LA SANTITÀ DI MADRE SPERANZA:
ESPERIENZA E TRASPARENZA DELL’AMORE MISERICORDIOSO DI DIO
“Siate santi come io Il Signore, Dio vostro, sono Santo”(Lv 19,2)
«Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 48)
“Siate misericordiosi com’è misericordioso il Padre vostro del cielo”(Lc 6,36)
Il gioioso suono delle campane del Santuario di Collevalenza la mattina del 5 luglio
2013, quando abbiamo avuto la conferma che Papa Francesco aveva autorizzato la firma del
Decreto per il riconoscimento del miracolo ottenuto per intercessione di Madre Speranza,
esprimeva l’alleluia di tutta la famiglia dell’Amore misericordioso, e di tantissime persone a
noi vicine, per questo riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa dell’esemplare santità
della Madre. Ma, mentre ringraziavamo il Signore per questo dono tanto atteso, fin da subito
emergeva in noi la domanda interiore sul significato di tutto questo per la nostra vita e per la
vita della Chiesa.
Quando guardiamo la figura e la vita della Madre Speranza, ci rendiamo conto che,
come ogni vero discepolo del Signore, non ha fatto altro che accogliere l’Amore che le si è
rivelato, le ha toccato il cuore, le ha parlato e l’ha scelta per una missione.
In Madre Speranza è stata la sua particolare esperienza dell’amore di Dio a rendere la
sua vita luminosa e santa. Tutte le cose grandi e belle non si improvvisano. Quando il Signore
ha un disegno particolare, la prima cosa che fa è preparare le persone e gli eventi per
realizzarlo. Allora assistiamo nella vita della Madre a tutta una serie di circostanze che l’hanno
preparata a realizzare quel sogno che Dio aveva su di lei. Nella prima fase della vita di M. Speranza è stata la maturazione
progressiva di un desiderio di cui lei parlerà, molti anni più tardi a Collevalenza: “il grande
desiderio di essere santa”.
Sentendo la chiamata del Signore, lasciò la sua famiglia all’età di 21 anni con il fermo
proposito di farsi santa. A sua madre che la invitava a ritardare il suo ingresso nel convento di
Villena, rispose:. «Mamma, domani è la festa di S. Teresa ed io, che aspiro a diventare una grande santa,
vorrei che mi aiutasse a seguire il Signore come ha fatto lei [...].
Così con il dolore di vedere la sofferenza di mia madre, ma con il grande desiderio di
diventare santa, partii da casa [...] il giorno di S. Teresa» .
attrazione di Madre Speranza era
collegata al fatto che Teresa “non aveva paura di nulla”. Un tratto peculiare della santità della
Madre appare già da ora: è un cammino di santità supportato da un temperamento molto forte,in tutta la sua permanenza nella vita religiosa. Dagli scritti di Madre Speranza, e da molte testimonianze di chi l’ha conosciuta, emerge
con molta forza un altro aspetto fondamentale della sua santità, dove l’unione con il buon Gesù
raggiunge le vette più sublimi. Non solo ha sperimentato, come una sposa innamorata del suo
Sposo, la dolcezza dell’amore di Dio, che tanta impressione ha lasciato in lei, ma ha potuto
partecipare anche alle sofferenze di Gesù.Questa notte, Padre mio, ho sentito come non mai, i dolori e le angustie della Passione
del buon Gesù… che orrore e tormento ha sentito il mio cuore davanti a questo quadro!
Non so se sarà un’illusione, ma ho l’impressione di amare il buon Gesù più di prima. Ci
sono dei momenti, Padre mio, in cui mi sembra di sentire nell’anima un movimento
interno che la trasporta verso di Lui, distaccandola dalle cose che non sono Lui,
infondendo in me una sete bruciante di soffrire con Lui, e attendo con ansia il momento
in cui mi chieda l’opera che vuole che io faccia, aiutata da Lui.
Quale sarà quest’opera?” Le testimonianze in proposito sono tantissime. E uno dei suoi commenti più profondi al
Vangelo è quello molto dettagliato sulla Passione del Signore.
Attraverso questa esperienza che ha segnato incisivamente tutta la vita di Madre Speranza
(pensiamo alle tante volte in cui lei baciava il Crocifisso, ci sono anche le foto) abbiamo un
messaggio chiaro: non è possibile seguire Gesù senza abbracciare la sua croce.
