il nulla
T (Dio)
il tutto
Paolo Danei, che al momento della professione religiosa prese il nome “della Croce”, a sottolineare la sua radicale appartenenza a Cristo crocifisso, era un uomo dall’aspetto imponente, di carattere estroverso o, come lo definivano i contemporanei, “sanguigno”, ma di animo assai sensibile.
Nacque ad Ovada (Alessandria) il 3 gennaio 1694. Dai genitori Paolo imparò a mantenere la serenità e a saperla infondere attorno a sé. La famiglia si trasferì prima a Tremolino, poi a Castellazzo, sempre nell’Alessandrino. Non aveva ancora vent’anni quando ebbe una intensa e decisiva esperienza interiore di Dio come amore e misericordia, che gli fece vedere in modo totalmente nuovo la sua vita. Questa esperienza segnò l’inizio di una profonda trasformazione interiore.
La rinuncia all'eredità e al matrimonio.
Maturò il desiderio di offrire la sua vita per fede, e pensò di arruolarsi nell’esercito che la Repubblica di Venezia, seguendo l’invito lanciato da Clemente XI nel 1715, stava raccogliendo per una guerra contro i turchi. Ma prima di partire comprese di non essere chiamato alla difesa armata della Chiesa. Tornato in famiglia a Castellazzo, rinunciò a un’eredità offertagli da uno zio sacerdote e alla proposta di un conveniente matrimonio.
Avvertì invece progressivamente la chiamata a fondare una congregazione centrata sulla memoria della Passione di Cristo, vista come “la più grande e stupenda opera del divino amore”. Paolo non concepiva la Passione “in negativo”, cioè unicamente come necessaria conseguenza e riparazione del peccato: gli era invece particolarmente chiaro il valore positivo della Passione come massima espressione dell’amore di Dio per l’uomo. Il vescovo di Alessandria gli ordinò di ritirarsi per quaranta giorni nella chiesa di San Carlo di Castellazzo, di annotare le sue esperienze spirituali in quel periodo e di scrivere una Regola per la progettata congregazione. Il suo Diario spirituale rivela buona parte delle esperienze vissute in quel tempo. In quei giorni di discernimento impostigli dal presule, Paolo comprese Gesù come dono del Padre, e da questa comprensione nacque in lui l’impegno, espresso da un voto emesso anche dai suoi religiosi, di vivere la memoria di quanto Gesù ha fatto e patito per l’uomo, e di promuoverla fra la gente mediante la vita e l’apostolato.
Ordinato sacerdote nel 1727, intraprese una intensissima attività di missionario. 10 anni dopo, nel 1737 fonda la comunità passionista sul Monte Argentario
Da allora il suo programma sarà annunciare l’amore di Dio rivelato nella Passione. Non gli era ancora chiaro, però, dove avrebbe potuto dare inizio alla congregazione.
Come fondatore, promosse la crescita dell'Istituto con carità, saggezza e chiarezza di vedute.
Nel 1771 a Tarquinia (VT) aprì il primo monastero delle monache passioniste, che amava chiamare "le colombe del Crocifisso".
Morì a Roma il 18 ottobre 1775 nella casa dei Ss. Giovanni e Paolo, divenuta la sede centrale della Congregazione.
Il 29 giugno 1867 Pio IX lo dichiarò santo.
S. Paolo della Croce è il Santo della Passione di Gesù Cristo. Il Crocifisso è stato il segreto della sua vita di mistico, di apostolo e l'idea ispiratrice della sua Congregazione.
Ai Passionisti, suoi figli, ha affidato il compito di prolungare nei secoli il suo spirito e il suo messaggio.
Punti chiave della spiritualità di
San Paolo della Croce
1. Abbandonarsi a Dio La più grande perfezione di un'anima consiste in un vero e totale abbandono fra le mani del Sommo Bene. Questo abbandono comporta una perfetta rassegnazione alla volontà divina in tutto ciò che accade. Umiliatevi molto quando credete di ricevere qualche grazia da Dio. Talvolta ci sembra che qualche grazia ci sia concessa per le nostre preghiere, mentre sono altri servi di Dio che pregano. Oh! quanti che sembravano forti come i cedri del Libano sono caduti! Un granellino di orgoglio può far cadere una grande montagna di santità, e perciò dovete tenervi nascosto a tutti e ritirarvi nella fortezza del Cuore purissimo di Gesù; là sarete libero da ogni male. Non vi turbate per le aridità che provate nell'orazione, e anche delle distrazioni quando sono involontarie. E' con questo mezzo che Dio purifica il cuore, affinché sia più disposto a unirsi più perfettamente al Sommo Bene. In queste occasioni, ravvivate dolcemente la fede, immaginatevi di essere sul Calvario e rivolgete tutti i vostri pensieri e sguardi d'amore a Gesù crocifisso.
