia. Il buio fu ricamato da mille fiaccole quasi il firmamento si fosse trasferito in terra per partecipare al lutto. La gente chiedeva a gran voce di vedere le spoglie del santo e il guardiano, padre Bonaventura da Fermo, terrorizzato dai possibili sviluppi nascose la salma perché non se ne facesse scempio per brama di sante reliquie.

Aveva 64 anni. Fu beatificato da Benedetto XIII nel 1729 e canonizzato da Clemente XIII il 16 luglio 1767.

PREGHIERA

O ammirabile San Serafino, 
ti preghiamo di ottenerci quello spirito 
di anime riparatrici che ardeva veemente 
nel tuo cuore fino a farti trascorrere notti intere
 dinanzi a Gesù Sacramentato, per riparare gli 
oltraggi che si commettono continuamente contro di Lui.

Fu sulla tua tomba 
che sorse l’idea della Riparazione Eucaristica,
 ed è per questo che attendiamo da te la benedizione,
 affinché questa Pia Riparazione si propaghi 
nel mondo e raduni anime cristiane ad impegnarsi 
a consolare Gesù, divenuto pane per nostro amore.

Possa, gran Santo, il tuo slancio,
 veramente serafico, rivivere in noi e fiorire 
in continui atti di riparazione, 
per consumarsi, poi, 
nell’eternità beata. Amen.

"...ai piccoli appartiene il Regno dei cieli!!!"

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