venerdì 5 dicembre 2014

Verso Dio: un cammino lungo una vita!!!

DALL'EGITTO AL SINAI
UN POPOLO IN CAMMINO
Prima parte


Per tutta la nostra vita saremo accompagnati dalle esperienze che Dio rende attuali per ognuno di noi raccontate nel  libro dell'Esodo, il racconto fondante del popolo di Israele. Dalla memoria raccolta in questo libro, Israele trae il senso della sua identità come popolo di Dio e della sua storia come esperienza di liberazione e legame di alleanza con Dio. Per questo il libro dell'Esodo ha due parti centrali e dominanti: il racconto del passaggio dal mare (nei capp. 14-15) e il racconto dell'alleanza con Dio al Sinai (capp. 19-24.) Il passaggio del mare segna la liberazione dall'Egitto dove l'esistenza del popolo di Israele  era stata sottomessa a pesi gravosi e dove il Faraone aveva espresso il progetto di un vero e proprio genocidio del popolo di Israele per i motivi che  questo popolo era cresciuto in numero e quindi in potenza. Si narra che "gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne prese pensiero." (2,23-25) In poche righe il nome di Dio viene ripetuto cinque volte; è il modo per dire che Dio c'è e che Dio conosce e che Dio agisce mosso dal desiderio del bene del suo popolo. I capitoli successivi raccontano l'azione di Dio per fare di Israele un popolo libero: la vocazione e la missione di Mosè, il superamento di tutti i dubbi e le paure che afferrano Mosè di fronte al compito che Dio gli affida, il confronto con Faraone e la potenza dell'Egitto: le dieci piaghe sono i colpi con cui Dio fiacca la potenza oppressiva dell'Egitto e lo costringe a permettere l'uscita di Israele verso la libertà.
Il nome di Dio è "Io sono"; quando Dio si manifesta nella storia, l'effetto è che i deboli sono rivestiti di vigore e i potenti sono privati della loro forza. Il culmine di questa sezione, è il racconto del passaggio del mare dei Giunchi. Israele si trova, sul far della sera, sulla riva del mare e vede l'esercito egiziano che si schiera alle sue spalle pronto ad attaccare e uccidere. "Gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono a Mosè: "E' forse perché non c'erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? che cosa ci hai fatto portandoci fuori dall'Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e serviremo l'Egitto, perché è meglio per noi servire l'Egitto che morire nel deserto?" Gli Israeliti si accorgono che la via della libertà potrà anche essere una via gloriosa, ma è certo un cammino rischioso. E nasce nel loro cuore la tentazione:  meglio vivere schiavi ma sicuri di sopravvivere piuttosto che liberi, ma col rischio di morire. "Mosè rispose: “Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli." Israele deve avere fede in Dio più di quanto abbia paura dell'Egitto; sarà Dio ad agire e a produrre la liberazione, ma bisogna che Israele "si muova secondo l'indicazione di Dio, vincendo la paura provocata dalla minaccia degli Egiziani.  Il racconto successivo è notissimo.
Mosè stende la mano e in mezzo al mare si apre una strada che va da occidente (l'Egitto) verso oriente (il deserto). Gli Israeliti vi camminano durante tutta la notte; hanno alle spalle l'esercito Egiziano che significa uccisione e morte; hanno a destra e a sinistra le acque del mare che anch'esse significano morte. Passano dunque in mezzo alla morte ma percorrendo una via che Dio ha tracciato per loro attraverso Mosè: la via della libertà e della vita. Alla veglia del mattino gli Israeliti hanno attraversato il mare e possono risalire sulla sponda, a oriente dove per loro sorge il sole; hanno lasciato alle spalle il mare e la morte. Gli Egiziani cercano anche loro di percorrere la medesima strada, ma spinti dalla volontà di dominio, verificheranno che per loro quella strada è una via di morte quando le acque del mare li sommergeranno. "In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l'Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo." È bello e buono che, quando Dio agisce, l'uomo debba lodare; per questo il passaggio del mare culmina nel cantico che Mosè e gli Israeliti intonano per magnificare il Signore: "Voglio cantare al Signore perchè ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare."Questo racconto fonda l'esistenza e l'identità di Israele come popolo che deve la sua esistenza a Dio. Per questo la memoria del passaggio del mare deve rimanere viva e accompagnare tutta la storia del popolo. Per questo, alla luna piena di primavera, tutti gli Israeliti si raccolgono nelle famiglie per mangiare l'agnello pasquale secondo un rito particolare che deve ricordare loro e fare loro rivivere in modo rituale l'esperienza dei loro padri: l'oppressione in Egitto, l'azione meravigliosa di Dio che ha operato la liberazione. In quella cena il capofamiglia spiegherà che quello "è il sacrificio della Pasqua per il Signore … quando colpì l'Egitto e salvò le nostre case." Fino a che Israele custodirà questa memoria come memoria viva, la sua identità di popolo rimarrà forte e sarà fonte di sicurezza e di speranza.
  


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