Liturgia e carità / 3
L’etica cristiana alla luce dell’eucaristia

L’eucaristia, cuore dell’intera liturgia cristiana,
è il magistero della prassi cristiana: solo quando è innestata nel mistero
pasquale l’etica cristiana sfugge alla sua riduzione al piano giuridico e
legale, alla sua trasformazione in sistema di regole (soprattutto morali e, in
particolare, di morale sessuale) assolutizzate e senza rapporto con la storia e
con il tempo, con la diversità dei contesti umani, delle persone e delle loro
storie.
Opportunamente raccordato al mistero pasquale,
dunque al momento celebrativo dell’esistenza cristiana, ed eminentemente
all’eucaristia, “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (LG 11), l’agire
cristiano acquisisce un aspetto caratteristico. Questo aspetto, che deriva dal
primato dell’iniziativa di Dio, del dono di Dio e del suo amore nei confronti
dell’uomo e del suo agire, prende forma nel carattere essenzialmente
responsoriale dell’esistenza cristiana.
Quest’ottica, che nasce dalla coscienza di fede
dell’amore di Dio e che afferma “il primato del ricevere sul fare, del dono
sulla prestazione”, della relazione sull’obbligo, rende costitutivamente grata
l’esistenza cristiana. Non a caso la forma essenziale del culto cristiano si
chiama “eucaristia”, cioè “rendimento di grazie”.
In essa, ha annotato il teologo Joseph Ratzinger,
“non si offrono a Dio tributi umani, ma si porta l’uomo a lasciarsi inondare di
doni; noi non glorifichiamo Dio offrendogli qualcosa di presumibilmente nostro
- quasi che ciò non fosse già per principio suo! -, bensì facendoci regalare
qualcosa di suo, e riconoscendolo così come unico Signore... Permettere a Dio
di operare su di noi: ecco la quintessenza del sacrificio cristiano”.
E poiché il dono di Dio celebrato nell’eucaristia è
assolutamente incommensurabile e non contraccambiabile, l’unica risposta
possibile all’uomo è la gratitudine: “Un’etica eucaristica è un’etica incentrata,
in primo luogo su questa attitudine di ringraziamento con la quale il credente
è chiamato a porsi non solo di fronte a Dio, ma di fronte all’intera realtà,
espressione dei suoi doni”. Alla luce dell’eucaristia la carità cristiana viene
collocata prioritariamente sul piano dell’essere rispetto a quello del fare:
così l’eucaristia edifica il credente nella carità.
Questo significa che la chiesa deve divenire luogo
capace di generare all’amore, di introdurre i credenti all’esperienza
dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. Qui ogni comunità ecclesiale deve
interrogarsi e non accettare di lasciarsi definire dalle tante cose che vuole
fare, ma semplicemente divenire ed essere la matrice in cui il cristiano viene
accolto e amato, viene fatto crescere per diventare capace di amore. La chiesa
come schola charitatis.
Alla luce dell’eucaristia l’etica cristiana diviene
capace di coinvolgere tutto l’uomo, di convertirne il cuore e di plasmarne la
persona sul modello del Cristo stesso: “L’eucaristia è capace di plasmare la
vita dell’uomo secondo un modello, un’impronta, una figura che è Cristo stesso
nel gesto supremo della pasqua; e la chiesa è appunto la comunità di coloro i
quali lasciano che sia l’eucaristia a dare forma, consistenza, dinamismo ai ritmi
della loro vita personale, ai rapporti comunitari, ai progetti sociali, alle
iniziative di riforma della convivenza umana”.
Altrimenti si cade in una predicazione moraleggiante
che non onora la ricchezza e bellezza e verità del vangelo. Papa Francesco su
questo è molto esplicito. “Quando la predicazione è fedele al Vangelo, si
manifesta con chiarezza la centralità di alcune verità e risulta chiaro che la
predicazione morale cristiana non è un’etica stoica, è più che un’ascesi, non è
una mera filosofia pratica né un catalogo di peccati ed errori. Il Vangelo
invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva,
riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti.
Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza!” (EG 39).
Se si opera una scissione con l’essenziale del
vangelo “l’edificio morale della chiesa corre il rischio di diventare un
castello di carte, e questo è il nostro maggiore pericolo. Perché allora non
sarà propriamente il vangelo che si annuncia, ma alcuni accenti dottrinali o
morali che procedono da determinate opzioni ideologiche” (EG 39). Papa
Francesco è preoccupato di mai scindere il messaggio etico cristiano dal suo
fondamento rivelativo che solo gli conferisce consistenza. E che noi troviamo
al cuore della celebrazione eucaristica.
Luciano Manicardi
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