giovedì 24 luglio 2014

Santa Cristina


Santa Cristina
"Consacrata a Cristo”

Cristina, fanciulla di nobile famiglia, nacque a Tiro in Italia. Di bellissimo aspetto, molti la desideravano in moglie, ma i genitori rifiutavano ogni proposta di matrimonio, avendo deciso di consacrare la figlia al culto degli dèi; il padre, infine la chiuse in una torre con dodici ancelle e molte statue di idoli, d’oro e d’argento. Ma Cristina, istruita dallo Spirito Santo, aveva in orrore il culto degli dèi e gettava dalla finestra l’incenso che avrebbe dovuto bruciare in loro onore. Cristina spezzò gli idoli del padre e distribuì l’oro e l’argento di cui erano formati fra i poveri. Quando il padre tornò nella torre per vedere se la figlia venerava gli dèi, non li trovò più e seppe dalle ancelle quello che Cristina ne aveva fatto.  Comandò allora che fosse spogliata e bastonata da dodici servi, i quali eseguirono l’ordine fino a che non gli vennero meno le forze. Cristina disse al padre: “Uomo senza onore né pudore, odiato da Dio, coloro che mi battono sono ormai senza forze e nessuno dei tuoi dèi sarebbe capace di restituirgliele”. Allora il padre ordinò che fosse incatenata e chiusa in prigione. Quando la madre seppe tale notizia si strappò le vesti, andò nel carcere dove si trovava Cristina e le si prostrò ai piedi dicendo: “Figlia mia Cristina, luce dei miei occhi, abbi pietà di me!”. E Cristina rispose: “Perché mi chiami figlia tua, dal momento che io porto il nome del mio Dio?”. Infine la madre, non potendo persuaderla, tornò dal marito e gli riferì le risposte della figlia. 


Allora il padre comandò che Cristina fosse portata dinanzi al tribunale e le disse: “Sacrifica agli dèi se non vuoi essere crudelmente tormentata e cessare di essere mia figlia!”. E Cristina: “Mi hai accordato un gran favore non chiamandomi figlia del diavolo, perché dal diavolo non può nascere che un demone”. Il padre, infuriato, ordinò di straziarle le carni con unghie di ferro e di farle a pezzi ogni membro; ma Cristina prendeva i pezzi della propria carne e, gettandoli in faccia al padre, diceva: “Prendi, tiranno, e mangia la carne che hai generato!”. Allora il padre la fece porre su una ruota, fece poi attizzare un gran fuoco con l’olio, ma la fiamma, divampando uccise millecinquecento pagani. Il padre, che attribuiva tutti questi miracoli alle male arti della figlia, di nuovo la fece condurre in carcere e, giunta la notte, comandò i suoi servi che le legassero una pietra al collo e la gettassero in mare. Ma ecco che gli angeli la sollevarono nelle loro braccia e Cristo stesso discese fino a lei battezzandola con queste parole: “Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.  Poi la affidò all’arcangelo Michele, che la riportò a terra. A tale notizia il padre si percosse la fronte e disse: “Di quali male arti ti servi per domare anche i flutti del mare?”. E Cristina rispose: “Uomo stolto e infelice, è Cristo che mi fa tali grazie!”. Allora il padre ordinò che fosse di nuovo chiusa in un carcere e decapitata il giorno dopo; ma nella stessa notte il crudele padre, che si chiamava Urbano, fu trovato morto. 
Santa Cristina fa parte di quel gruppo di sante martiri, la cui morte o i supplizi subiti si imputano ai padri, talmente snaturati e privi di amore, da infliggere a queste loro figlie i più crudeli tormenti e dando loro la morte per aver abbracciato la fede cristiana. Il suo nome significa “consacrata a Cristo”.

