venerdì 11 agosto 2023

Chiara d'Assisi


"Sono i santi coloro che cambiano il mondo in meglio, 
lo trasformano in modo duraturo, immettendo 
le energie che solo l’amore ispirato dal Vangelo può suscitare. 
I santi sono i grandi benefattori dell’umanità!”
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La mirabile donna, Chiara di nome e chiara per virtù, nacque nella città di Assisi il 16 Luglio 1194, da stirpe assai nobile: fu prima concittadina del beato San Francesco in terra, per regnare poi con lui in cielo.
Suo padre era cavaliere, e tutta la famiglia, da entrambi i rami, apparteneva alla nobiltà cavalleresca. La sua casa era ricca e le sue sostanze, in relazione alle condizioni generali del paese, erano doviziose.
Sua madre, di nome Ortolana - destinata a partorire nel campo della Chiesa una pianticella ricca di frutti - era, lei stessa, dotata di buoni e abbondanti frutti.
Benché, infatti, legata in matrimonio, benché vincolata alle cure della famiglia, si dedicava tuttavia, quanto più poteva, al culto divino e con assiduo zelo si applicava ad opere di pietà.
Per devozione, appunto, si recò oltremare in pellegrinaggio e visitò quei luoghi eccezionali, che Dio fatto uomo ha santificato con le sue sacre orme, ritornandone infine indietro nella gioia. Per pregare andò anche a San Michele Arcangelo e con fervente devozione visitò le tombe degli Apostoli.
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Dal frutto si conosce l'albero e il frutto trae pregio dall'albero. L'abbondanza della grazia divina si riversò preveniente nella radice, perché nel ramoscello fiorisse copiosa la santità.
Infine, mentre la donna, gravida e ormai vicina a partorire, pregava intensamente il Crocifisso in chiesa, davanti alla croce, che la salvasse dai pericoli del parto, udì una voce che le diceva: "Non temere, donna, perché sana e salva darai al mondo una luce, che aggiungerà chiarore alla luce stessa." Illuminata da questa profezia, volle che la neonata, rinascendo al fonte battesimale, si chiamasse Chiara, sperando che si realizzasse in qualche modo in seguito la chiarezza di luce promessa, conformemente al disegno d'amore della divina volontà. Da poco data alla luce, ancora piccolina Chiara cominciò presto a risplendere di chiarore nell'oscurità del mondo e a rifulgere, fin dai teneri anni, per la bontà del suo vivere. Con cuore docile, anzitutto, ricevette dalle labbra della madre i primi rudimenti della fede; e in pari tempo ispirandola e istruendola interiormente lo Spirito, quel vaso veramente purissimo si rivelò un vaso di grazie. Stendeva volentieri la mano ai poveri e dall'abbondanza della sua casa traeva di che supplire all'indigenza di moltissimi.
E affinché il suo sacrificio fosse più gradito a Dio, sottraeva al suo corpicciolo i cibi delicati e li mandava di nascosto, a mezzo di persone incaricate, come ristoro agli orfani. Così crescendo con lei fin dall'infanzia la misericordia, aveva un animo sensibile alla sofferenza altrui, e si piegava compassionevole sulle miserie degli infelici. Aveva il gusto della santa orazione e la coltivava assiduamente: e impregnandosi spesso della soave fragranza della preghiera, vi imparava poco a poco a condurre una vita verginale. Non avendo filze di grani da far scorrere per numerare i Pater Noster, contava le sue preghierine al Signore con un mucchietto di pietruzze.
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Quando dunque cominciò ad avvertire i primi stimoli del santo amore, ritenne spregevole il fiore della mondanità. Chiedeva la libertà di essere povera. E infatti sotto le vesti preziose e morbide portava nascostamente un piccolo cilicio, apparendo al di fuori adorna per il mondo, ma rivestendosi interiormente di Cristo.
Infine, volendola i suoi accasare nobilmente, non acconsentì in alcun modo: ma, fingendo di voler rimandare a più tardi le nozze terrene, affidava al Signore la sua verginità.