2.La preghiera. E' cosa eccellente e santissima pensare alla Passione del Salvatore e meditarla. Questo è il mezzo per arrivare all'unione con Dio. Ma bisogna notare che l'anima non può farlo sempre come all'inizio, ed è per questo che bisogna assecondare gli impulsi dello Spirito Santo e lasciarsi guidare secondo il suo volere. Se non potete meditare altro che sulla santissima vita, Passione e morte del Salvatore, continuate con la benedizione del Signore, perché è a questa santa scuola che s'impara la vera sapienza, è qui che i santi si sono istruiti. Questi colloqui devono esser fatti con grande soavità di spirito, e se allora sentite che il cuore si riempie di compassione, di pace o di altro sentimento che Dio vorrà, fermatevi così tutto raccolto in Dio come un'ape sul fiore e succhiate il miele del santo amore in devoto silenzio.
3. La Croce. Mi rallegro che Dio vi distacca da ogni soddisfazione per insegnarvi a servirlo con una maggiore purezza d'intenzione. Oh! quanto è bene restare sulla croce con Gesù senza vederlo e senza gioirne! Questa è la via breve per arrivare a quella felice morte a tutto il creato, per unirsi in tutta purezza al Bene increato e immenso. Il gusto di Gesù Eucaristia non si sente con la bocca materiale, ma col palato della fede e dell'anima. Il vero modo di gustare Gesù è di inabissarsi tutto in lui, trasformandosi in lui per amore, così da rendersi tutto divinizzato. Questo lavoro, il dolce Salvatore l'opera in noi, ma gli occorre anche la nostra cooperazione, con l'esercizio delle sante virtù. Riguardo ai mali del corpo, abbandonatevi interamente all'obbedienza al medico; ditegli fedelmente le vostre indisposizioni in termini modesti. Non rifiutate i rimedi, ma prendeteli nel calice amoroso di Gesù, con volto sereno e dolce. Siate riconoscente verso chi vi cura, siate condiscendente a prendere ciò che vi si da come rimedio; siate insomma come un bambino che si abbandona in tutto fra le braccia e sul seno di sua madre. Restate nel vostro letto come sulla croce. Oh! che belle virtù si possono praticare nella malattia! Soprattutto l'amore della propria abiezione, la gratitudine, la dolcezza di cuore verso quelli che vi curano; una totale sottomissione al medico e all'infermiere, sempre con un viso gioviale. Vivete dunque tutto riposato nel cuore dolcissimo del Sommo Bene. Felici sono quelli che restano volentieri crocifissi con Gesù. Che voglio dire? Felici quelli che sono fedeli a soffrire ogni pena per amore di Gesù. Oh! che grandi tesori si acquistano restando in preghiera aridi e desolati! Bisogna soffrire la prova che viene da Dio. Infelici quelli che, nella prova, abbandonano il cammino iniziato, perché cadranno poi nell'iniquità.
4. La Divina volontà. Siate molto umili, ma di quell'umiltà vera del cuore che rende l'anima amica del proprio disprezzo e sottomessa a tutti. La virtù più gradita a Dio è la rassegnazione alla sua santa volontà. Molto spesso Dio ci da il desiderio di fare grandi cose, ma non vuole che siamo noi a farle. Succede anche spesso che noi domandiamo una grazia e Dio ce la concede in un'altra maniera, perché questa contribuisce di più al nostro maggior bene. Le tentazioni si vincono con l'umiltà e il santo timore di Dio; il demonio ha paura degli umili che diffidano di sé, li teme e li fugge. Nelle tentazioni, ritiratevi sul Calvario e rifugiatevi nel costato purissimo di Gesù e poi fatevi beffe del demonio. Soprattutto non lasciate mai l'orazione, quand'anche doveste soffrirvi le pene dell'inferno. Fate le vostre azioni con purezza d'intenzione, per amore di Dio, e lasciate gridare il demonio quanto vuole. Il modo migliore per fugare le illusioni è umiliarsi molto, diffidare di sé, conoscere il proprio nulla, annientarsi davanti a Dio e abbandonarsi con fiducia filiale fra le sue mani divine. Non vi curate se le vostre pene sono grandi o piccole, non lo desiderate nemmeno, ma amate in esse solo la Divina Volontà, senza fare altre riflessioni.
5 La prova. Come il caro Gesù ha accettato che la sua santissima vita sulla terra passasse sempre in mezzo a pene, fatiche, sforzi, angosce, disprezzi, calunnie, dolori, flagelli, chiodi, spine fino all'amarissima morte in croce, così, egualmente, quelli che si avvicinano a lui devono condurre la loro vita in mezzo alle pene. Ma, oh gran Dio! che ne sarà dei nostri cuori quando nuoteremo in quel mare infinito di dolcezza! Che sarà quando, lassù in ciclo, saremo tutti trasformati in Dio per amore e riceveremo in compenso quel bene infinito che è la ricompensa del nostro Dio! Che sarà quando canteremo per tutta l'eternità le divine misericordie, i trionfi dell'Agnello Immacolato e della nostra Madre, la santissima Vergine Maria! Che sarà quando canteremo senza mai cessare quell'eterno trisagio: Sanctus, Sanctus, Sanctus! Quando, insieme ai santi, canteremo i dolcissimi Alleluja del cielo! Che ne sarà dei nostri cuori e del nostro spirito quando saremo più uniti a Dio di quanto il fuoco è unito al ferro rovente che, senza cessare di essere ferro, sembra tutto fuoco! Amiamo dunque Dio, facciamoci molto piccoli e Dio allora ci farà grandi.
Nessun commento:
Posta un commento