Giorni di preghiera e di veglia
Meglio di suor Maria Rosa non saprei proprio dirlo. «Tante persone
agiscono senza consultare il Signore; se lo facessero, quante cose
cambierebbero, quanti cuori si aprirebbero all’amore di Dio, Padre
misericordioso che ci aspetta per farci grazia». Gli ecclesiastici non sono
certo esonerati. Al contrario, devono essere i primi ad accendere il gesto che
indica la «prima consultazione» che deve essere cercata. Se ci consultiamo solo
fra di noi, e poi invochiamo Dio sui giochi fatti, la cosa non promette nulla
di buono. Dio deve illuminarci, non tagliare il nastro e benedire l’impianto
elettrico già predisposto.
La preghiera è una cosa seria: chiede a Dio anche la fede, figurati il
resto. La preghiera chiede perché il vero credente è anche sempre consapevole
dello scarto incolmabile fra la sua contorta intelligenza e la cristallina
sapienza di Dio, fra il suo incerto volere e la graziosa determinazione di Dio,
fra i suoi confusi affetti e la signorile fedeltà di Dio. Dunque, la preghiera
appare la forma pura della fede, che si raccoglie nell’ascolto della Parola di
Dio e si mette in posizione di adorante gratitudine, pronta a ricevere i doni
di «Colui che opera in noi il volere e l’agire, conformemente alla nostra buona
volontà» (sant’Agostino).
L’occasione di preghiera è seria, non c’è dubbio. La famiglia è il dono
che sigilla la bellezza dell’opera creatrice di Dio, affidandola all’alleanza
degli uomini e delle donne: dall’alba dell’umanità alla fine dei tempi.
Raccogliendo l’invito solenne del papa Francesco, la Conferenza episcopale
italiana ha aderito con gioia all’odierna giornata di preghiera e disposto una
grande veglia pubblica per sabato 4 ottobre, festa di san Francesco, proprio
sulla soglia di apertura dello speciale Sinodo dei Vescovi dedicato al tema
della famiglia.
Nella sua "Preghiera alla Santa Famiglia", papa Francesco
mette limpidamente a fuoco la fermentazione oggi richiesta alla testimonianza
ecclesiale della famiglia, anche in vista della riparazione e della cura che
devono guarire le sue ordinarie e straordinarie ferite. La famiglia cristiana
deve nuovamente assumere, come nella stagione germinale della diffusione del
vangelo di Dio, la posizione del lievito che «una donna ha preso e nascosto in
tre staia di farina, finché sia tutta fermentata», secondo la piccola e
folgorante parabola del Regno pronunciata da Gesù (Lc 13, 21). All’epoca, le
donne facevano il pane in casa. E quelle che ascoltavano Gesù dovevano capire
benissimo di che cosa si parlava. Ma anche rimanere debitamente impressionate.
«Tre staia» sono una montagna di farina. Forse non c’è neppure un tavolo
abbastanza grande per lavorarla.
Magari, in un primo momento, le donne hanno pensato che il maschio
esagerava un po’, per inesperienza. Come si può lavorare una massa così enorme?
Ma poi, vedendolo così convinto, e con lo sguardo così raggiante al pensiero
della potenza del Regno di Dio che lavora come il lievito, le donne hanno
incominciato a partecipare della sua emozione. E forse, hanno coinvolto anche i
maschi. Una montagna di farina? E perché no? In effetti, il lievito fa proprio
questo incredibile lavoro: se lo nascondi bene bene nella farina, finisce per
fermentarla tutta.
Pensiamo ora alle prime comunità cristiane: essenzialmente, una piccola
rete di luoghi di comunione, cenacoli di preghiera, scuole del vangelo, «chiese
domestiche». Comunità che facevano il pane in casa e facevano lievitare intere
regioni. Nonostante ciò, le scritture apostoliche non sono reticenti nel fare
memoria della vulnerabilità («violenza, chiusura e divisione», dice il Papa,
nella sua preghiera) alla quale rimane esposta anche la testimonianza della
«chiesa domestica», pur sempre affidata alle nostre fragili forze.
Il sostegno della fedeltà, come anche la guarigione dall’infedeltà,
vanno pur sempre incessantemente chieste e incessantemente ricevute da Dio. Di
nuovo, la preghiera, dunque: che precede e accompagna, senza stancarsi mai.
Senza la presunzione dei perfetti, senza lo scoraggiamento dei rassegnati. Se
ti consulti con Dio, prima di giudicare, la Parola che è necessaria ti
raggiungerà. E non tornerà a lui senza effetto.
La fede non è un puntiglio nostro da difendere, è una forza di Dio da
chiedere. Prendiamolo sul serio, con spirito e cuore bambino, questo invito
alla preghiera. Se vogliamo quello che vuole Dio, la fede sposta le montagne.
Le fa lievitare, persino.
Pierangelo Sequeri
(articolo tratto da www.avvenire.it)
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