Tali furono nella casa paterna i saggi della sua virtù, tali le primizie dello spirito, tali i preludi della santità. Perciò, abbondando di così intensi profumi, come una cella di aromi, quantunque chiusa si tradiva con la sua stessa fragranza. A sua insaputa cominciò infatti ad essere lodata dalla bocca dei vicini e a spargersi veridica fama sulle sue opere segrete: così che si divulgava tra il popolo la notizia della sua bontà. Udendo poi parlare di Francesco, allora già celebre, che come uomo nuovo, con nuove virtù rinnovava la via della perfezione ormai sparita dal mondo, tosto desidera sentirlo e vederlo, spinta a fare ciò dal Padre degli spiriti, da cui entrambi, benché in modo diverso, avevano ricevuto le prime ispirazioni. La visita, dunque, e più spesso è lei a visitarlo, regolando la frequenza dei loro incontri in modo tale che quella divina attrattiva potesse passare inosservata agli occhi degli uomini e non nascessero pubbliche mormorazioni a macchiarla. Accompagnata infatti da una sola persona a lei familiare, la fanciulla usciva dalla casa paterna e si recava di nascosto ad incontrare l'uomo di Dio, le cui parole le sembravano di fiamma e le opere sovrumane. 

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Il padre Francesco la esorta a disprezzare il mondo, dimostrandole con linguaggio ardente che sterile è la speranza fondata sul mondo e ingannatrice ne è l'apparenza; instilla nelle sue orecchie la dolcezza delle nozze con Cristo, persuadendola a serbare intatta la gemma della castità verginale per quello Sposo beato, che l'amore ha incarnato tra gli uomini. E si affida allora completamente al consiglio di Francesco, scegliendolo come sua guida, dopo Dio, nella via da seguire. Da quel momento in poi la sua anima è tutta legata ai suoi santi consigli ed accoglie con cuore ardente ciò che egli le va insegnando intorno a Gesù buono. Sopporta ormai con fastidio l'eleganza degli ornamenti mondani e considera spazzatura ogni cosa che attira esternamente l'ammirazione, al fine di guadagnare Cristo. Ben presto, perché la polvere del mondo non abbia ad appannare lo specchio di quell'anima tersa e il contatto con la vita mondana non ne contagi la pura giovinezza, il padre santo si affretta a sottrarre Chiara dalle tenebre del mondo. Era prossima la solennità delle Palme, quando la fanciulla con cuore ardente si reca dall'uomo di Dio, per chiedergli che cosa debba fare e come, ora che intende cambiare vita.
Il padre Francesco le ordina che il giorno della festa, adorna ed elegante, vada a prendere la palma in mezzo alla folla, e la notte seguente, uscendo dall'accampamento, converta la gioia mondana nel pianto della passione del Signore.
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Venuta dunque la domenica, la fanciulla entra in chiesa con le altre, radiosa di splendore festivo tra il gruppo delle nobildonne. E lì avvenne - come per un significativo segno premonitore - che, affrettandosi tutte le altre a prendere la palma, Chiara, quasi per un senso di riserbo, rimane ferma al suo posto: ed ecco che il vescovo discende i gradini, va fino a lei e le pone la palma tra le mani. La notte seguente, pronta ormai ad obbedire al comando del Santo, attua la desiderata fuga, in degna compagnia. E poiché non ritenne opportuno uscire dalla porta consueta, riuscì a schiudere da sola, con le sue proprie mani, con una forza che a lei stessa parve prodigiosa, una porta secondaria ostruita da mucchi di travi e di pesanti pietre. Abbandonati, dunque, casa, città e parenti, si affrettò verso Santa Maria della Porziuncola, dove i frati, che vegliavano in preghiera presso il piccolo altare di Dio, accolsero la vergine Chiara con torce accese.
Lì subito, rinnegate le sozzure di Babilonia, consegnò al mondo il libello del ripudio; lì, lasciando cadere i suoi capelli per mani dei frati, depose per sempre i variegati ornamenti. Raggiunti a volo dalla notizia dell'avvenimento, i parenti, col cuore straziato, condannano il proposito messo in atto dalla vergine; e riunitisi in gruppo, accorrono al luogo, nel tentativo di ottenere l'impossibile.
Ricorrono a tutto: alla violenza impetuosa, a trame avvelenate, a lusinghiere promesse, pur di persuaderla a recedere da quella condizione di umiliata bassezza, che né si addice alla nobiltà del casato, né ha precedenti nella contrada.
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Ma ella, aggrappandosi stretta alle tovaglie dell'altare, si scopre il capo rasato, affermando che in nessun modo si lascerà strappare dal servizio di Cristo. Col crescere della lotta ostile dei suoi, cresce il suo coraggio, e nuove forze le infonde l'amore stimolato dalle offese.
