giovedì 21 ottobre 2021

Beato don Pino Puglisi, martire

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15 settembre, anniversario della sua morte

Giuseppe Puglisi, beato
“Orologio senza lancette. Per Cristo a tempo pieno!" 
    Riflettiamo…

SACERDOTE DEL SIGNORE
EDUCATORE INSTANCABILE DEI GIOVANI

Un parroco di periferia, con grandi orecchi e un sorriso disarmante. Un uomo che ha pagato col suo sangue la dimostrazione che il cambiamento è davvero possibile. 
Don Pino Puglisi nasce il 15 Settembre 1937 a Brancaccio, alla periferia di Palermo, da una famiglia modesta (padre calzolaio, madre sarta).Nel 1953 entra nel seminario e il 2 luglio 1960 sarà ordinato prete. Nel 1961 diventa vicario presso una parrocchia nella borgata di Sette Cannoli, ed in seguito rettore della Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi. Nel 1963 è nominato cappellano all'orfanotrofio Roosevelt e vicario presso Maria Santissima Assunta a Valdesi. In questi anni Pino Puglisi comincia la sua attività educativa con e per i giovani. Il 1 Ottobre 1970 diventa parroco a Godrano, un paesino interessato da una lotta tra due famiglie mafiose, dove Puglisi riesce a far riconciliare le due famiglie.

Il 31 luglio 1978 lascia Godrano e fino al 1990 riveste molti incarichi diversi: pro-rettore del seminario minore di Palermo, direttore del Centro diocesano vocazioni, responsabile del Centro regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale, docente di matematica e di religione presso varie scuole, animatore presso diverse realtà e movimenti come Azione cattolica e la Fuci. Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio, quartiere comandato dalla Mafia dei fratelli Graviano, legati ai Bagarella.

Don Pino Puglisi inizia la sua lotta alla mafia, cercando di liberare i bambini che vivono in strada con attività e giochi per fargli capire che si può essere rispettati anche senza essere mafiosi, ma credendo nei propri ideali. Nelle sue omelie si rivolgeva spesso ai mafiosi, i quali lo consideravano come un ostacolo perchè toglieva giovani alla mafia e decisero di ucciderlo, avvertendolo con una serie di minacce di cui Puglisi non ne parlò con nessuno. 

Nel 1992 viene nominato direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugura a Brancaccio il centro Padre Nostro per la promozione umana e la evangelizzazione. Il 15 settembre 1993, proprio il giorno del suo 56° compleanno, alle 20.45 in piazza Anita Garibaldi scende dalla sua Fiat Uno bianca e si avvicina alla porta di casa. In quel momento viene chiamato, lui si gira e viene ucciso da più colpi alla nuca. I funerali si svolsero il 17 settembre 1993. Il 2 giugno qualcuno mura il portone del centro "Padre Nostro" con dei calcinacci, lasciandone gli attrezzi vicino alla porta. Il 28 giugno 2012 Papa Benedetto XVI, durante una udienza concessa al Cardinale Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha concesso la promulgazione del decreto di beatificazione per il martirio "in odio alla fede".

Di Don Giuseppe Puglisi, il prete assassinato dalla mafia il 15 settembre ‘93, a Palermo, è stato scritto molto, ma non è stato detto tutto.
E’ morto a cinquantasei anni, ma a leggere i giornali si potrebbe pensare che li avesse tutti trascorsi nella parrocchia palermitana al Brancaccio, che guidava da soli tre anni.
Il grosso della sua attività, invece, don Puglisi lo ha dedicato all’animazione vocazionale, prima come direttore del Centro diocesano vocazioni di Palermo, poi del Centro regionale ed insieme come consigliere del Centro nazionale. E anche quando accettò dal cardinale Pappalardo di diventare parroco al Brancaccio non lasciò la direzione spirituale del seminario.

Difficile sapere quanti sacerdoti, religiosi e suore siano debitori a lui della maturazione e anche del sostegno della propria vocazione. Facile è invece cogliere il concetto che aveva della pastorale delle vocazioni attraverso i suoi articoli e soprattutto le sue poliedriche iniziative. Pastorale che riteneva non marginale nella vita di ogni sacerdote e di ogni persona consacrata. Amava dire che «non è la vita facile ad attirare i giovani ma una vita impegnata con Dio per Dio e in Dio » e con tale convincimento impostava con rigore sia i programmi per animatori vocazionali, sia la propria diretta e personale azione promozionale.

Don Puglisi aveva anche un chiodo fisso. Era convinto che nel tempo in cui si sa tutto, in cui l’informazione è tutto, carente e lacunosa è invece la formazione. Per cui pensò di istituire corsi per animatori a durata biennale, convegni annuali, scuole di preghiera, e riuscì persino a convincere molti parroci a dedicare un mese intero dell’anno alla catechesi ed alla preghiera per le vocazioni. Come consigliere del Centro nazionale vocazioni meravigliava per l’assiduità alle riunioni e per l’inesauribile disponibilità. Mai scaldare la sedia! Del resto nessun impegno per lui era mai esclusivamente formale; il suo «sì» era, voleva e sapeva essere sostanziale.