MIRACOLO DI BOLSENA

Bisogna ricordare che la Basilica di S. Cristina a Bolsena possiede l’altare che è formato dalla pietra del supplizio della martire e che proprio su quest’altare nel 1263 un sacerdote boemo, che nutriva dubbi sulla verità della presenza reale del Corpo e Sangue di Gesù nell’Eucaristia, mentre celebrava la Messa, vide delle gocce di sangue sgorgare dall’ostia consacrata, che si posarono sul corporale e sul pavimento, l’evento fu riferito al papa Urbano IV, che si trovava ad Orvieto, il quale istituì l’anno dopo la festa del Corpus Domini affinché questo eccelso e venerabile Sacramento fosse per tutti memoriale dello straordinario amore di Dio per noi.conosciamoNE la storia. . . .
In un giorno imprecisato dell'anno 1263 (o 1264), forse nella tarda estate, giunse al santuario di Bolsena un sacerdote teutonico, al quale più tardi la tradizione attribuì il nome Pietro. Questi tornava da un lungo e disagevole pellegrinaggio fatto allo scopo di sentirsi fortificato nelle verità di fede. In quel momento era in crisi proprio la sua identità di sacerdote manifestando notevoli dubbi sulla reale presenza di Cristo nell'eucaristia. Nell'animo di Pietro il ricordo della martire Cristina, la cui fortezza e coraggio non aveva vacillato di fronte al martirio, aprì uno spiraglio. Dopo aver venerato devotamente la tomba della santa, in quel luogo celebrò l'eucaristia. Di nuovo i suoi dubbi cominciarono a turbargli la mente e il cuore; pregò intensamente la santa perché intercedesse presso Dio di donargli quella forza, quella certezza nella fede che l'avevano distinta nella prova estrema. Al momento della consacrazione, mentre teneva l'ostia sopra il calice, pronunciate le parole rituali, questa apparve visibilmente arrossata di sangue che copiosamente stillava bagnando il corporale. Al sacerdote mancò la forza di continuare il rito; pieno di confusione e di gioia, avvolse le specie eucaristiche nel corporale e si portò in sagrestia. Durante il percorso alcune gocce di sangue caddero anche sui marmi del pavimento e dei gradini dell'altare.

Ripresosi dallo sbigottimento, accompagnato dai canonici di Santa Cristina e dai testimoni del prodigio, si recò nella vicina Orvieto dove temporaneamente soggiornava con la sua corte papa Urbano IV, al quale confessò il suo dubbio chiedendo il perdono e l'assoluzione. Il sommo pontefice inviò subito a Bolsena, Giacomo, vescovo di Orvieto, accompagnato, secondo la leggenda, dai teologi Tommaso d'Aquino e Bonaventura da Bagnoregio, per verificare il fatto e portare fino a lui le reliquie. Genuflesso, Urbano IV ricevette l'ostia e i lini intrisi di sangue, e li recò, tra la commozione e l'esultanza di tutti, nella cattedrale orvietana di Santa Maria, e dopo averli mostrati al popolò, li pose nel sacrario. Del prete teutonico non si seppe più nulla. Le reliquie che ancora oggi testimoniano l'evento prodigioso sono: l'ostia, il corporale e i purificatoi custoditi nella Cappella del Corporale nella cattedrale di Orvieto; in particolare, l'ostia e il corporale, dal 1337, vennero conservati in quel gioiello di oreficeria senese che è il reliquiario di Ugolino da Vieri.
                                                          Nella giornata di oggi, giorno del mio onomastico voglio mettere in comune il mio pensiero relativamente a quello che la Parola mi ha suscitato. Il Vangelo è molto ricco di spunti sui quali riflettere. Mi soffermo solo sulla prima parte. La preghiera del Padre Nostro è talmente chiara e indicativa di come pregare: iniziare con il lodare e benedire il Signore ( . . .sia Santificato il Tuo Nome) , per poi chiedere la conversione dei cuori più induriti ( . . .venga il Tuo Regno) . Amare la Sua Volontà anche se non è conforme ai nostri desideri ( . . .sia fatta la Tua Volontà), chiedere il " pane" rappresentato da tutti i nostri bisogni personali fisici e spirituali ma soprattutto che non ci venga mai a mancare il pane della Parola e dell'Eucarestia; chiedere il perdono a condizione che anche noi perdoniamo chi ci ha offesi, altrimenti non vale. Infine la preghiera del Padre Nostro è quella nella quale otteniamo l'esorcismo più potente per la nostra vita ( . . . liberaci dal male).                                                                                           Maria Cristina 

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