mercoledì 8 ottobre 2014

Liturgia e carità / 3 - L’etica cristiana alla luce dell’eucaristia

Liturgia e carità / 3

L’etica cristiana alla luce dell’eucaristia

L’eucaristia, ha qualcosa da dire circa l’etica cristiana? Circa il come vivere quotidianamente le relazioni interpersonali, sociali, politiche, storiche? La risposta è netta: sì. Secondo il NT l’eucaristia non designa solamente una celebrazione liturgica, ma anche una dimensione esistenziale e caratterizza l’intera vita del credente: Paolo esorta i cristiani di Colossi dicendo loro: “Vivete nell’azione di grazie” (Col 3,15).

L’eucaristia, cuore dell’intera liturgia cristiana, è il magistero della prassi cristiana: solo quando è innestata nel mistero pasquale l’etica cristiana sfugge alla sua riduzione al piano giuridico e legale, alla sua trasformazione in sistema di regole (soprattutto morali e, in particolare, di morale sessuale) assolutizzate e senza rapporto con la storia e con il tempo, con la diversità dei contesti umani, delle persone e delle loro storie.

Opportunamente raccordato al mistero pasquale, dunque al momento celebrativo dell’esistenza cristiana, ed eminentemente all’eucaristia, “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (LG 11), l’agire cristiano acquisisce un aspetto caratteristico. Questo aspetto, che deriva dal primato dell’iniziativa di Dio, del dono di Dio e del suo amore nei confronti dell’uomo e del suo agire, prende forma nel carattere essenzialmente responsoriale dell’esistenza cristiana.

Quest’ottica, che nasce dalla coscienza di fede dell’amore di Dio e che afferma “il primato del ricevere sul fare, del dono sulla prestazione”, della relazione sull’obbligo, rende costitutivamente grata l’esistenza cristiana. Non a caso la forma essenziale del culto cristiano si chiama “eucaristia”, cioè “rendimento di grazie”.

In essa, ha annotato il teologo Joseph Ratzinger, “non si offrono a Dio tributi umani, ma si porta l’uomo a lasciarsi inondare di doni; noi non glorifichiamo Dio offrendogli qualcosa di presumibilmente nostro - quasi che ciò non fosse già per principio suo! -, bensì facendoci regalare qualcosa di suo, e riconoscendolo così come unico Signore... Permettere a Dio di operare su di noi: ecco la quintessenza del sacrificio cristiano”.

E poiché il dono di Dio celebrato nell’eucaristia è assolutamente incommensurabile e non contraccambiabile, l’unica risposta possibile all’uomo è la gratitudine: “Un’etica eucaristica è un’etica incentrata, in primo luogo su questa attitudine di ringraziamento con la quale il credente è chiamato a porsi non solo di fronte a Dio, ma di fronte all’intera realtà, espressione dei suoi doni”. Alla luce dell’eucaristia la carità cristiana viene collocata prioritariamente sul piano dell’essere rispetto a quello del fare: così l’eucaristia edifica il credente nella carità.

Questo significa che la chiesa deve divenire luogo capace di generare all’amore, di introdurre i credenti all’esperienza dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. Qui ogni comunità ecclesiale deve interrogarsi e non accettare di lasciarsi definire dalle tante cose che vuole fare, ma semplicemente divenire ed essere la matrice in cui il cristiano viene accolto e amato, viene fatto crescere per diventare capace di amore. La chiesa come schola charitatis.

Alla luce dell’eucaristia l’etica cristiana diviene capace di coinvolgere tutto l’uomo, di convertirne il cuore e di plasmarne la persona sul modello del Cristo stesso: “L’eucaristia è capace di plasmare la vita dell’uomo secondo un modello, un’impronta, una figura che è Cristo stesso nel gesto supremo della pasqua; e la chiesa è appunto la comunità di coloro i quali lasciano che sia l’eucaristia a dare forma, consistenza, dinamismo ai ritmi della loro vita personale, ai rapporti comunitari, ai progetti sociali, alle iniziative di riforma della convivenza umana”.

Altrimenti si cade in una predicazione moraleggiante che non onora la ricchezza e bellezza e verità del vangelo. Papa Francesco su questo è molto esplicito. “Quando la predicazione è fedele al Vangelo, si manifesta con chiarezza la centralità di alcune verità e risulta chiaro che la predicazione morale cristiana non è un’etica stoica, è più che un’ascesi, non è una mera filosofia pratica né un catalogo di peccati ed errori. Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti. Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza!” (EG 39).

Se si opera una scissione con l’essenziale del vangelo “l’edificio morale della chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro maggiore pericolo. Perché allora non sarà propriamente il vangelo che si annuncia, ma alcuni accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche” (EG 39). Papa Francesco è preoccupato di mai scindere il messaggio etico cristiano dal suo fondamento rivelativo che solo gli conferisce consistenza. E che noi troviamo al cuore della celebrazione eucaristica.


Luciano Manicardi

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