La croce come scuola di amore e di sapienza per compiere la volontà di Dio
L’abbracciare la croce, come dice Madre Speranza, ha, nei piani di Dio, un significato
unitivo e pedagogico. “La scienza dell’amore si apprende nel dolore” ha detto e scritto tante
volte la Madre. Nella pagina del Diario, già citata, leggiamo anche:
“Questa notte il buon Gesù mi ha invitata a sentire un poco i dolori e le angustie della
sua Passione, dicendomi che in essa avevo molto da imparare per unirmi più
intensamente a Lui e così abbracciare gioiosamente il suo volere divino”. Il binomio amore–sacrificio è inseparabile nella vita e nell’insegnamento di M. Speranza. E' una delle caratteristiche più evidenti e significative del suo cammino spirituale
e della luminosa testimonianza della sua santità. E tale esperienza non appare tanto come una
decisione ascetico–morale, ma come una dimensione della vita che ha appreso alla scuola
dell’Amore crocifisso. Cristo in croce è, infatti, l’espressione più sublime dell’amore di Dio per
l’uomo, amore fedele fino all’estremo, amore appassionato, tenero, vicino, amore che perdona
fino al limite ultimo, amore che porta il peso di tutti noi e spezza, in questo modo, il cerchio
infernale del male.“Gesù soffre e si consegna al dolore per farci capire che la prova dell’amore è il
sacrificio. Nessuno, dunque, più di Gesù può chiamarsi Maestro di amore, perché
nessuno si è sacrificato come Lui. Questo, figli miei, è l’amore. L’amore si comunica, si
dona e questo è ciò che Gesù ha fatto con noi. Ora impariamo a ricambiarlo con
l’amore, tenendo presente che amare Gesù significa donarsi a Lui, sacrificarsi per Lui e
amare il prossimo e sacrificarsi per il prossimo. Dobbiamo chiedere incessantemente a
Gesù che ci faccia conoscere l’amore perfetto e l’amore sacrificato del suo cuore
insieme con la carità”. A Gesù in croce lei dice:
“Dici, Gesù mio, che l’amore se non soffre e non si sacrifica non è amore. Che
insegnamento! Ora capisco perché il tuo amore è così forte ed è un fuoco che brucia e
consuma: hai sofferto tanto!”
Emerge a questo punto un particolare aspetto dell’unione al buon Gesù nell’amore e nel
sacrificio: è la coscienza serena e ferma della perseveranza in quello che lei chiama “l’arduo
cammino” della santità. La santità di vita di Madre Speranza nasce, da un incontro con l’amore
di Gesù che l’ha segnata per tutta la vita. Questo amore l’ha tenuta stretta a Lui, in una
passione di amore e di sofferenza, abbracciata alla croce del suo Gesù, ha prodotto poi uno stile
caratteristico di preghiera, ha generato un dinamismo operativo impressionante, diretto
soprattutto in modo particolare ai più bisognosi e ai sacerdoti.
L’esperienza dell’amore di Dio fatta da Madre Speranza merita anche una sottolineatura
particolare riguardo al tema del perdono. Dio ci ama misericordiosamente perché perdona
sempre, anzi come sole dire la Madre “dimentica, perdona, non tiene in conto le miserie dei
suoi figli”. Questa lezione evangelica, senza la quale non c’è santità, la Madre l’ha imparata dal
cuore stesso di Dio, vincendo anche le resistenze umane che aveva come tutti noi. Il messaggio di M. Speranza riduca non riduce però il perdono di Dio a
una specie di condono buonista, che lascia tutto come sta e cancella la responsabilità morale
dei nostri atti. La confusione tra il bene e il male, quasi che fossero un fatto soggettivamente
relativo, è il peggior servizio che possiamo rendere alla misericordia di Dio ed è, sicuramente,
tra le cause che hanno gettato un’ombra di “sospetto” inquietante sulla stessa concezione del
perdono misericordioso di Dio. Il messaggio di M. Speranza non intende misconoscere la funzione pedagogica della
“correzione”, ma farci cogliere l’identità di un Dio che è amore, e nel quale ogni dimensione,
anche la correzione, fa parte dell’amore (cf Eb 12, 5-7)
Chi si sente amato da Dio e rifatto nuovo da un perdono che è continuo gesto creatore e
redentore, va entrando progressivamente nella dinamica di questo amore che non si stanca di
capire, di “scusare l'intenzione quando non può giustificare l'azione”, com’era solita dire M.Speranza. Lei imparò il perdono alla scuola della misericordia divina e dalle
prove sofferte. L’ultimo trentennio della vita di M. Speranza è trascorso a Collevalenza. In questo
momento culmine della sua vita dice di se stessa di sentirsi come un flauto che diffonde la
melodia della misericordia, o come la portinaia del buon Dio che apre le braccia a tutti per
avvicinarli al cuore del Padre. Così scrive in una circolare ai figli e alle figlie, parlando della
sua attività nel Santuario dell’Amore Misericordioso. Quella del “compimento” è la chiave con cui il Vg secondo Giovanni legge l’amore di
Gesù portato “fino alla fine” (Gv 13,1; 19,28-30). Anche M. Speranza che, fin da giovane
religiosa, aveva fatto il voto di vittima all’Amore misericordioso, offrendosi in particolare per i
sacerdoti del mondo intero, può dire alla fine della sua vita “È compiuto!”. Ha concepito
sempre la vita consacrata come uno stato di olocausto per il Signore e per la sua gloria. Lei stessa ha vissuto in prima persona questa dimensione di un amore che si dona fino alla
consumazione totale. Gli ultimi anni della sua vita sono stati caratterizzati da un progressivo
“scomparire” nel silenzio, nella preghiera e nell’immolazione serena di una vita che volge al
compimento. Amava usare, oltre all’immagine del chicco di frumento che muore, anche quella
della “patata che marcisce per dare vita a nuovi figli”. Diventava, così, testimone vivente del
processo spirituale portato al suo grado supremo,
Questo è l’amore che M. Speranza propone alla nostra contemplazione nell’immagine
eloquentissima del Crocifisso dell’Amore misericordioso, che si venera nel Santuario di
Collevalenza.
Ci aiuti il Signore a seguire questo esempio così luminoso, diventando anche noi una luce di
misericordia dovunque c’è oscurità.
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