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San Bernardo, al secolo Filippo Latino, nacque a Corleone durante la dominazione spagnola, il 6 febbraio 1605 da Leonardo e Francesca Sciascia. La sua casa veniva definita “casa di santi” soprattutto per la carità del padre, calzolaio e bravo artigiano in pelletteria, abituato a portarsi a casa gli straccioni incontrati per strada e assisterli. Sebbene fosse un ragazzo molto religioso, aveva però un carattere fiero e focoso.
Non sopportava le angherie della dominazione spagnola che presidiava la città, e proprio da quei soldati, Filippo aveva imparato a tirare di scherma. Diventò talmente esperto, da essere riconosciuto come “primo spadaccino della Sicilia". Nell’estate del 1626, mentre lavorava nella sua bottega di calzolaio, venne sfidato a duello da un certo Vito Canino, sicario prezzolato venuto da Palermo.
Ripetutamente provocato, mastro Filippo fu costretto a difendersi, intraprendendo un lungo duello, alla fine del quale il Canino ebbe la peggio; ferito gravemente ad un braccio, rimase inabile per tutto il resto della vita. L’animo di Filippo rimase profondamente segnato, così dopo un certo periodo di latitanza, si rifugiò nella vicina chiesa dei Cappuccini, chiedendo di diventare frate per espiare il proprio peccato.
Conoscendo il suo passato, i superiori gli fanno intraprendere una sorta di postulandato, durato 5 anni, prima di avere la sospirata autorizzazione per iniziare il noviziato nel convento di Caltanissetta. Il 13 dicembre del 1631 venne ammesso al noviziato con il nome di fra Bernardo; esattamente un anno dopo, emessa la professione religiosa, iniziò una nuova vita cristiana all’insegna di preghiera, digiuno e penitenza, usando spesso il cilicio ed il flagello. Dormiva per terra, assisteva i malati e realizzava una gran quantità di lavori ai fratelli in difficoltà. Si ammalò il giorno dell’Epifania del 1667 e morì il 12 gennaio, nell’infermeria dei Cappuccini ad appena 62 anni
Sul letto di morte, ricevuta l'ultima benedizione, con gioia ripetè: "Andiamo, andiamo", e spirò. Erano le ore 14 di mercoledí 12 gennaio 1667. Un suo intimo confratello, fra Antonino da Partanna, lo vide in spirito tutto luminoso che ripeteva con ineffabile gioia: "Paradiso! Paradiso! Paradiso! Benedette le discipline! Benedette le veglie! Benedette le penitenze! Benedette le rinnegazioni della volontà! Benedetti gli atti di ubbidienza! Benedetti i digiuni! Benedetto l'esercizio di tutte le perfezioni religiose!" Il 10 giugno 2001, in Piazza San Pietro, alla presenza di migliaia di cittadini giunti da Corleone, il Santo Padre Giovanni Paolo II lo ha proclamato santo.
Leggendo la sua biografia si pensa subito al Fra Cristoforo dei Promessi sposi di manzoniana memoria, che prima di diventare frate era stato l’arrogante spadaccino Ludovico.
In convento i suoi bollenti spiriti si stemperarono lentamente con l’esercizio continuo della preghiera, della penitenza e della meditazione, e alla fine venne fuori un uomo nuovo. Gli offrirono di intraprendere un corso di studi, ma rispose d’aver bisogno solo di studiare le piaghe di Gesù. Visse il carisma francescano cappuccino dandosi ai servizi più umili: cuoco, lavandaio, infermiere, sacrestano. Consumato dalle penitenze e dalla fatica, trovava il suo posto accanto al tabernacolo, dove pregava in continuazione. Prima di seppellirlo dovettero cambiare per ben 9 volte la sua tonaca, perché ogni volta tutte venivano fatte a pezzettini dai fedeli che volevano avere una reliquia.
Per comprendere l’importanza di questa figura di santo è utile ricordare quanto affermò san Giovanni paolo II durante l’omelia del 10 giugno del 2001: “Alla luce del mistero della Trinità acquista singolare eloquenza la testimonianza evangelica di san Bernardo da Corleone. Di lui tutti si meravigliavano e si domandavano come un frate laico potesse discorrere così altamente del mistero della Santissima Trinità. In effetti, la sua vita fu tutta protesa verso Dio, attraverso uno sforzo costante di ascesi, intessuta di preghiera e di penitenza. Coloro che lo hanno conosciuto attestano concordi che “egli sempre stava intento nell’orazione”, “mai cessava di orare”, “orava di continuo “. Da questo colloquio ininterrotto con Dio, che trovava nell’Eucaristia il suo centro propulsore, traeva linfa vitale per il suo coraggioso apostolato, rispondendo alle sfide sociali del tempo, non scevro di tensioni e di inquietudini”.
Nel corso dell’omelia mons. Michele Pennisi ha voluto anche evidenziare come “San Bernardo ha avuto i natali a Corleone, cittadina che ebbe dall’imperatore Carlo V il titolo di città coraggiosa’ che non merita di essere ricordata soltanto per le tristi vicende di alcuni malavitosi dei nostri tempi, ma per questo suo figlio che conobbe la violenza ma anche la santità.”
A tal proposito ha voluto anche ricordare come sempre da Corleone proviene san Leoluca Abate vissuto nel IX secolo, alla vigilia dell’invasione saracena della Sicilia; il Venerabile Girolamo da Corleone, testimone dell’amore del Signore e operatore di miracoli; la Venerabile Maria Teresa Cortimiglia, amica dei poveri; la serva di Dio Suor Maria Cira Destro mistica corleonese.
Mons. Pennisi ha anche ricordato l’impegno di mons. Cataldo Naro “che si adoperò perché i santi fossero il vero contraltare della mafia, perché esempi di una vita piena, più umana, e perciò stesso degna di essere imitata”.
L’attualità di san Bernardo fu spiegata da san Giovanni Paolo II ai pellegrini provenienti da Corleone con queste parole: “Il modello di santità che egli propone è sempre attuale. Anzi, con la sua storia personale intessuta di grandi passioni civili e religiose, con un senso spiccato della giustizia e della verità in mezzo a tante situazioni di sofferenza e di miseria, egli incarna, in un certo senso, l’immagine del santo contemporaneo: quella cioè di un uomo che si apre al fuoco dell’amore soprannaturale e si lascia da esso infiammare, riverberandone il calore sulle anime dei fratelli. Come mostrò ai suoi contemporanei, egli indica anche a noi oggi che la santità, dono di Dio, produce una trasformazione della persona così profonda da farne una testimonianza vivente della presenza confortatrice di Dio nel mondo”.
San Bernardo ha affascinato i suoi contemporanei ma affascina anche oggi per il suo carattere profondamente umano pieno di calore e di passione ed al contempo pieno di passione per Dio e per il prossimo.
La sua conversione ci dice che un santo non è chi non ha sbagliato mai, ma chi dopo essere caduto si lascia rialzare dal Padre ricco di misericordia e si lascia portare sulle spalle da Gesù Buon Pastore. San Bernardo ha accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, anche attraverso le sue debolezze, ma ha seguito Gesù fino in fondo prendendo ogni giorno la sua croce dietro di lui”.
Fra’ Bernardo da Corleone, un santo che per tanti aspetti può apparirci lontano e distante, è invece a noi vicinissimo nell' incontro tra umanità fragile e misericordia di Dio, percorso inevitabile e permanente di ogni esistenza cristiana.
”
Grazie!!!
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