Ostacolata così per più giorni nella via del Signore e soffrendo l'opposizione dei suoi familiari al suo proposito di santità, non vacillò l'animo, non svigorì il suo fervore: anzi, tra le parole ingiuriose, ella tempra il suo spirito alla speranza, finché i parenti, sconfitti, si danno per vinti e si placano. Trascorsi pochi giorni, si trasferì alla chiesa di Sant'Angelo di Panzo; ma non trovando lì il suo spirito piena pace, passò infine, per consiglio del beato Francesco, presso la chiesa di San Damiano. Qui, fissando l'ancora del suo spirito come in un porto sicuro, non ondeggia più nell'incertezza di ulteriori mutamenti, non esita per l'angustia del luogo, non si lascia impaurire dalla solitudine. È questa la famosa chiesa per il cui restauro Francesco si affaticò con mirabile zelo e al cui sacerdote aveva offerto denaro per ripararla. È la chiesa nella quale mentre Francesco pregava, una voce discesa dal legno della croce suonò così: «Va', Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, va tutta in rovina». Nella prigione di questo minuscolo luogo, la vergine Chiara si rinchiuse per amore dello Sposo celeste. Qui incarcerò il suo corpo, per tutta la vita che aveva innanzi, celandosi dalla tempesta del mondo. Ponendo il suo nido, quale argentea colomba, nelle cavità di questa rupe, generò una schiera di vergini di Cristo, fondò un monastero santo e diede inizio all'Ordine delle Povere Donne. Chiara, pietra primaria e nobile fondamento del suo Ordine, fin dal principio si studiò d'impostare l'edificio di tutte le virtù sul fondamento della santa umiltà. Promise infatti santa obbedienza al beato Francesco, e mai si scostò in alcun modo da questa promessa. Così, tre anni dopo la sua conversione, rifiutando il nome e la carica di abbadessa, avrebbe voluto umilmente sottostare, piuttosto che essere a capo, e tra le ancelle di Cristo più volentieri servire che essere servita. Ma, costretta dal beato Francesco, assunse infine il governo delle Donne: e da ciò nel suo cuore nacque timore, non arroganza; e vi crebbe non l'indipendenza, ma lo spirito e la pratica del servizio. 
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Quanto più, infatti, si vede innalzata da queste apparenze di superiorità, tanto più in basso si ritrova nella propria stima, più pronta al dovere, più umile anche nell’aspetto esteriore. Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l'acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano. Malvolentieri imparte appena qualche ordine: ma fa da sé spontaneamente, preferendo eseguire lei stessa piuttosto che comandare alle sorelle. Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore.
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Molto spesso lavava i piedi delle servigiali che tornavano da fuori e, lavatili, li baciava. Una volta lavava i piedi di una di queste servigiali: e, mentre stava per baciarli, quella, non sopportando un'umiliazione così grande, ritrasse il piede e nel gesto colpì col piede in viso la sua signora. Ma ella riprese con dolcezza il piede della servigiale e vi impresse, sotto la pianta, ben aderente un bacio. Prima di tutto, all'inizio della sua nuova vita, fece vendere l'eredità paterna che aveva ricevuto e, senza trattenere per sé neppure la più piccola parte del ricavato, tutto distribuì ai poveri. Da quel momento, lasciato fuori il mondo e arricchita interiormente nell'anima, corre libera e leggera, senza borsa, dietro a Cristo. Così forte patto, infine, strinse con la santa povertà e talmente la amò, che nulla volle avere, se non Cristo Signore; nulla alle sue figlie permise di possedere. Era convinta, infatti, che la preziosissima perla del desiderio del cielo, che aveva acquistato vendendo ogni cosa, non si può assolutamente possedere insieme con l'inquietante preoccupazione dei beni temporali. In ventotto anni di continua sfinitezza, non si ode una mormorazione, non un lamento, ma sempre dalla sua bocca proviene un santo conversare, sempre il ringraziamento. E benché, oppressa dal peso delle malattie, paresse avviarsi rapidamente alla fine, piacque invece a Dio disporre la sua morte per quel tempo in cui potesse venire esaltata con degni onori dalla Chiesa Romana, di cui era creatura e figlia a titolo speciale. Mentre dunque il sommo Pontefice insieme con i cardinali si tratteneva a Lione, Chiara cominciò a peggiorare nella sua malattia. Con la morte di Chiara d'Assisi, avvenuta l'11 agosto del 1253, si concludeva la vita terrena di una delle donne più straordinarie del secondo millennio cristiano.
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