Eppure, a vederlo di persona, pareva bastassero poche parole a definirlo. Coraggioso, ma schivo; lavoratore instancabile, ma sereno e riposato in volto, come volevano la sua mitezza ed una umiltà del cuore così a lungo coltivata da sembrare un dono di natura.
Il ritratto di un prete «qualunque», un «anti-eroe», se ad eroe si vuol dare il significato retorico di una grandezza rumorosa dai gesti clamorosi. Commosse non pochi di noi, suoi amici, quando ritirandosi dalle attività dirette in campo vocazionale, disse di avere accettato di fare il parroco al Brancaccio solo «per obbedienza e per amore».

In verità «per obbedienza e per amore» aveva abbracciato la vita sacerdotale e aveva accettato le responsabilità affidategli. «Per obbedienza e per amore» faceva ogni cosa gli fosse assegnata. Gli incarichi che ricopriva non erano qualcosa di accessorio e di decorativo; lo impegnavano fino in fondo. Il classico age quod agis (fa quel che fai) era il suo codice deontologico. Non c’era cosa, fosse anche il più piccolo e apparentemente trascurabile dei suoi impegni, che egli non portasse avanti sul serio e sino in fondo. Una volta disse persino che avrebbe voluto morire a sessant’anni, temendo che superata quella soglia non sarebbe stato più in grado di portare avanti pienamente il suo lavoro di sacerdote.

E certo un fatto: chi ha voluto eliminarlo aveva misurato a dovere il personaggio, poiché aveva capito che sacerdoti come don Puglisi, che non fanno rumore, ma la cui fibra spirituale è saldissima, riescono ad alzare steccati insormontabili di fronte al male, all’ingiustizia, alla menzogna, alla sopraffazione. L’ostinazione dei miti, e persino la loro sconfitta materiale sono sempre una vittoria.  Non dovrebbe mai essere dimenticato che a dare questa testimonianza eroica fu un uomo ed un sacerdote che della pastorale delle vocazioni aveva fatto la frontiera avanzata del suo ministero, e che proprio attraverso questa pastorale aveva maturato una fedeltà inossidabile al vangelo. Un poster gli era particolarmente caro; uno dei primi stampati dal Centro nazionale vocazioni e che teneva permanentemente esposto nel suo ufficio parrocchiale. Questo poster raffigura un orologio senza lancette con su scritto: «Per Cristo a tempo pieno!»

Non c’è dubbio che don Giuseppe Puglisi è il primo «animatore vocazionale» italiano morto martire. E se «il seme dei martiri è seme di cristiani», il suo sangue farà sbocciare altri coraggiosi animatori vocazionali. Viene ucciso sotto casa, in piazzale Anita Garibaldi 5, il giorno del compleanno, 15 settembre 1993. La salma è tumulata presso il cimitero di Sant’Orsola, di proprietà dell’omonima confraternita laicale. Ad aprile 2013 la salma è stata poi traslata nella cattedrale di Palermo.

La sua attività pastorale ha costituito il movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti mafiosi sono stati arrestati e condannati con sentenze definitive.
Per questo già subito dopo il delitto numerose voci si sono levate per chiedere il riconoscimento del martirio. Nel ricordo del suo impegno, innumerevoli sono le scuole, i centri sociali, le strutture sportive, le strade e le piazze a lui intitolate a Palermo, in tutta la Sicilia, in Italia. Commemorazioni e iniziative si sono tenute anche all’estero, dagli Stati Uniti al Congo, all’Australia. A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo.

Nel dicembre ’98, a cinque anni dal delitto, il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio.
L’indagine è stata conclusa a livello diocesano nel maggio 2001 e l’incartamento è stato inviato presso la Congregazione per le Cause dei Santi in Vaticano.
Nell’agosto 2010 il Cardinale Paolo Romeo ha nominato il nuovo postulatore, mons. Vincenzo Bertolone. A giugno del 2012 la Congregazione ha dato l’assenso finale alla promulgazione del decreto per il riconoscimento del martirio di don Puglisi. 

ll 25 maggio 2013 la beatificazione al “Foro Italico Umberto I” di Palermo. Un “Archivio Puglisi” di scritti editi ed inediti, registrazioni, testimonianze e articoli si è costituito presso il Centro diocesano vocazioni in via Matteo Bonello a Palermo La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua fedeltà all’unico Signore e hanno disvelato la malvagità e l’assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico. È stato beatificato il 25 maggio 2013, sul prato del Foro Italico di Palermo, davanti ad una folla di circa centomila fedeli. «Padre Pino Puglisi», ha detto papa Francesco, «è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. 

La memoria liturgica ricorre il 21 ottobre perché in questo giorno nel 1937 padre Puglisi ricevette il battesimo, ma è anche ricordato ogni anno il 21 marzo nella Giornata della Memoria e dell'Impegno di Libera, la rete di associazioni contro le mafie, che in questa data legge il lungo elenco dei nomi delle vittime di mafia e fenomeni mafiosi.

Prega per noi!!!!

21 Ottobre 2022

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