mercoledì 7 febbraio 2024

Santa Colette di Corbie

«Solo la fede fa il miracolo; io sono solo uno strumento nelle mani di Dio».

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Chi era Colette ?
Nicolette Boëllet nasce a Corbie il 13 gennaio del 1381 dopo che i suoi anziani genitori, Robert e Marguerite, invocano, per lungo tempo San Nicola per il dono di un figlio. Il suo nome fu il segno di riconoscenza verso San Nicola di Bari. Sarà conosciuta col diminutivo Colette e riformerà l’Ordine delle Clarisse del XV secolo.
Una giovane donna che vive come reclusa, riceve una visione che le ingiunge di rinnovare l'eredità francescana. Papa Benedetto XIII che lei incontra a Nizza, le dona il velo nero di clarissa e la nomina abbadessa delle religiose che vogliono compiere una riforma dell’Ordine clariano. In mezzo a pericoli e violenze, in quarant' anni fonda 18 monasteri da Besançon a Gand.
Grande mistica, rivive la Passione ogni giorno; una vita ascetica, estasi, lacrime, rapimenti nel momento dell’ Eucaristia. Coraggiosa nelle difficoltà, lotta contro il demonio e le sofferenze. Taumaturga, pacifica, è umile, e si denomina « la piccola ancella del Signore, indegna ed inutile serva ». Muore a Gand nel 1447.
Colette non cerca di compiere un'opera originale; voleva semplicemente essere fedele al pensiero dei fondatori. Così, a Nizza aveva chiesto al papa di poter « tenere la Regola che il glorioso Padre San Francesco aveva dato alla gloriosa Donna Santa Chiara ». E questo era di una portata considerevole, perché la Regola di Urbano IV aveva quasi dappertutto soppiantato quella della fondatrice. Il grande merito di Colette è di aver, in qualche modo, ridato alle clarisse la loro Regola!
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Il lavoro del padre, mastro falegname presso i benedettini, le permise di conoscere da vicino il loro mondo del quale la affascinò, in particolare, la celebrazione liturgica. In una mattina infatti, all’età di sette anni, all’insaputa dei genitori partecipò al mattutino cantato di notte dai benedettini. Verso i diciotto anni rimase orfana ma, il padre, la lasciò come tutore all’abate di Corbie. Molti erano i giovani che la corteggiavano ma lei, che si consacrò giovane al Signore, Gli chiese di nascondere la sua bellezza e, dopo pochi istanti, il bel colorito del suo viso diventò pallore. Si sentì dedita a Dio e ai poveri. Iniziò, così, a frequentare delle beghine, il monastero benedettino e poi le clarisse di Moncel presso le quali divenne conversa per poco tempo. Colette, però, avvertiva una profonda insoddisfazione spirituale e su consiglio del padre Francescano osservante Pinet, decise di indossare l’abito francescano del Terz’Ordine e di vivere in un reclusorio presso la chiesa di Santo Stefano a Corbie.
Per circa quattro anni la sua vita era dedita alla preghiera; dalla sua piccola finestra poteva elargire consigli a quanti si accostavano a lei. Nella sua reclusione Dio si fece presente con segni tangibili: San Francesco e Santa Chiara le manifestarono il desiderio di riforma dell’Ordine ma lei, credendo fossero un’illusione del demonio, non ascoltò. Dio, allora, le inviò nuovi segni: le tolse l’uso della vista e della parola. Ai segni divini non rimase più indifferente.

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Il Papa le conferì l’abito di Santa Chiara e il velo e la nominò badessa perpetua di tutti quei monasteri che avrebbe fondato e riformato. Santa Colette incontrò non poche difficoltà e gli stessi concittadini erano stanchi dei suoi continui cambiamenti. Il suo confessore la fece ospitare, prima, nel castello di suo fratello e poi le fu messo a disposizione il monastero delle Clarisse di Besançon dove erano rimaste solo due monache.
In terra Umbra è usuale chiamare le Clarisse francesi di Assisi le "Colettine". Questo titolo « Colettine » rispecchia una storia e un'identità specifiche, ma nel frattempo s'inserisce nella grande tradizione dell’Ordine di S. Chiara.  Questa santa fu pregata molto dalla coppia, affinché potessero ricevere la grazia di un bambino ed è tuttora invocata molto spesso, soprattutto nell'accogliere una nuova vita. Ha ottenuto dal Signore molte nascite e ha permesso di rompere spesso le catene dell'infertilità. La sua vita era, spesso, favorita da interventi divini: visioni, estasi, profezie. Compì molti miracoli ma, umilmente, affermò: «Sola la fede fa il miracolo; io sono solo uno strumento nelle mani di Dio». Veniva accolta con fervore durante i suoi numerosi spostamenti, cercava di trasmettere la sua austerità di vita alle castellane che la accoglievano. Quando possibile, si confessava tutti i giorni e nelle sue comunità introdusse la pratica delle tre Ave Maria alla fine di ogni Ufficio Liturgico. La pratica era uno scudo contro la triplice concupiscenza, cioè il triplice desiderio rivolto alla carne, agli occhi e alla superbia della vita. Intervenne anche per l’unità della Chiesa cercando di far abdicare l’antipapa Felice V: ci riuscirà con la sua morte avvenuta a Gand il 6 marzo del 1447. 🌸Profondamente ferita dalla situazione di incoerenza presente nella Chiesa, sentiva il bisogno di invocare per sé e per tutti, la misericordia di Dio unendo la sua piccola vita alla redenzione del Cristo.
Profondo era il suo amore per l’Eucaristia.
Aveva sessantatrè anni. Dopo la sua morte, sul suo volto ritornerà il colorito che aveva da ragazza. Secondo il suo desiderio venne sepolta senza sudario e senza bara nella nuda terra nel cimitero di Gand. Nel 1783 le reliquie vennero traslate a Poligny, il suo convento prediletto. Venne beatificata nel 1623 e canonizzata da papa Pio VII nel 1807.


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