lunedì 8 aprile 2013

Dall'infanzia alla pubertà


Il bambino dice no?? Fa i capricci??

L’ interiorizzazzione delle  regole e il ruolo dei genitori
(età: dai 3 agli 8/9 anni)” 

Maria Cristina Siino, psicologo psicoterapeuta

               E’certamente uno dei temi più difficili da trattare coi genitori, non tanto per i contenuti in sé, ma, quanto per il coinvolgimento emotivo e affettivo che, generalmente, questo quesito pone a ciascuno di noi e in modo diverso da papà a mamma!!!
              Quando il bambino esce dalla “nicchia” per andare a scuola, porta con sé un bagaglio, seppur piccolo, di cose che ha visto fare e dire dai genitori,o dai fratelli, di cose che ha imparato a fare con loro,e di cose di cui ha difficoltà, per svariati motivi!!!
             Diciamo che:
·        la sua identità è in divenire e si forma dall’esperienza;
·        Il contesto dell’esperienza è lo sfondo nel quale avviene ogni apprendimento;
·        ogni vissuto esperienziale nasce da una relazione e da lei, e dal contesto, prende forma!!!
            La comparsa del “no” a livello evolutivo, nel bambino, avviene, di norma, tra la fine del secondo anno e l‘inizio dei 3 anni.
           E’ chiaro che ci possono essere delle eccezioni rispetto ai tempi ma, questi, in genere, non si distanziano  di molto.
          Cosa, questa comparsa, determina nei genitori, non può essere generalizzata, in quanto ci sono delle variabili da tenere in considerazione tra risposta e risposta!!!
          Una di queste è, ad esempio, l’esperienza  dell’educazione ricevuta in genere mai uguale tra mamma e papà. Questa è, certamente, quella costante di cui, il bambino, molto precocemente fa esperienza e dalla quale, quando siamo ad una co-genitorialità matura e responsabile, prende spunto, nel tempo (attraverso il processo d’identificazione),  la sua individualità.
         Questo è vero nella misura in cui leggiamo lo sviluppo del bambino attraverso un ottica relazionale, superando la concezione unilaterale, intrapsichica, che vede il problema solo dal punto di vista del bambino, escludendo l’ambiente.
         Nella fattispecie dell’argomento spinoso, che ci accingiamo ad affrontare insieme, iniziamo col dire che, quando il bambino comincia a dire no,  sembra non esserne pienamente consapevole, ma, a fare emergere gradualmente la consapevolezza siamo noi adulti ogni qualvolta facciamo una semplice cosa: lo ascoltiamo.
         Il bambino, quando dice no, lo dice ad una PERSONA, o a più persone, (altrimenti è come se parlasse a se stesso!!) come a dire  che il NO, quello sano è proteso sempre verso l’autonomia e l’individuazione, ha un volto, un nome e una identità.
        Ma  è anche vero che, quando il NO non trova accoglienza, rischia di diventare insistente!!! E noi ne sappiamo qualcosa!!!!
      Quando il NO rimane non accolto, osteggiato, senza nome e senza nessuno che risponde adeguatamente  a questo appello, a farne le spese è la relazione tra il bambino e l’adulto.
       Questa, subisce bruscamente delle interruzioni o blocchi che, a lungo andare portano ad incomprensioni e stili educativi rigidi e poco protesi al dialogo.
        Facciamo un esempio: un bambino rifiuta categoricamente di eseguire un compito x, richiesto da uno o entrambi i genitori. Di fronte a questo problema i genitori reagiscono con l’imposizione e il bambino si mette a strillare!!! Domanda: cosa non ha funzionato? Dove sta l’inghippo?
         L’intenzionalità dei genitori è quella di trasmettere una regola? O è quella di impartire al bambino semplicemente un “tu devi?”
         Nella nostra quotidianità spesso viviamo in prima persona esperienze simili con i nostri figli e il vissuto che abbiamo dentro e/o esprimiamo, ha quasi sempre i contorni  della rabbia e della frustrazione.
         E’ come se tra le varie competenze che il bambino acquisisce grazie alla famiglia quella SOCIALE si rivela più difficile. Diciamo che spesso i problemi  nascono    quando tra l’intenzionalità di base ( il genitore voleva in realtà insegnare al figlio l’ubbidienza o la collaborazione) e la modalità di trasmissione della stessa, non c’è coerenza.
         Più volte durante questo stesso percorso di crescita si è sottolineata l’importanza educativa della RELAZIONE tra genitori e figli  fondata sulla RECIPROCITA’ e sulla COERENZA.
          Il volere trasmettere una educazione sana e fondata sul rispetto di sé stessi e dell’altro non vuol dire imporre delle regole predefinite e standardizzate ma stare – con il bisogno mio e il bisogno dell’altro nella consapevolezza dei ruoli tra chi è chiamato a dare e chi a ricevere!!!!
          Una regola è sempre una regola, non si mette minimamente in dubbio!!! A fare la differenza è il modo con cui questa è trasmessa e il tempo.
          Nasce qui tutto quel discorso che ci vede spesso divisi tra due fazioni: i tradizionalisti e i permessivisti! Il conflitto, che genera dal confronto, quanto è costruttivo e orientato alla crescita è sinonimo di maturità e responsabilità.
            Il NO è anche espressione di aggressività o di energia che, se adeguatamente riconosciuta e canalizzata, può trasformarsi  in competenze diverse anche artistiche.
           Spesso, invece, attraverso il nostro modo frettoloso di “spegnere i dardi”, blocchiamo, nel bambino, quella vivacità e quella spontaneità che, agli esordi, erano l’espressione di una personalità che aveva voglia di nascere e di definirsi in maniera originale. Allora, considerando tutto ciò, fermiamoci e riflettiamo insieme!!!
 Grazie!!!

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